Alla luce di ciò che sta avvenendo in Calabria e più precisamente in riferimento alle operazioni di questi giorni della DDA di Reggio Calabria, mi sa che va spiegata bene una cosa.
Come molti magistrati di spessore hanno già spiegato, in Calabria non è più la ‘ndrangheta a cercare il politico ma esattamente il contrario. E’ il politico che dà ordini alla ‘ndrangheta.
Le dice cosa fare, quando farlo, e come muoversi. Lo diciamo da sempre: la vera mafia da noi sono i colletti bianchi. Politici, giudici, poliziotti, avvocati, professionisti e pubblici dirigenti. E’ di queste persone che si compone la cupola a Cosenza, o a Reggio, come abbiamo visto.
Sono loro i veri boss della città. Poi il “contorno” malavitoso serve solo per tenere a bada settori della società che altrimenti si ribellerebbero a questo stato di cose. E, come contro partita, ricevono le briciole della grande torta del ladrocinio del denaro pubblico.
Infatti, a guardare come le commistioni tra mafia e politica si sviluppano sul nostro territorio, ci accorgiamo che alla fine i malandrini si accontentano di poco: gestione delle cooperative su tutto, seguita dai classici subappalti delle grandi opere e dal versamento annuo della tangente, pagata con la commissione di lavori in somma urgenza e cottimi fiduciari a ditte che gli stessi segnalano.
Niente se pensiamo all’enorme mole di denaro che una amministrazione come Cosenza o Rende muove. Perché il vero sguabbu, sugli appalti, lo fanno i colletti bianchi. Sono loro che mettendo tranquilla la mala in questo modo, si garantiscono il pieno e totale controllo del territorio. Strumentalizzandola a convenienza e approfittandone in tempo di elezioni.
I malandrini cosentini non sono esosi, a loro basta far quadrare i bilanci della loro casse. E quello che entra dal Comune è un di più. Se gestissero tutti gli appalti pubblici non avrebbero bisogno, dico per dire, di vendere bustine. Perché rischiare di farsi 10 anni per spaccio quando puoi restare fuori, controllando tutti gli appalti, pieno di soldi e senza rischi di nessun tipo?
Al massimo, se ti prendono fai qualche mese ed esci, e poi per corruzione non arrestano nessuno a Cosenza. Questo non succede perché la vera cupola è chi rappresenta lo stato nella nostra città. Senza il favoreggiamento della procura, il silenzio omertoso dei dirigenti di polizia, la complicità degli avvocati, la connivenza dei dirigenti pubblici, la correità degli imprenditori, il tutto sotto la super visione del politico corrotto, non è possibile fare nessun intrallazzo. E a Cosenza non si può indagare su nessuno di queste “categorie”.
Questo lo sanno bene anche i malandrini. Che se solo provassero a fare affari da soli in città lucrando sul pubblico denaro, li farebbero arrestare dopo 10 minuti. Ecco perché i mafiosi locali si adeguano. Prendono quello che gli danno e sono contenti. Possono esibire al quartiere la loro influenza sul Comune. Che come sostengo, è solo di facciata. Un vanto, quello dei nostri malandrini, avallato di nascosto dalla politica corrotta, che spesso gli si ritorce contro.
Quando scatta una retata a Cosenza ad essere arrestati sono solo loro. Cioè tutti quei caggi che per guapparia si sono vantati di tenere in mano il Comune, creando così anche una specie di alibi al politico che può dire: io non c’entro, non ne sapevo niente, e se sapevo ero minacciato.
Loro come sempre finiscono in galera senza un euro, a macinare anni e anni di cella, mentre il vero boss, cioè il politico, continua tranquillamente a spridare alla faccia loro. E alla nostra, ovviamente.
E’ questo il quadro che si presenta nelle nostre città. Un sistema di potere che nel corso degli anni, vista l’impunità è cresciuto sempre più, consolidando insani legami e amicizie pericolose. Una cupola che nessuno a Cosenza può toccare. Perché nessuno si sognerebbe mai di arrestare un procuratore, un prefetto, un questore, un giudice, un sindaco. Che come oramai sappiamo bene sono i veri fautori della mafiosità della nostra città.
E’ la loro incultura dello stato che crea danni più dei colpi di pistola. La loro totale assenza di mancanza di senso del dovere e di senso civico, ha creato un “immaginario” collettivo a Cosenza dove l’illegalità assurge ad unico modello sociale possibile.
Arrestare 4 mafiosi di cartone non ci salverà dal triste destino in cui siamo caduti e dal drammatico futuro che ci aspetta. Liberare Cosenza, oltre che dall’ignoranza spicciola di questi 4 malandrini, significa esiliare definitivamente questa classe politica corrotta e tutto l’apparato pubblico marcio che è la vera causa del nostro male. Altro che ‘ndrangheta!
GdD