di Davide Scattin
Fonte: Corriere di Bologna (Donata: mi aspetto l’ergastolo)
Nell’ultima udienza del 20 settembre la procura di Castrovillari ha chiesto 23 anni di reclusione per Isabella Internò, ex fidanzata di Denis Bergamini, imputata per omicidio volontario pluriaggravato in concorso con ignoti per la morte del calciatore del Cosenza, avvenuta lungo la Statale 106 Jonica, a Roseto Capo Spulico, il 18 novembre 1989. In aula era presente anche Donata Bergamini, sorella del centrocampista ferrarese. La sentenza è fissata per il 1° ottobre.
Da quel maledetto 18 novembre 1989 sono ormai trascorsi trentacinque anni. Oggi però – a differenza degli anni passati – la sensazione è che si è veramente vicini alla verità.
«La verità è già stata raggiunta. Noi l’abbiamo vista fino dalle prime ore. Purtroppo però chi avrebbe dovuto perseguirla non lo ha fatto. Quello che vorrei tanto è che ci chiedesse scusa. Ha distrutto la vita mia e di tutta la mia famiglia costringendoci a un ergastolo giudiziario che ha assorbito tutte le nostre vite».
La Procura di Castrovillari ha chiesto ventitré anni per Isabella Internò. Rispetto però a trentacinque anni fa, oggi la ritengono una persona diversa e per questo hanno chiesto di riconoscerle le attenuanti generiche. Cosa ne pensa di questa valutazione?
«La requisitoria dei pm mi è piaciuta, soprattutto nella ricostruzione di tutta la vicenda. Tuttavia, non condivido la benevolenza del procuratore capo nel riconoscere alla Internò un cambiamento che, nel corso di tutti questi anni, non si è mai visto, anzi. La signora Isabella ha addirittura fatto la vittima anche in questo processo, lamentandosi di essere stata sottoposta a una gogna mediatica. Non glielo ha ordinato il dottore di uccidere mio fratello Denis per poi depistare le indagini costringendoci a tutto questo. Che l’assassina faccia la vittima è il colmo. Perdonate la mia franchezza».
La risposta è scontata, ma la domanda è d’obbligo. Tra pochi giorni, la Corte di Assise è chiamata a decidere. Cosa si aspetta?
«L’ergastolo per chi ha ucciso con spietata lucidità mio fratello».
Se oggi si guarda alle spalle, cosa si porta dentro di questi anni di battaglie giudiziarie?
«Il dolore di tanta fatica. Il peso di un sacrificio enorme che ha devastato la mia vita ma, soprattutto, il ricordo di mio fratello Denis che non posso vedere invecchiare insieme a me».
Comunque vada, immagino ci sia una lunga lista di persone da ringraziare per la vicinanza di questi anni.
«Sì. A partire dall’avvocato Fabio Anselmo, che ci ha creduto quando io, alla seconda archiviazione, ero stata presa dallo sconforto. Mi ha convinta a non arrendermi per nessun motivo. Con lui, devo ringraziare anche l’ex procuratore capo Eugenio Facciolla che ha fatto proprie le nostre richieste di riapertura delle indagini. Indagini che ha svolto in modo mirabile. Ci aggiungo anche il dottor Luca Primicerio che ha dato tutto per questo processo e il suo capo Alessandro D’Alessio. In ultimo, ma non ultimi, i tifosi del Cosenza e la gente di Cosenza tutta che non mancano mai di esserci vicini perché sanno bene quel che è successo».
Per anni, al suo fianco, ha sempre avuto suo padre Domizio. Oggi che non c’è più la vicenda è arrivata a uno snodo fondamentale.
«Mio padre è con me. Lo sento. È insieme a Denis che ci osserva. Vorrei riavvolgere il nastro fino al 17 novembre 1989 per cambiare il corso degli eventi. Avrei voluto tanto una vita normale insieme a loro».
Cosa gli direbbe?
«Gli direi “Papà, la verità l’abbiamo raggiunta. Tuo figlio non si è suicidato”. Questo è stato. Niente di diverso. È stato ucciso e vorrei tanto avere giustizia. Vorrei poter regalargli questa piccolissima soddisfazione, semplicemente perché ritengo sia giusto così».
Quale sarà la prima cosa che farà il 2 ottobre, indipendentemente dal verdetto del tribunale?
«Andrò al mare. A Roseto Capo Spulico. Il mio cuore è lì».