È tutta in salita la rincorsa al quorum per i 5 quesiti referendari all’esame degli elettori nel penultimo weekend di primavera. Aspettando la chiusura definitiva dei seggi — oggi le urne saranno aperte dalle 7 alle 15 e poi via con lo scrutinio — la giornata di domenica è andata in archivio con un dato di affluenza che non sembra lasciare molte speranze a chi sognava di dare una spallata al Jobs act di renziana memoria e alle altre norme sul lavoro osteggiate dalla Cgil, oltre che al requisito dei 10 anni di residenza per richiedere la cittadinanza italiana: alle 23 infatti, secondo i dati non ancora definitivi aveva votato il 22,7% degli aventi diritto, rispetto al 41% registrato al referendum contro la privatizzazione dell’acqua del 2011, ultimo che aveva raggiunto il quorum.
Già a fine mattinata, alla prima rilevazione sulla partecipazione alle urne, per il fronte referendario era arrivata la prima doccia a fredda: alle 12 aveva infatti votato appena il 7,4%, un dato nettamente inferiore rispetto all’11,6% del 2011. A nulla quindi sono serviti i vari appelli — rilanciati soprattutto attraverso le piattaforme social — per andare a votare prima delle 11 cercando di far scattare una sorta di effetto di trascinamento. E con il passare delle ore il trend non ha mostrato inversioni: alle 19 l’affluenza era ferma al 16,2% (poco più della metà rispetto al 30,3% registrato nel 2011). Fino al dato della chiusura.
Non tutto però è perduto per il centrosinistra. Se il quorum alla fine non sarà raggiunto — come ormai probabile e come del resto previsto da molti analisti nei giorni scorsi — per il Pd di Elly Schlein e per la Cgil di Maurizio Landini c’è un altro obiettivo che permetterebbe di gridare comunque alla vittoria, sia pur parziale: e cioè il raggiungimento di quota 12,3 milioni di sì, per uguagliare il numero di voti presi dallo schieramento di Giorgia Meloni alle ultime Politiche. Un risultato che pur nel fallimento dei referendum avrebbe comunque una valenza politica forte e potrebbe essere utilizzato dal centrosinistra per rilanciare la sfida alla premier e al suo schieramento (che ha fatto fronte comunque contro i referendum o disertando le urne o votando no).
CALABRIA ULTIMA IN ITALIA PER AFFLUENZA
ABRUZZO 20,81%
BASILICATA 22,20%
CALABRIA 16,25%
LIGURIA 25,53%
LOMBARDIA 23,93%
MARCHE 23,62%
MOLISE 18,90%
PIEMONTE 27,12%
PUGLIA 20,15%
SARDEGNA 18,68%
SICILIA 16,48%
TOSCANA 29,99%
TRENTINO-ALTO ADIGE 16,13%
UMBRIA 21,93%
VALLE D’AOSTA 21,46%
VENETO 19,92%









