Sono state depositate le motivazioni della sentenza con la quale, il 1° ottobre scorso, la Corte d’Assise di Cosenza, presidente Paola Lucente, a latere Marco Bilotta, ha condannato a 16 anni di reclusione Isabella Internò per l’omicidio pluriaggravato di Denis Bergamini. Partiamo dal convincimento della Corte rispetto all’omicidio, che rappresenta il “cuore” della sentenza, motivata in 502 pagine, che scandagliano tutta la vicenda, protrattasi per quasi 35 anni tra insabbiamenti e depistaggi.
Questi i punti principali attraverso i quali si snoda la sentenza.
– La personalità di Donato Bergamini: La sentenza descrive il profilo del calciatore, evidenziandone il carattere, la carriera e i legami personali.
– Il rapporto con Isabella Internò: Si analizza la relazione tra Bergamini e la sua ex fidanzata, Isabella Internò, ora condannata a 16 anni di reclusione per il suo coinvolgimento nella morte del calciatore.
– L’ultima settimana di vita di Bergamini: La Corte ricostruisce gli eventi che hanno preceduto la morte, con particolare attenzione alle incongruenze e ai comportamenti sospetti.
– Le contraddizioni nella cena della famiglia Internò: La sera della morte di Bergamini, la ricostruzione evidenzia elementi contraddittori che avrebbero avuto un ruolo nel contesto del delitto.
– Le indagini tecniche: Un aspetto chiave della sentenza è rappresentato dagli accertamenti tecnico-scientifici, tra cui il ruolo dei RIS di Messina e Roma e le risultanze medico-legali, come l’esame della glicoforina, che hanno permesso di chiarire la dinamica del decesso.
– La dinamica del fatto delittuoso: La Corte ha escluso l’ipotesi iniziale di un suicidio, delineando invece un quadro di omicidio premeditato
– I giorni successivi alla morte: Vengono analizzate le reazioni e gli eventi immediatamente successivi al tragico fatto, incluso il funerale a Cosenza, mettendo in luce dettagli ritenuti significativi per il caso.
«Donato Bergamini – spiega la Corte nelle sue motivazioni – non si è suicidato. Vieppiù non lo ha fatto con le modalità riferite dall’odierna imputata, unica fonte che ha sostenuto la versione dell’insano gesto. Tutte le risultanze acquisite, sia di generica, sia tecnico scientifiche, anche quelle emerse nei primigeni accertamenti, contraddicono inequivocabilmente questa ipotesi». «Non si spiega il perché – continua il documento – Bergamini avrebbe desiderato suicidarsi e per di più con modalità del tutto atipiche che non gli garantivano l’exitus ed, al contempo, lo inducevano ad una terribile sofferenza fisica. Concorda appieno, la Corte, con le conclusioni del sostituto Procuratore Generale di Catanzaro (Aldo Fiale, ndr) a sostegno dell’atto di appello proposto contro la sentenza assolutoria di Raffaele Pisano. Così il Procuratore: “Non risulta che avesse mai esternato ad alcuno stato d’animo di depressione o di sconforto; era giovane, aveva successo, ragazze e denaro. Parenti, amici e compagni di squadra hanno concordemente riferito della sua grande volontà di vivere e della sua voglia di giocare una grande partita il giorno successivo…. Dov’è allora quel “mal di vivere” che conduce al suicidio? Dov’è quel terribile tunnel di desolato sconforto che percorre colui che giunge ad darsi la morte?….Non ci si uccide portandosi un testimone appresso e non ci si suicida davanti a terzi: è una conclusione questa che gli studiosi traggono anche dall’analisi statistica del fenomeno. Il suicidio è un’invenzione distruttiva dell’io, che non ammette spettatori!”».
E passiamo dal “metodo” assunto dai giudici.
L’OMICIDIO BERGAMINI: IL METODO ASSUNTO
Non v’è dubbio che ci stiamo occupando di un processo indiziario. Cionondimeno, la prova indiziaria, in quanto prova critica, non ha una diversa e inferiore valenza rispetto alla prova diretta. Nel giustificare il convincimento raggiunto, al di là di ogni ragionevole dubbio circa la responsabilità dell’imputata si è operata una valutazione degli indizi a disposizione secondo i dettami fissati dalla Suprema Corte mediante un procedimento bifasico.
In un primo momento si è proceduto ad analizzare in modo parcellizzato i dati a disposizione, onde operare il vaglio di precisione e gravità rispetto ad ogni circostanza singolarmente considerata, al fine di saggiarne il fondamento e la valenza dimostrativa.
Di seguito, esclusi i contributi fuorvianti e gli eccessi narrativi, si è proceduto a compiere un esame globale dei soli elementi affidabili cercando di coglierne le interconnessioni mediante un procedimento in grado di misurarne l’effettiva valenza probatoria nel quadro di un giudizio di insieme…
Tutti i molteplici elementi considerati, di sicura valenza indiziaria, convergono verso la responsabilità dell’imputata per l’omicidio dell’ex fidanzato. Ciascuno indizio, infatti, risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico, che hanno contribuito a creare un quadro di insieme convergente verso la colpevolezza di Isabella Internò, oltre ogni ragionevole dubbio… Il quadro indiziario raggiunto non lascia alcuno spazio a versioni alternative, dotate di razionalità e plausibilità pratica, non essendo sostenibili, in base ai dati acquisiti al processo, quelle pur ipotizzate dalla difesa dell’imputata o di fatto, comunque, scandagliate, analizzando la vita di Denis, la sua personalità, le sue abilità calcistiche, e il suo rapporto con l’imputata. Quindi è possibile affermare che l’imputata sia responsabile dell’omicidio di Bergamini al di là di ogni dubbio ragionevole, posto che, secondo l’indirizzo consolidato della Suprema Corte di Cassazione, tale regola di giudizio implica che la pronuncia di condanna deve fondarsi su un dato probatorio acquisito che lasci fuori solo eventualità remote, pure astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui effettiva realizzazione nella fattispecie concreta risulta priva di del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana.
E di tali eventualità remote questo procedimento è stato costellato, tuttavia il subbio derivante dalle ipotesi alternative non è apparso razionale, né plausibile, ma fondato su ricostruzioni del tutto congetturali.
L’INCONTRO TRA ISABELLA INTERNO’ E TIZIANA ROTA
L’incontro tra Isabella Internò e l’amica Tiziana Rota, avvenuto il 6-11-1989 a Rende, segna il momento nel quale l’imputata manifestava di avere maturato il proposito criminoso. In quella circostanza si mostrava alla Rota, seria e sconfortata, perché aveva avuto la consapevolezza che la relazione con Denis era definitivamente terminata. Anzi dopo il rifiuto della Rota ad intercedere in suo favore con la vittima, per convincerlo a riprendere la relazione, conscia che tutto era perduto, si abbandonava alle frasi: “… è un uomo morto… se non torna con me lo faccio ammazzare… piuttosto che sia di un’altra preferisco che muoia…”.
Le espressioni proferite, mentre era seria, ci dice Tiziana Rota, lungi dall’essere iperboliche e(o meri sfoghi inconsistenti provenienti da una giovane ragazza delusa e abbandonata dal fidanzato, tenuto conto delle emergenze successive – la morte in circostanze sospette – e della stessa condotta dell’imputata dopo l’evento mortale, assumono un significato univoco di determinazione al delitto.
La dichiarazione di intenti alla Rota è limpida: la frase se non torna con me lo faccio ammazzare… la morte intervenuta dopo 12 giorni… il viaggio in Costiera dalla Rota dopo circa 10 giorni dal fatto con l’affermazione “era giusto così…” ovvero era giusto che morisse, chiudono il cerchio sul contributo della Internò nel delitto di Denis.