Sta avendo grande risalto mediatico in Calabria, ma non solo, l’allucinante vicenda di Alessandra Infante, ex direttrice regionale dell’Inps che per 9 anni (!) ha guidato l’ufficio senza averne i titoli. Il Tribunale di Crotone l’ha condannata a 4 anni per truffa ma il processo andrà in prescrizione nei successivi gradi di giudizio. Di conseguenza, la coraggiosa battaglia della funzionaria dell’Inps che l’ha denunciata, si concluderà con la classica vittoria di Pirro. Ma ciò non toglie, tuttavia, che debbano venire alla luce le gravissime coperture delle quali la donna ha potuto beneficiare da parte dei presidenti dell’Inps che si sono succeduti: Tito Boeri, Mauro Nori e anche Pasquale Tridico, per giunta anche calabrese ed esponente del M6s, oggi addirittura parlamentare europeo.
Di seguito, l’articolo de Il Fatto Quotidiano, risalente al 2017, con il quale il caso è venuto alla luce.
di Thomas Mackinson| 29 Novembre 2017
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Nel 2010 il superiore viene nominato direttore della sede provinciale dell’Inps di Crotone. Tra lei e la sottoposta Arcuri i rapporti degenerano presto. Quest’ultima dubita delle capacità del “capo” al punto da domandarsi se abbia poi le qualifiche per la mansione che svolte, si fa lo scrupolo di verificarlo. Dopo un anno, è il maggio 2011, si decide a scrivere alla direzione delle risorse umane presso la sede centrale di Roma allegando una richiesta di accesso ai dati concorsuali della “capa” ma la richiesta viene rigettata adducendo la “mancanza di interesse diretto, concreto e attuale”. La funzionaria prende carta e penna e scrive al magistrato della Corte dei Conti che svolge funzioni di controllo e anticorruzione interno all’Inps nonché al collegio dei sindaci. Passa un altro anno e mentre le risposte latitano si materializzano procedimenti disciplinari per chi poneva le domande: l’11 luglio 2011 la dirigente del personale, pur informata del sospetto, non lo approfondisce ma sanziona con un rimprovero chi lo denuncia, anche alla Procura di Crotone. Ne nasce un contenzioso che in ultimo, lo scorso marzo, sarà ribaltato in favore della dipendente dalla Corte d’Appello di Catanzaro che condannerà l’Inps a pagare 11,500 euro di spese legali. Ma la vita si fa dura per la dipendente che bussa ad altre porte come l’Anac che archivia la segnalazione non trovando elementi per l’anticorruzione e tuttavia manda un fascicolo all’Ispettorato per la funzione pubblica di cui non si ha più notizia. Nel frattempo è la dirigente accusata di occupare illegittimamente il posto a lanciare la controffensiva: nel 2011 sporge querela contro chi la accusa, denuncia che – raccontano i legali – finirà nel nulla “perché non riuscirà effettivamente a dimostrare di aver superato un concorso pubblico per l’immissione nei ruoli dei dirigenti pubblici”. Possibile?

Nel 2001 la dirigente aveva superato solo un concorso interno in un consorzio-azienda speciale della Provincia di Crotone (Copross) per la gestione di servizi sociali per poi transitare nei ruoli dirigenziali del Mef a giugno 2005 e dell’Inps nel 2009, secondo un percorso di cessione dei contratti a tempo determinato non proprio lineare, se anche un’informativa della Guardia di Finanza ipotizza la truffa aggravata e lo stesso Tribunale di Crotone rileva possibili reati contro la pubblica amministrazione. “Quel che è certo – scrivono nell’ultima sentenza – è che rilevanti profili di illiceità emergono dalla vicenda che l’istanza di accesso atti dell’odierna appellante mirava a chiarire. E che il diniego opposto dall’Istituto, prima e, addirittura, la sanzione disciplinare inflittale, poi, miravano oggettivamente ad occultare. Ragione per la quale (essendo l’autorità inquirente ordinaria già a conoscenza della vicenda) si disporrà, con missiva a parte, la trasmissione degli atti di causa alla competente procura contabile, per valutare i profili di danno erariale eventualmente emergenti”.
A detta informativa, spiegano i legali della signora Arcuri, non seguono però azione penale o di responsabilità erariale. Il senatore M5S Nicola Morra nel 2015 interroga il ministro della Funzione pubblica che risponde che la vicenda è stata effettivamente approfondita nel 2012 dall’ufficio per l’organizzazione e il lavoro pubblico che non ha riscontrato criticità nel passaggio dell’interessata da un amministrazione dello Stato all’Inps, dato che le “le verifiche, le valutazioni e le conseguenti determinazioni per l’attuazione di trasferimenti di personale in mobilità volontaria sono rimesse alle amministrazioni direttamente coinvolte”. Insomma, se sta bene agli enti che problema c’è? L’Inps, sollecitata sul caso, non fornisce prova del possesso del titolo abilitativo (il concorso superato) ma si limita a riprodurre quella risposta contro la quale la signora battaglia da anni pagando anche alti prezzi, fino alla autodenuncia di se stessa, in un’aula di giustizia. “Hanno preso 10 anni della mia vita, non deve accadere ad altri”