Morta sotto gli occhi dei colleghi. Maria Barca, medico in servizio all’Annunziata, nel dicembre del 2016 si era si era ricoverata con procedura ordinaria nel reparto di Ostetricia e Ginecologia del suo ospedale per sottoporsi ad un intervento programmato e non urgente di asportazione videolaparoscopica di una cisti ovarica. Nulla la preoccupava considerato che si trattava di una “operazione” ampiamente sperimentata nel corso degli anni. E, invece, la donna è spirata nel volgere di pochi giorni, il 12 dicembre di quell’anno, nel nosocomio bruzio per sindrome da disfunzione multiorgano determinata da perforazione del sigma con conseguente shock settico irreversibile. La tragedia, per nulla annunciata, investì il plesso sanitario e, soprattutto, la famiglia della vittima come un uragano. Com’era potuto accadere?
I familiari della medico-paziente sporsero denuncia sollecitando l’apertura di una inchiesta. Da qui l’esame autoptico, l’acquisizione delle cartelle cliniche, la nomina dei consulenti e gli interrogatori dei colleghi di lavoro che si erano occupati del caso. I periti nominati dalla procura conclusero sostenendo che il decesso era stato determinato da una esfoliazione della parte intestinale evoluta in repentina perforazione. Da qui l’infezione che sarebbe stata sottovalutata e diagnosticata in ritardo.
Il processo celebrato dal Tribunale (presidente Urania Granata) si è concluso ieri, dopo l’audizione di 7 consulenti tecnici, con la condanna a sei mesi di reclusione (pena sospesa) di due medici: Carmen Cosco e Francesco Carbone. L’accusa è di omicidio colposo, contestata dal pm Domenico Frascino. Si tratta dei medici di turno la sera dei 5 dicembre del 2016 nel reparto di Ginecologia che, a parere della Procura, non si resero conto della grave situazione in cui versava la paziente… Sono stati invece assolti gli altri medici dell’Annunziata Michele Morelli, Giulia Cerenzia e Clemente Sicilia, all’epoca dei fatti in servizio nel reparto… Fonte: Gazzetta del Sud