Vibo Valentia. Di la Forca passammu a lu Palu…

DI LA FURCA, PASSAMMU A LU PALU…

di Rocco Tripodi

Dopo l’unità d’Italia, a seguito della feroce repressione pianificata e applicata dai nuovi Regnanti-Padroni-Piemontesi, con strumenti barbari e sbrigativi, l’intera popolazione calabrese e le ultime bande di briganti resistenti pagavano la colpa di essere VINTI, subendo una brutale carneficina o, i più fortunati, una sommaria deportazione nel Forte di Fenestrelle nel Torinese. Fu in questo contesto che l’abate Martino, commentando il disumano trattamento riservato dai nuovi invasori “benemeriti”, ha coniato questa massima-sentenza: DI LA FURCA, PASSAMMU A LU PALU.

Dove per PALU, non si intende un “Quasi gol”, ma più crudelmente (e crudemente), un legno lungo, tondeggiante, in questo caso con la sommità appuntita e l’altra estremità ben piantata a terra. Su quel palo veniva “infilato” a mo’ di spiedino, lungo il solo “canale” che ne consentisse l’ingresso agevolmente, l’intero corpo del feroce oppositore del nuovo regime, ancora da vivo. Se già morto, gli veniva capitozzata e infilzata la testa e lì lasciata quale macabro monito per i passanti.

E allora? Allora oggi, al di là dei metodi e degli strumenti educativi di cui sopra, le logiche, le strategie, la mentalità e i criteri di rappresentanza, dei bisogni e delle aspettative della popolazione italiana e nel nostro caso vibonese, non mostrano segni di cambiamento. Alla “Forca” a cui ci aveva condannato la precedente Amministrazione della ex sindaca-palcoscenico, risponde col “Palo” l’amministrazione ultima del sindaco-aggarbatuni. Chi ha scelto quest’ultima, non ha trovato le dovute attenzioni e accoglienza nella sempre più confusa, disordinata, omertosa e anche ambigua gestione del quotidiano e, men che meno, negli obiettivi di lungo respiro, che hanno “spaparanzato” (con lo stesso vanto e tripudio di chi stendeva il lenzuolo “rivelatore” dopo la prima notte di matrimonio), durante tutta la noiosissima (anch’essa garbatissima) campagna elettorale passata.

Un tempo quando c’era da trattare un argomento (o una problematica) riguardante il miglioramento delle condizioni di vita o la individuazione di benefici che portassero giovamento alla popolazione, gli schieramenti politici avversi si fronteggiavano animosamente e dove l’animosità non fosse bastata, arrivavano a “prendersi il culo a mozzicate” (come si diceva in maniera colorita per significare la sana passione che animava tutti loro). Altri tempi.

Oggi un’intera città prigioniera di cantieri cresciuti come bubboni tumefatti e, ahimè, contagiosi, dove superficialità, disinteresse, pressapochismo, omertà, negazione  di responsabilità, assenza di controlli e poi improbabili se non disattese varianti annunciate, smentite, essenzializzate (un po’ a pigghiata  per l’ingresso del palo), motivo di contrasto (solo verbale, mai legale) tra soggetto appaltante e appaltatore, e che, piuttosto che porre rimedio alle vistose incongruenze progettuali, hanno di fatto peggiorato il buon esito dei lavori.

In barba ad ogni obbligo sulla osservanza della normativa sulla eliminazione di barriere architettoniche, in piazza Luigi Razza è stato monumentalizzato un immenso sarcofago nero con 3 tonnellate almeno di cemento. Un sarcofago pericolosamente spigoloso, squadrato, con angoli vivi, foderato con gli ormai prezzemolizzati immancabili panetti friabili di mustaccioli alla liquirizia impastati con cemento che, viste le misure, potrebbe, un giorno lontano, ospitare persino le spoglie del ministro Crosetto, già peraltro in odore di santità. Un plauso all’estro del “dannato” architetto perseguitato esattamente come il povero Giordano Bruno, a cui con irritante spocchiosa si paragona, dichiarandosi vittima come lui, perché in egual misura eretico incompreso, quando afferma, a rigor di scienza, che “le quote non stanno al centro dell’universo”.

Ma torniamo all’argomento d’ingresso: il PALO. Non si è mai vista un’opposizione così MUTA, SORDA, CIECA. Che al contrario delle 3 scimmiette non è in uno stato tale di bisogno da doversi spidocchiare in quanto i consiglieri godono di un discreto emolumento per il faticante impegno al quale sono chiamati. Tanta disattenzione e disinteresse rispetto alle continue difficoltà della nuova giunta, vengono interpretati come il tentativo di non fare emergere le proprie manchevolezze, se non vere irregolarità, per il periodo della loro gestione, quella che ha curato gli appalti e ha aperto i cantieri.

Da quando sono opposizione, mai una sola voce a favore o contro le continuate critiche   sui cantieri di cui tanto si è detto e scritto da semplici ma numerosi cittadini. Tranne che ieri, quando qualcuno si è accorto che il fissaggio delle luminarie natalizie, in piazza Municipio, ha provocato un lieve piegamento dei nuovi PALI dell’illuminazione appena installati. Apriti cielo! Via con la caccia ai colpevoli. Sarà il responsabile del cantiere, la ditta delle luminarie, la Giunta, l’assessore? Del resto l’addobbo non era previsto nel progetto approvato nella loro(precedente) gestione. E quindi è facile trovare fuori dal loro schieramento il colpevole e quindi sbraitare, anche se pare che in questi casi chi ha colpa viene punito soltanto con una pur mortificante “ziccardata” in un orecchio. E nessuno verrà impalato o deportato.

La mia opinione è che bisognerebbe invece chiedere come sia possibile che abbiano approvato, in progetto, l’installazione di pali di metallo che non tollerano il modestissimo peso di pochi fili con lucette (benché tesi), lì dove altri pali hanno sempre sostenuto illuminazioni ben più pesanti. Sarà perché (come si dice) non ci sono più i pali di una volta? Torniamo sempre lì: la qualità dei materiali e i mancati controlli. Perché non vanno a controllare, piuttosto, se è stato previsto quel filare di lampioni, per come si vede oggi, su una pista ciclabile che corre parallelamente ad un filare di alberi da un lato, e dall’altro un doppio salto (all’intrasatta) di un metro e mezzo, non facilmente individuabile, senza alcun dissuasore o protezione per l’incauto ciclista o pedone o bambino o anziano o cieco che distrattamente si trovassero a dover deviare la direzione per impreviste situazioni intervenute? La caduta sarebbe rovinosa. La loro sola fortuna sarebbe quella di andare a sbattere contro i pali, vista la loro fragilità e morbidezza.

A proposito di materiali. Continuo a non capacitarmi del perché, tra Amministratori Vecchi e Nuovi, nessuno avverta il dovere di indagare su che fine abbiano fatto i pregiatissimi cordoli in granito serrese divelti nei vari cantieri, di cui si è persa ogni traccia. Qualcuno sta indagando? Ne è stata fatta denuncia? Sono un patrimonio della Città e la Città li rivuole.