Scalea. Storia di un abuso edilizio con ordine di demolizione che nessuno… esegue

di Saverio Di Giorno

Talvolta attraversando i chilometri di coste calabresi, viene da chiedersi come sia stato possibile aggredirle con colate e colate di cemento. Come sia stato possibile che gli strapiombi siano diventati muri di cemento di villette, villaggi e alberghi. Questa storia, seppur marginale e riguardante un singolo caso, offre una risposta al come sia stato possibile. Perché non basta la prevaricazione di pochi, ma anche il silenzio assenso delle istituzioni.

Inerpicandosi all’entrata di Scalea si può godere di un bellissimo panorama. Ma bisogna trovare un buco libero tra villette, villone e alberghi. Tutte costruzioni che nel corso degli anni sono uscite come funghi e adesso sembrano parte integrante del paesaggio. E il rischio è quello di abituarsi. Non lo fa un cittadino che proprio non ci sta che il suo vicino decida di allargare l’appartamento, alzare un muro e fare una tettoia e godersi la vista.

Non ci sta e decide di indagare. Il frutto dell’indagine lo mostra ed è racchiuso in faldoni di centinaia di pagine. Sono anni che combatto questa storia per arrivare all’abbattimento dice. Ed effettivamente è minuzioso. Foto, documenti, lettere, esposti e sentenze. Ci arriviamo. È un lavoro minuzioso e dispendioso e le autorità a diversi livelli gli hanno dato ragione in diverse occasioni. Tutto parte da una richiesta per un “vano caldaia”; l’autorizzazione e la scia riguardano quello. Un vano caldaio che però ha tutta l’impressione di un bel balcone coperto alzato tra l’altro su un muro di contenimento che dà su una strada pubblica. Una strada nella quale, dice, mentre lavoravano (senza cantieri e senza nulla), passavano autorità, ex sindaci, vigili non tanto vigili.

I lavori li fa, tra il 2017 e il 2019, recitano i documenti, l’azienda edile di tale Roberto Maratea, che incidentalmente è anche amministratore del condominio. Il beneficiario è un altro imprenditore locale, tale Suanno. Quando si chiedono le documentazioni agli uffici preposti si fa incredibile difficoltà. Questa storia è piena di richieste ignorate da parte degli uffici tecnici del comune e degli altri organi. Solo a fatica si riesce ad averli. In particolare, l’ing. D’Alessandro (nell’ufficio preposto in quegli anni) risponde con ritardo giustificandosi del troppo lavoro e del Covid. E aggiunge che le autorizzazioni ci sono. Peccato che, quando le firme e le risposte sono richieste dell’altra parte arrivano in maniera tempestiva. La solita storia della burocrazia kafkiana a doppia velocità.

Per quanto riguarda le autorizzazioni invece, quando gli si dà un’occhiata anche veloce, si ha la conferma dei dubbi: le sanatorie ci sono, ma riguardano modifiche e lavori ben diverse e molto più modeste rispetto alla villa che si è realizzata. Ed ecco che, non appena la mole della documentazione arriva nei tribunali o viene riportata negli esposti, fioccano gli ordini di demolizioni più recenti. C’è il Tribunale di Paola che ordina la demolizione, c’è rigetto della corte d’appello di Catanzaro all’opposizione e c’è l’ordine demolizione ultimo perfino dello stesso comune di Scalea.

Ecco e qui si arriva al punto cruciale. Ammesso che si abbiano tempo e risorse per intraprendere una tale battaglia; e ammesso anche che si arrivi al punto di avere la legge dalla propria parte. Cos’altro deve fare un cittadino perché gli ordini e le prescrizioni vengano eseguite?

Quando poi le piogge torrenziali, le mareggiate o gli incendi o perfino il semplice passare del tempo causano crolli, disservizi. Quando nei cantieri accade l’irreparabile. Ecco non è colpa del destino o della natura, non del tutto. È anche colpa di chi poteva fare e non fa.