Calabria. Di malasanità si continua a morire: ieri a San Giovanni in Fiore l’ennesima vittima

DI MALASANITÀ SI CONTINUA A MORIRE: L’ENNESIMA VITTIMA IERI A SAN GIOVANNI IN FIORE

L’ennesimo caso di malasanità in Calabria è costato la vita ieri ad un paziente di 48 anni di San Giovanni in Fiore, Serafino Congi, deceduto nell’ospedale della città di Fiore.

Al paziente, già in Pronto Soccorso dalle 16,00, dopo la prima enzimatica cardiaca, di cinque volte superiore al valore normale, è stato consigliato di aspettare l’esito della seconda, che rivelava un valore molto più allarmante della prima.

In Pronto Soccorso un solo medico… perché agli altri pare sia consentito lavorare da lunedì a venerdì e, nei weekend, a casa o magari in strutture private a rimpinguare lo stipendio…

Certo è che si è perso tempo prezioso… e Serafino Congi è deceduto in ambulanza mentre veniva trasferito d’urgenza dall’ospedale della città silana a quello di Cosenza. D’urgenza… si fa per dire.
Perché sono tutti bravi ad autoincensarsi in tempi non sospetti ma, al momento del bisogno, la tanto decantata macchina dell’emergenza-urgenza, incappa nella solita burocrazia, nell’inettitudine e nell’incapacità di chi doveva organizzare e assicurare un servizio e invece lo ha fatto male o non lo ha fatto del tutto.

È in questi momenti che allora ci si chiede il senso del perché tante ambulanze e tanti autisti se poi, quando servono, nessuno è libero?
Perché tante postazioni territoriali dopo oltre sei mesi tardano ad essere operative e persino le ambulanze di base, dopo oltre sei mesi, operano senza convenzione?

Perché nei Pronto Soccorso, in questo caso quello di San Giovanni in Fiore, si dà possibilità ai medici di passare i weekend a casa, lasciando il reparto con un solo medico di turno che non sa dove spartirsi prima?

Perché, vista la carenza di medici, non si dà possibilità, agli infermieri che operano nell’emergenza urgenza (altrettanto capaci), ruolo e mansioni di “paramedico” sulle ambulanze dove operano, come ad esempio in America?

A queste ed altre domande dovrebbero dar risposte, istantanee ed urgenti, i vari commissari dell’ASP e i direttori dell’emergenza urgenza, ingrassati dai circa 100.000 euro all’anno. Ieri, per l’ennesima volta si è ripetuto il solito rimbalzo delle responsabilità… mentre intanto si continuava a morire! L’autopsia, se la faranno, stabilirà la causa del decesso, nonché se il paziente poteva o meno salvarsi.

Ma consigliamo vivamente ai familiari della vittima di non chiamare né carabinieri e né polizia perché se intervenissero loro, ci metterebbe mano il porto delle nebbie di Cosenza e oltre al danno ci sarebbe anche la beffa, perché – come tutti sanno – la procura di Cosenza provvederebbe ad insabbiare tutto con le sue famigerate perizie taroccate. Consigliamo invece di rivolgersi ad un avvocato serio e bravo per una causa civile che non tocchi il penale… ovvero i giudici corrotti… Per eventuali contatti, scriveteci pure una mail a [email protected]