Cosenza. I “valori” della famiglia Molinari e la folle serata del rampollo “malandrino”

Capiamo che per chi è abituato a fare sempre come gli pare e a farla sempre franca, trovarsi, di colpo, al centro dell’attenzione mediatica e esposto al pubblico giudizio, può provocare, in queste persone, una certa irritazione. Del resto chi è abituato a commettere ogni sorta di peccato sociale impunemente, evitando sistematicamente il giudizio della Giustizia umana, difficilmente accetta di buon grado il “pubblico ludibrio”. È normale. Capiamo anche che si può reagire, per una visione distorta della realtà e delle regole, e per un innato senso di impunità, in maniera scomposta di fronte a quello che gli appartenenti alla casta dei protetti considerano una lesa maestà. E capiamo che può scapparci, all’occorrenza, qualche “maliparola” all’indirizzo di chi si ritiene responsabile dello sputtanamento, può succedere, e non ne abbiamo mai fatto un dramma quando è capitato, ma a tutto c’è un limite. Un limite che nessuno può superare, specie chi si è sempre vantato di appartenere ad una famiglia perbene e piena di valori.

Ed è proprio con queste parole che il signor Antonio Molinari – padre di Mario Molinari alias “panettone” indagato per omicidio stradale, in quello che nessuno ha mai creduto essere un incidente stradale dove ha perso la vita la giovane e solare Ilaria Mirabelli -, ha descritto la sua famiglia ai microfoni di Canale 5 e della Rai: una famiglia perbene, salda nei principi e nei valori. Parole che non osiamo mettere in discussione, né disconoscerne la veridicità, ma che, a nostro avviso e per chi non ha una visione distorta della realtà e delle regole, cozzano con gli eventi in cui è coinvolta la famiglia Molinari. Non è nostra intenzione mettere in discussione il ruolo di padre, che insieme a quello della mamma è il mestiere più difficile del mondo, del signor Antonio Molinari, ma ci sia consentito di riportare un episodio che, per inciviltà, per arroganza, per malandrineria e ignoranza, non riflette quei valori che il signor Antonio Molinari dice di aver insegnato ai suoi figli.

L’episodio

Sono quasi le 19,00 del 25 settembre quando, dopo aver inforcato la mia bicicletta, mi avvio dalla redazione di Iacchite’, via Miceli, in direzione via Nicola Parisio. Dopo aver attraversato piazza Santa Teresa, e imboccato via Nicola Parisio, all’altezza del civico 4 mi accorgo di essere tallonato da una berlina bianca che con fare minaccioso si avvicina pericolosamente, quasi ad investirmi, alla bici, pronunciando al mio indirizzo ogni genere di bestemmia e insulto.

Per mia fortuna riesco ad arrivare alla fine di via Nicola Parisio e precisamente al bivio che si immette su via Roma, all’angolo del Bar Victor e, per evitare il peggio, imbocco la corsia di entrata del traffico (proveniente dalle Poste nuove) su via Nicola Parisio, cercando riparo dietro lo spartitraffico. Impossibilitata a raggiungermi la berlina bianca si ferma poco prima. Mi avvicino, mantenendo una certa distanza di sicurezza dall’auto il cui conducente non aveva mai smesso di urlare frasi minacciose e offensive. Gli chiedo se le minacce e le offese fossero rivolte a me, e lui specifica: sì, sono rivolte a te e a quel bastardo di Carchidi. Gli chiedo anche chi fosse e il perché delle minacce e delle offese. E sempre con fare minaccioso mi dice: “scriva scrì, scialativi mo’, ca pu mi scialu iu quannu faciti na brutta fini”. E continua: “stativi accuarti ca vi tagliamu a capu, e pu vidimu si continuati a scriva”. Il tutto condito da bestemmie, sconcezze e volgarità indirizzate a me e a Carchidi, pronunciate anche da una ragazza “malandrina” che era con lui in macchina. Capisco che deve essere qualcosa relativa agli ultimi articoli scritti, e cerco di focalizzare meglio l’auto e il ragazzo alla guida. Vista la situazione e l’animo acceso del ragazzo decido di allontanarmi e imbocco via Roma, e la berlina bianca si dirige verso piazza XXV Luglio per non ricomparire più.

Ovviamente denuncio tutto alla polizia e dopo aver descritto le fattezze del ragazzo scopro che la berlina bianca è una Mercedes classe A di proprietà della signora Rosalia Iuliano, madre di Mario Molinari, e che alla giuda dell’auto di mammà c’era uno dei fratelli di Mario Molinari.

Il tutto è stato ripreso dalle telecamere e non c’è nessuna possibilità di errore nell’identificazione del malandrino perbene dai sani principi e valori. Le telecamere riprendono la Mercedes Classe A ferma sotto casa mia in attesa del mio arrivo, poco prima di lanciarsi all’inseguimento. Segno evidente di una volontà di colpirmi in qualche modo. A questo punto della storia la battuta arriva facile: ma non è che è un vizio di famiglia Molinari investire, o tentare di farlo, le persone? Il che non ci sembra un’azione degna di essere annoverata tra i valori che un padre trasmette a un figlio pardon in questo caso “rampollo” e siamo fin troppo educati.

Per quanto possano dare fastidio i nostri articoli, nessuno è legittimato a usare minacce e violenze contro di noi. Esistono le sedi opportune dove contestare ciò che non si condivide, che è quello che fanno le persone perbene rispettose delle regole del vivere civile e della Legge. Ma non chi è abituato, evidentemente come il fratello di Mario Molinari, rampollo di cotanto padre e alla guida della macchina di mammà, a pensarsi immune dall’osservanza delle regole, attribuendosi, per appartenenza alla casta, la legittimità di minacciare chi osa mettere in discussione la sua autorità di privilegiato. Più che una esposizione di valori, il comportamento del fratello di panettone, somiglia molto all’atteggiamento del Marchese del Grillo, dove lui è lui, e noi non siamo un cazzo! E in ogni caso, anche nell’eventualità di una colluttazione, il rampollo di papà e mammà è proprio sicuro che alla fine non ci troverà u patruni? Vi aspettiamo, cari figli di papà che vi atteggiate a malandrini, non abbiamo nessuna paura di voi. Anzi… 

Michele Santagata