di Aurora Notarianni, avvocato
L’area dello stretto di Messina è un luogo magico. Il mito di Scilla e Cariddi e della Fata Morgana, la sua estensione da Tropea a Capo d’Armi, da Taormina a Milazzo, il suo collo di bottiglia, una delle più importanti rotte di migrazione tra Eurasia ed Africa di specie di uccelli protetti la rendono una culla di tesori per le sue caratteristiche naturali, morfologiche, storiche e culturali di incomparabile valore.
È ricompresa in due Zone di Protezione Speciale: Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennamare e Area Marina dello stretto di Messina‘ e Costa Viola. Sui due versanti sono localizzate altre 11 Zone Speciali di Conservazione di interesse comunitario, tutelate da direttive europee e due geositi di rilevanza internazionale.
L’area dello stretto è tutelata da tre Convenzioni internazionali: di Bonn sulle specie migratorie, di Berna sulla fauna e la flora selvatica, di Montego Bay sul mare. Costituisce un fondamentale ecosistema ricco di biodiversità per la migrazione degli uccelli e dei pesci; il regime delle correnti rende le acque del mare ricche di plancton e favorisce la diversità ittica e vegetale (la posidonia oceanica e le foreste di laminarie); il microclima favorisce lo sviluppo di specie rare come il bergamotto detto anche “oro verde”. Conserva reperti archeologici e di rilievo storico (il galeone spagnolo e Forte Beleno, l’antica Zancle e la fortezza stella) e culturale. È narrato da Omero e Dante, da Pascoli e Goethe, da Leonida Repaci e Stefano D’Arrigo; è dipinto da Antonello e Guttuso, ha ispirato la luce di Caravaggio.
Il Governo Meloni, con il suo ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha riportato in vita la società pubblica Stretto di Messina, costituita con legge dello Stato nel 1971 e in liquidazione dal 2011, l’ha trasformata in società in house, partecipata al 51% dal ministero dell’Economia e Finanze. Ha ripreso il vecchio progetto preliminare approvato nel 2003 durante il II Governo Berlusconi e, nonostante il progetto definitivo non sia stato approvato ma anzi caducato nel 2011, ha dichiarato l’opera di preminente interesse nazionale per il completamento del corridoio Ten-T (Trans-European Networks – Transport), dimenticando che il precedente governo aveva finanziato con 510 milioni di euro di fondi del PNRR il collegamento dinamico, ossia la costruzione di navi e aliscafi eco compatibili per incrementare la navigazione marittima nello Stretto, l’unico vero ponte (Pontos come lo chiamavano gli antichi greci).
Ma quel che è peggio, ed è davvero incredibile, ha riportato in vita un soggetto privato, l’associazione temporanea di imprese Eurolink che aveva vinto la gara nel 2005 e che nei 20 anni passati aveva visto assoggettate a procedure concorsuali per insolvenza due società su cinque ed aveva proposto un contenzioso contro lo Stato, dopo aver incassato un’indennità di risoluzione contrattuale del 10%, chiedendo una penale di 700 milioni di euro e perdendo la causa in primo grado.
Adesso a che punto siamo?
Il progetto è fermo al parere della Commissione presso il ministero dell’Ambiente, che ha concluso per la valutazione di incidenza negativa sulle aree protette che sarebbero irreversibilmente distrutte dalla realizzazione dell’opera. L’attuale condizione di stasi ha più di un motivo, insomma il progetto è inadeguato per varie ragioni.
- Innanzitutto non rispetta l’articolo 9 della Costituzione italiana, che prevede la tutela dell’ambiente, dunque della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
- Non rispetta il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, che prevede il principio di precauzione. Come si legge nelle raccomandazioni e prescrizioni del progetto preliminare (2003), in quelle del Comitato scientifico (2023) e della Commissione insediata al ministero dell’Ambiente, il progetto è carente di istruttoria sulla fattibilità, con incertezze sulle faglie sismiche e sui test di fatica. Ma, nonostante l’esistenza dei rischi per la salute delle persone e l’ambiente protetto, la società Stretto di Messina vorrebbe postergare l’ottemperanza alle prescrizioni, e alle raccomandazioni, alla fase della progettazione esecutiva.
- Non rispetta la Carta dei diritti fondamentali, il cui obiettivo è di mantenere un livello elevato di tutela dell’ambiente, e molte direttive europee in materia di ambiente e concorrenza.
- Non rispetta il Regolamento 2020/852, che prevede il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità attraverso il monitoraggio e la valutazione adeguata degli effetti significativi diretti e indiretti del progetto sull’ambiente, che deve essere effettuata prima del processo decisionale e deve bilanciare l’interesse ambientale con l’interesse alla realizzazione dell’opera, soprattutto nel caso in cui tale interesse non sia prevalente rispetto al comprimario interesse pubblico alla tutela ambientale. Il progetto non osserva il principio DNSH (do no significant harm), ossia non dimostra di non arrecare danno significativo all’ambiente ma, al contrario, ammette di arrecare danno all’ambiente.
La società Stretto di Messina non è riuscita a produrre un’analisi convincente di tutte le variabili, che deve essere condotta in modo appropriato in considerazione degli effetti che il progetto avrebbe sull’integrità dei siti Natura 2000 rispetto alle aree protette e agli habitat prioritari che andrebbero distrutti. A quanto sembra, la società proponente sta cercando di sostenere l’esistenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico prevalente per la realizzazione dell’opera che però, nel bilanciamento degli interessi, devono riguardare la salute umana e la sicurezza pubblica che, al contrario, sono compromessi dalla realizzazione dell’opera su un territorio fortemente antropizzato ed esposto ad un elevatissimo rischio sismico.
E ciò senza neppure considerare che il ponte, con un franco navigabile di 65 metri, ma anche con quello diverso di 72 metri miracolosamente indicato nel sito della società Stretto di Messina, non consentirebbe il passaggio della più grande portaerei del mondo, la Ford, di stanza a Napoli, che è alta 76 metri con le sue antenne. E non paiono neppure sostenibili, in questo delicatissimo momento storico e politico, i motivi economici e sociali considerando, da un lato, la vocazione naturale agricola, marinara e turistica del territorio e, dall’altro, la totale assenza di infrastrutture ferroviarie nell’isola, le modificate esigenze di mobilità, oltreché le necessità di tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e la realizzazione di primari bisogni della popolazione, come quelli derivanti dalle carenze strutturali del sistema sanitario e del sistema idrico.
Cosa i rappresentanti degli enti locali territoriali, i comitati e le associazioni del coordinamento No Ponte hanno chiesto ai parlamentari europei in occasione dell’audizione del 19 febbraio?
Di porre termine al rischio che si verifichi un ecocidio, oltre che la perdita di ingentissime risorse pubbliche e fondi europei, anche considerato l’impegno di finanziare con 25 milioni di euro lo studio del collegamento ferroviario per il progetto esecutivo. In mancanza di soluzioni alternative e di imperativi motivi di interesse pubblico, i comitati e le associazioni hanno chiesto l’opzione zero! Questo significa che il progetto del ponte sullo Stretto dovrà essere ritirato definitivamente.
Le associazioni ambientaliste presenteranno un reclamo alla Commissione europea per chiedere che, nel caso in cui il governo italiano non ritiri il progetto, sia avviata una procedura di infrazione che, del resto, era stata archiviata nel 2007 unicamente a seguito della nota del 29 maggio di quell’anno con cui lo Stato italiano informava la Commissione del fatto che la Legge Finanziaria aveva attribuito le risorse finanziarie, in precedenza stanziate per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, ad interventi infrastrutturali e di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Calabria e Sicilia, a conferma dell’intenzione del governo italiano di non procedere alla realizzazione dell’opera.
Intanto, il 7 marzo scorso, il vicepresidente della Commissione europea Stephane Sejourné ha risposto all’interrogazione dei parlamentari europei che hanno chiesto se è legittimo l’affidamento dell’appalto per la costruzione del ponte sullo Stretto al consorzio di imprese (Eurolink), che aveva vinto nel 2005, senza una nuova procedura di gara internazionale aperta a tutte le imprese. Il vicepresidente ha risposto che i servizi della Commissione stanno valutando se si tratta di una modifica del contratto o di un nuovo contratto il cui affidamento, senza nuova gara, è incompatibile con la direttiva europea sulla concorrenza.
L’attenzione in Europa è alta. Così quella dei cittadini e delle loro rappresentanze amministrative e politiche, il governo italiano dovrà farsene una ragione, prima o poi.