Il “sacco” di Cosenza

Porca miseria! Siamo la città di Telesio, dell’Accademia Telesiana, che ha ispirato filosofi del calibro di Tommaso Campanella, Hobbes, Bacone. Siamo la terra di Gioacchino da Fiore. Teologi e filosofi che hanno scritto e influenzato la storia, citati dal Papa e Dante Alighieri. Che c’entra?
Il nostro strato culturale, le nostre generazioni, sono nate sotto questi impulsi. E’ intollerabile assistere alle odierne derive, ad un continuo depredare di diritti, di libertà, di sogni, di democrazia e anche di calcio. Dai daspi “fuori contesto” (subito annullati dai Giudici), a minacce di denunce; da selvaggi ammanettamenti a convulse comunicazioni istituzionali; da conferenze stampa occasionali a comunicati surreali. Si anche il calcio ce lo stanno depredando.

Nelle città del sud, più che al nord, il calcio ha una funzione sociale, di rappresentanza territoriale. A Cosenza, poi, c’è una linea socio-culturale che racchiude il territorio e il calcio lo popola al di dentro. Il tifoso ha una lotta continua davanti a se, contro il caos del leviatano di turno. Siamo e dobbiamo essere sempre figli di Telesio, figli di colui che iniziò a vedere la natura secondo propri principi, cosi come nel calcio, secondo i principi della natura di un territorio, di una storia ultracentenaria. Non è un caso che quel filo lega e unisce proprio quel paesino Stilo, da Campanella a Gigi Marulla, che di Cosenza ha fatto la sua eterna ragione di vita, come quella visionaria Città del Sole, dove la proprietà è tenuta in comune. Siamo figli di Telesio, a Roma imprigionato e poi liberato durante l’ennesimo saccheggio, cosi come adesso, saccheggiati dei nostri averi di storie di calcio e di campioni. Ma noi siamo figli della cultura, della lotta e della libertà, e dobbiamo ritornare ad alzare i vessilli del nostro senso, del nostro calcio, della nostra appartenenza.

Antonello Aprile