L’ex sindaco, la maga, l’esiliato e il boss. Una favola dei nostri tempi

C’era una volta un sindaco a cui piaceva fare favori al boss del suo territorio.

Erano amici che più amici non si può. Già da tempo il boss, prima ancora che il sindaco, frequentava personaggi di un certo lignaggio politico. Tra cui il personaggio dei personaggi: un politico di Cosenza che era stato assessore regionale e per le sue marachelle un periodo anche esiliato. Un plenipotenziario di altri tempi. Che insieme alla maga che aveva sposato facevano “chiovari e scampà”.

esi Un fiume di denaro era passato dalle loro mani, e non c’era settore economico, in Calabria, dove i due  non avessero le mani in pasta: nelle sanità lui, nell’ informatica lei. E questo li aveva resi potentissimi.

Due maghi del magheggio (scusate la ripetizione). Due esperti in sparizioni. In tutti questi giri di intrallazzi i due avevano conosciuto il facoltoso imprenditore della sanità del Tirreno, attraverso un altro soggetto che a sua volta gestiva altri affari per conto del boss (tipo una lavanderia industriale ed altro), con il quale iniziarono una proficua collaborazione su ogni genere di intrallazzo possibile ed immaginabile, per truffare la sanità.

E mentre la gente peregrinava da una clinica all’altra, da un ospedale all’altro, loro lucravano, sulla pelle dei pazienti, che era una meraviglia. Montagne di soldi accreditati alla clinica dell’imprenditore, e nonostante ciò, giorno dopo giorno i debiti della clinica crescevano a dismisura. Incassava dalla Regione, e ‘mboscava, vrusciando fornitori e dipendenti. Così come gli avevano spiegato di fare l’esiliato e la maga. Una vigna che non ti dico.

bossTutti erano felici e contenti: il boss, l’imprenditore e il duo. Ma per tenere sotto controllo la situazione, e per sbrigare le ‘mmasciate in loco, l’esiliato e la maga avevano bisogno di qualcuno del luogo. Uno propenso all’intrallazzo come loro e pronto ad affiliarsi con tanto di copiata al clan. Del resto né l’esiliato, né la maga, potevano stare dietro a tutti gli intrallazzi che avevano messo in piedi, un “aiuto” era quello che gli serviva. E si rivolsero al sindaco del paese del Tirreno, già vicino alla loro cricca, dal nome che è tutto un programma: Gioiello.

Questo il nome del paese. L’esiliato e la maga chiesero al sindaco di Gioiello di entrare nel loro clan, cosa che gli avrebbe portato potere e denaro. E senza pensarci su più di tanto il sindaco accettò. Ebbe l’incarico dai due di sbrigare ogni ‘mmasciata utile sia per il boss che per l’imprenditore, con la promessa  che presto questi suoi servigi sarebbero stati ricompensati con una bella candidatura alla Camera: da sindaco di Gioiello a deputato della Repubblica delle Banane.

Per i voti non ci sarebbero stati problemi. Ci avrebbero pensato loro, l’imprenditore e il boss, taroccando come sempre le primarie del PD. Il suo leccare bene, il suo asservirsi anema e core all’esiliato e alla maga, l’aver messo in copiata il boss,  tutto questo alla fine diede i suoi frutti: il sindaco di Gioiello diventò deputato.

Il ragazzo aveva fatto strada e ora poteva vantarsi di poter sbrigare direttamente lui determinate ‘mmasciate, e di questo erano felici anche l’esiliato e la maga, che avrebbero potuto così alleggerire il loro pesante carico di lavoro (truffaldino) che gravava sulle loro spalle. E così il sindaco diventato deputato iniziò ad adoperarsi per rendere ancor di più felici il boss e l’imprenditore e far vedere al duo quanto era diventato bravo.

Si batte strenuamente per loro per fargli passare in Regione ogni tipo di intrallazzo e di truffa. E ci riesce. Si spende senza sosta per far arrivare prima del dovuto spettanze economiche all’imprenditore, non ancora neanche fatturate. Di contro l’imprenditore non gli fa mancare niente sia a lui che al duo.

magfaAlla maga mette a disposizione oltre 15.000 euro per la sua campagna elettorale, all’esiliato un pacco di bustarelle da un chilo l’una e all’ex sindaco regalie di ogni sorta. Tra cui un’ auto. Infatti, l’imprenditore, contento del lavoro dell’ex sindaco, per non farlo stancare troppo gli mette a disposizione la sua Peugeot, munita di autista per ogni sua esigenza. Ed inizia, così, a scorrazzare in lungo e in largo per il cosentino a sbrigare ‘mmasciate per i suoi, oramai, compari di intrallazzo.

Ogni volta che deve andare a Roma per perorare qualche loro causa, ecco pronta l’auto e l’autista. Purtroppo l’ex sindaco di Gioiello non sapeva che nell’auto dell’imprenditore, i poliziotti avevano piazzato diverse microspie, e tutto quello che si diceva in quell’auto veniva registrato. E nei tanti viaggi in quell’auto, il deputato parlava a ruota libera con il prestanome del boss (quello delle lavanderie industriali) di tutti i loro intrallazzi.

Il prestanome gli presentava la “lista della spesa” e il deputato eseguiva. Per poi  “rendicontare” al duo tutti gli introiti per la spartizione. Se non fosse stato per la manina che ha prelevato questa intercettazione, la storia sarebbe andata avanti ancora chissà per quanto tempo. Nella totale impunità e senza vergogna da parte loro.

Ma la favola è stata interrotta e la felicità spezzata. Ora all’ex sindaco di Gioiello, sgamato come mafioso, non resta altro da fare che sperare nella clemenza dei malandrini di stato e nell’infedeltà dei magistrati, cosa che gli amici degli amici per il momento gli hanno garantito.  Ma si sa che un momento, nelle favole, può significare un istante o l’infinito. C’è da aspettare per capire se torneranno a vivere felice e contenti, o qualcuno, come finale vorrebbe, finirà dietro le sbarre.

GdD