Il dipendente del Comune di San Giovanni in Fiore, architetto Giovambattista Barberio era stato demansionato e addirittura trasferito al cimitero. Il professionista non aveva abbassato la testa alla coppia reale (Rosaria Succurro sindaca sulla carta e il marito Marco Ambrogio sindaco effettivo) e quindi non poteva stare in comune in barba a tutte le normative e le leggi vigenti. Poi è arrivata la sentenza del processo civile e per le casse comunali erano stati dolori: un nuovo debito fuori bilancio. Povera San Giovanni in Fiore!
“Il Tribunale di Cosenza, in accoglimento del ricorso presentato da un pubblico dipendente – scriveva la Cgil in un comunicato stampa –, ha condannato il Comune di San Giovanni in Fiore, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, a riassegnarlo alle mansioni svolte prima del suo trasferimento d’ufficio, ritenuto illegittimo, ed alla allocazione dello stesso lavoratore negli uffici interni al comune di San Giovanni in Fiore ove già prestava servizio prima dell’impugnato trasferimento. La medesima autorità giudiziaria – aggiungeva la nota – ha altresì ritenuto la illegittimità di tutti i provvedimenti datoriali (nelle forme di ordini di servizio) che avevano raggiunto il pubblico dipendente durante il periodo del suo trasferimento, condannando il Comune di San Giovanni in Fiore, al conseguente risarcimento del danno”.
“Si auspica che da parte dell’amministrazione soccombente – concludeva il sindacato – si faccia pubblica ammenda e vengano presentate al lavoratore le dovute scuse per il trattamento allo stesso riservato, mediante una chiara ed inequivoca presa di posizione pubblica, similmente a quanto avvenuto nel recente passato in occasione di provvedimenti meramente interlocutori emessi in seno al medesimo procedimento da parte della medesima autorità giudiziaria (cfr. comunicato 28.6.22 pubblicato sulla propria pagina Facebook dalla vicesindaca pro tempore Astorino) si parlava di doglianze professionali, noi invece li chiamiamo diritti”.
Ma la regina e il principe consorte non hanno ritenuto di cospargersi il capo di cenere e il procedimento, da civile che era, è diventato anche penale per atto dovuto perché l’Asp di Cosenza non si è potuta tirare indietro da un processo, penale appunto, nel corso del quale la sindaca rischia concretamente la condanna e quindi, per la legge Severino, la sospensione dalla carica e l’incandidabilità per le prossime elezioni del 2025. A San Giovanni in Fiore, anche se nessuno ha il “coraggio” di dare e di commentare la notizia, la gente incrocia le dita, sperando che forse è la volta buona per togliersi dalle palle questa gentaglia e per evitare di fare la fine di Cosenza, che per 10 lunghissimi anni è stata costretta a sopportare Occhiuto e la sua cricca, della quale la Succurro fa parte a tutti gli effetti.
La denuncia che ha poi causato il rinvio a giudizio nel processo penale della “regina” è stata presentata, quindi, dall’Asp di Cosenza, in quanto la sindaca ha agito non rispettando la legge per quanto riguarda la collocazione lavorativa di un dipendente comunale. Il professionista, fin dall’arrivo dei reali, non ha mai abbassato la testa. Non ha mai voluto firmare gli atti prodotti da Marco a ‘mbroglia e dalla regina delle capre e per queste ragioni è stato “trasferito” in alcuni uffici cimiteriali (pensate quanta cattiveria!) per punizione. Il dipendente, senza paura, ha adito le vie legali e non arretra di un millimetro.
Il padre di Giovambattista Barberio è un ingegnere pensionato. Ha insegnato al Liceo Scientifico locale, è stato assessore e consigliere comunale. Si muove bene nei meandri del Palazzo: la Succurro e i suoi protettori non potevano trovare avversario peggiore. I Barberio dicono con orgoglio che il figlio non si è voluto piegare a certe logiche che a San Giovanni tutti conoscono. Appena la nuova amministrazione si è insediata, qualcuno ha pensato bene di farlo fuori, mandandolo dall’ufficio tecnico in una catapecchia presso il cimitero, nonostante avesse vinto un concorso. I Barberio se la sono legata al dito e chiunque di noi avrebbe fatto lo stesso, forse la coppia reale pensava che non si arrivasse a tanto, fatto sta che adesso la questione rischia di far andare a gambe all’aria tutto il castello della regina delle crape e di Marco a ìmbroglia. Del resto, anche Al Capone, alla resa dei conti, finì nei guai per… evasione fiscale. In questo caso, invece, galeotto fu… il cimitero come avrebbe detto, anzi cantato, Renato Zero. A futura memoria, come sempre.









