“Rende 2025. Il paradosso antidemocratico del segretario… democratico”

IL PARADOSSO ANTIDEMOCRATICO DEL SEGRETARIO… DEMOCRATICO

Fonte: Libera Rende

«Noi siamo spesso contro noi stessi, lavoriamo per i nostri nemici, serviamo le forze della reazione».
Le parole di Turati, pronunciate in quel celebre discorso durante il congresso di Livorno del 1921 risuonano ancora di una contemporaneità disarmante; la profetica rivelazione turatiana, fu il preludio a quell’incurabile malattia che affligge da tempo la sinistra italiana, ovvero l’ineguagliabile capacità di frammentazione.

Chiaramente la situazione storica è un tantino diversa, come diverso è il livello culturale degli interpreti (sfortunatamente), ma di certo possiamo trovare interessanti similitudini contestualizzabili alle recenti dinamiche elettorali della città di Rende.
Questa bizzarra idea è il frutto di un suggerimento casualmente giuntomi dalla lettura di un post/commento del segretario provinciale del Pd Pecoraro. Detto ciò, preservandomi da qualsivoglia contestabile licenza di copyright, l’eloquente arringa del segretario pone seri interrogativi sulla sua capacità di comprendere il sé stesso politico, perché talvolta troppa fumosa retorica tende ad annebbiare la percezione della realtà, e l’eloquente segretario pare essersi smarrito nei sentieri della demagogia.

Il “giovane” segretario apre citando la bellezza della democrazia, parlando di confronto di idee e di autodeterminazione dei partiti secondo proprie visioni e proprie priorità; a tal punto la domanda sorge spontanea. Ma sta parlando di visioni e priorità rivolte al bene della collettività rendese, o sono le priorità e le visioni del suo partito? Perché personalmente, ho sentito solo porre veti e censure, dal fetore discriminante, su individualità, su uomini, piuttosto che su concetti e programmi; tra l’altro affini a quella che teoricamente è la sua idea di politica.

Da parte sua non ho mai sentito nessun concetto, nessuna visione per la comunità rendese, ma soprattutto nessuna valutazione su quella che è stata la tragica situazione della politica locale in una città svilita e umiliata dallo scioglimento per infiltrazione mafiosa. In più, voci di corridoio, dicono che da buon burocrate il giovane segretario stia ammiccando a chi questa umiliazione l’ha provocata, come ammiccava “l’ultimo uomo Nietzschiano” per intenderci.

L’ineluttabile segretario prosegue asserendo che non esistono né lesa maestà, né obblighi di convergenza ma solo scelte libere, legittime e consapevoli; anche qui la caliginosa demagogia è offuscante. Si parla di scelte libere e consapevoli, ma queste scelte sono state elaborate da un’assemblea di iscritti? Esiste un’assemblea di iscritti a Rende? Esiste il PD a Rende? O queste cosiddette scelte sono semplicemente il risultato dei classici interessi di palazzo figli della retorica neoliberista che sta facendo scuola nel PD?

Sembra, in verità, che la politica all’interno del PD non esista più, svuotata nell’essenza e nei contenuti. Il partito si è trasformato in una mera amministrazione burocratica gestita da pochi, con l’unico intento di accaparrarsi risorse e manipolare consenso. Incapaci di interagire con il territorio e con il tessuto sociale emulano comportamenti e metodologie tipiche dei partiti e delle associazioni di destra, mediante slogan politici dalla complessità ridicola, pavloviana; esempio? il concetto di rinnovamento politico.

Rinnovarsi e rinnovare non attiene assolutamente all’età anagrafica di una persona; conosco giovani, anzi giovanissimi, ancorati ad una cultura di massa preistorica. Il rinnovamento è la capacità delle idee di proiettare nel futuro una visione utopica che tende al miglioramento della società, una sublime condizione che persiste nel tempo lontana da ogni logica anagrafica.

Se il segretario del Pd non è concorde con questo principio, rinnega la stessa cultura storica e politica del suo partito, allineandosi stranamente (se ci pensate) alle dichiarazioni insensate del governo Meloni sul Manifesto di Ventotene. Vorrebbe forse asserire, il “giovane” segretario che le idee di Spinelli, di Rossi o di Colorni sono anacronistiche? Dovremmo secondo lui rinnovare anche quelle stesse visioni?

Per concludere, infine, vorrei far notare all’uditorio rendese, che questo Partito Democratico non esprime una valida alternativa alla destra governativa, bensì ne esprime una diversa continuità che replica metodologie e contenuti, con una distinta differenza: la destra non si frammenta. Il bene collettivo della città e il suo sviluppo sono l’espressione di un’idea che non conosce confini anagrafici, in quanto non si può assolutamente limitare la creatività umana; perciò, se esiste ancora un’etica morale in questo marasma elettorale è giusto sostenere l’idea e l’uomo che c’è dietro questa idea. Altrimenti, si sfocia nel fascismo, o per meglio dire, come profetizzò Turati nel rinnegamento e nella frammentazione; «Noi siamo spesso contro noi stessi, lavoriamo per i nostri nemici, serviamo le forze della reazione».
Al candidato a sindaco scelto dal segretario del Pd e dalle gerarchie calabresi, auguro un buon lavoro nella speranza che possa continuare le sue ammirevoli battaglie al di fuori di taluni contesti politici, che spesso hanno il vizio di strumentalizzare, solo ed esclusivamente in chiave elettorale, le buone intenzioni. Magari, e lo dico per ipotesi, mediante il subdolo tentativo di occultamento di determinati personaggi in un presunto civismo; una formula trasformista vista e rivista a Rende, con conseguenze a dir poco disastrose per la città.
Così fosse il segretario del PD dovrebbe provare a rinnovare questo preistorico e ambiguo modus operandi.