Da quando si è iniziato a parlare della realizzazione di un collegamento stabile da Cosenza verso l’Unical guardo con interesse, essendo da oltre 25 anni impegnato in attività sindacali nel settore del Trasporto locale, la vicenda della cosi detta metrotramvia Cosenza/Rende.
Ricordo ancora bene quando l’infrastruttura progettata al centro del Viale Mancini, presentata nel 2003 dalla società Ferrovie della Calabria, prevedeva l’eliminazione della parte centrale del Viale, oggi alberata e polmone verde del centro cittadino, che in sostanza riproponeva una barriera architettonica come quella esistente prima della realizzazione del Viale e eliminava gli spazi dedicati ai pedoni, la pista ciclabile e, ovviamente, gli alberi, le fontanine, le panchine ecc.
Questo dovrebbe far riflettere su come fu progettata l’opera e con quale serietà e visione urbanistica fu ipotizzata.
Oggi quest’opera controversa, io direi inutile e insostenibile, è oggetto anche di scontro politico e di una annunciata lite legale tra due Enti territoriali, Comune di Cosenza e Regione Calabria, oltre ad essere contrastata dal Comitato No Metro di cui faccio parte e da altre associazioni cittadine.
Esiste una grande differenza tra ciò che è legale, cosa che può essere chiarita facendo ricorso alla magistratura, qui la diversa visione del sindaco Occhiuto e del presidente Oliverio, e ciò che è giusto: che una classe dirigente seria programmi per dare risposte ai cittadini in relazione alle problematiche sociali, ai diritti universali e ai beni comuni come, appunto, si può definire il diritto alla mobilità ma anche il modello urbanistico su come si sviluppa un territorio e le conseguenti scelte organizzative che esse comportano.
Serve capire allora se sia giusto realizzare la metrotranvia partendo da un dato: la classe dirigente di questa regione conosce la differenza che corre fra legale e giusto?
Serve capire se il tutto si fa nell’interesse della comunità o per altri scopi visto che una decisione può essere impeccabile dal punto di vista legale, ma non per questo “giusta” se la guardiamo dal punto di vista dei cittadini amministrati.
La storia del novecento è piena di casi che hanno dimostrato che azioni, perfettamente legali, si sono poi dimostrate ingiuste dal punto di vista sociale.
Nel nostro caso, ammesso che abbia ragione il presidente Oliverio e che l’iniziativa sia legale, io credo che si stia portando avanti un progetto utile solo alle lobby economiche attive nella costruzione di infrastrutture ferroviarie, e che la pugnace sicumera del presidente Oliverio, e del suo Dirigente di settore nonché RUP, sia il frutto di una valutazione poco serena sulla necessità che quest’opera si realizzi.
Pur ipotizzando che la metrotramvia sia legale, sicuramente non è giusta, parliamo di un sistema di trasporto superato dalle nuove tecnologie che si basa su dati assolutamente non prevedibili e che si vuole realizzare in una area a rischio svuotamento demografico come la stessa Regione Calabria ha certificato nell’annunciato Nuovo Piano Regionale dei Trasporti.

Quindi, per onestà intellettuale, spesso abbandonata, si ammetta che l’opera non serve per realizzare un sistema di mobilità moderno efficace, efficiente e sostenibile, ma che serve solo alle imprese costruttrici.
Così come non basta più continuare con il refrain “ma ormai tutto era già stato deciso e che per sospendere i lavori si pagheranno le penali”.
Anche in questo caso, credo che una classe dirigente, intelligente e accorta, dovrebbe valutare se la penale rispetto alle ingenti risorse che si spenderanno per costruire l’inutile opera, risorse che è possibile riutilizzare poiché non andrebbero perdute ma servirebbe solo riprogrammare il tutto investendo sempre nello stesso Asse-mobilità sostenibile e riqualificazione energetica degli edifici pubblici- sia un danno o un beneficio per la collettività.
Un cambiamento di direzione, auspicabile, potrebbe veramente aprire una nuova fase di governo del territorio dove a determinare le scelte siano i cittadini insieme agli amministratori e non gli amministratori insieme ai comitati d’affari.
Per altro, quanto emerge dalle ultime inchieste tra i supposti collegamenti tra massoneria, politica e ‘ndrangheta, dovrebbe spingere in questa direzione se davvero si vuole avviare un cambiamento vero, di cui c’è tanto bisogno, per uscire fuori dal disastro sociale ed economico in cui la regione si è impantanata.

Del resto le parole di illustri ex magistrati, tra i quali Ferdinando Imposimato, da sempre contrari per ragioni oggettive alle grandi opere sono chiare: sono sempre più forti i collegamenti tra il mondo della malavita e le realizzazioni di grandi opere.
Una posizione sostenuta anche da Airola e Scibona, senatori della Repubblica, che hanno pubblicamente dichiarato: “Siamo contrari alle grandi opere perché sono l’emblema dell’infiltrazione mafiosa, dell’illegalità e terreno fertile per l’intreccio affaristico tra la malapolitica, le lobby e le varie mafie..
Guardare al futuro nell’interesse dei cittadini è la sola missione che una classe dirigente degna di questo nome deve prendere come stella polare dell’azione amministrativa, tutto il resto è…
Mario Pescatore
Candidato elezioni regionali 2014 nella lista L’Altra Calabria