Gli Occhiuto e l’uomo della sanità privata. Corruzione, nomine e mance. Il “ponte” delle inchieste sulla destra in Sicilia e Calabria

Mario Occhiuto e Carmine Potestio

di Enrica Riera

Fonte: Domani

Scilla e Cariddi non sono mai state così vicine. Divise da una lingua di mare, si guardano e non si toccano. La cronaca però cammina più veloce della leggenda. E così le due creature mitologiche, guardiane dell’area dello Stretto di Messina, rischiano di diventare una cosa sola: unite da quella che sarà la posa della prima pietra del ponte desiderato dal ministro leghista Matteo Salvini, ma anche dalle inchieste della magistratura.
Sono due le indagini, insieme ai vari filoni in cui si sviluppano, che stanno agitando da un lato la Sicilia e dall’altro la Calabria, entrambi territori governati da giunte di centrodestra, con presidenti di spessore nazionale.

Appalti, nomine, poltrone e mancette. Corruzione e truffa.
È tutto questo che nelle ultime settimane si sta riflettendo nelle acque che separano l’isola dalla punta dello stivale. Vicende di non poco conto che, a causa delle persone coinvolte, stanno agitando la politica a diverse latitudini, dai gradini più bassi fino a Roma, nelle sedi dei partiti di Fratelli d’Italia e di Forza Italia. Lì dove tutte le decisioni vengono prese.
Dunque la bufera giudiziaria rischia di scombinare le carte e i futuri assetti governativi (in Calabria si vota nel 2026, l’anno successivo in Sicilia), mentre Scilla e Cariddi, i mostri marini raccontati da Ovidio, dormono indisturbati, in attesa di quello che accadrà.

Calabria

L’inchiesta cui lavorano i pubblici ministeri di Catanzaro – l’indagine “madre” – vede indagato, come rivelato da Domani nelle scorse settimane, il presidente forzista della regione, Roberto Occhiuto. Al governatore pronto a ricandidarsi alle elezioni del 2026 i magistrati della procura guidata da Salvatore Curcio contestano il reato di corruzione in concorso con i suoi fedelissimi, Paolo Posteraro ed Ernesto Ferraro (a cui, dopo la decisione del riesame, verranno restituiti i dispositivi sequestrati). Tra meno di una settimana Occhiuto, destinatario ai primi di giugno di un avviso di proroga indagini, verrà sentito dai pm e dovrà spiegargli perché avrebbe tratto «benefici» dal conferimento di risorse economiche che il suo ex socio realizzò nelle «comuni società» e, tra le altre cose, come i fondi europei destinati a quella che era la sua azienda vitivinicola sono stati utilizzati.
Ma nel frattempo i finanzieri del Gico hanno nuovamente bussato alla porta della Cittadella regionale, il palazzo della regione guidata da Occhiuto: è qui che a fine settimana i militari hanno acquisito atti finanche nell’ufficio di presidenza. E poi ai piani del dipartimento Sanità e di quello dedicato all’Economia e agli alloggi popolari. Questo giornale è riuscito ad apprendere che l’attività in questione, realizzata dai finanzieri, riguarda un nuovo filone d’inchiesta in cui sarebbero indagate almeno sette persone.

Tra loro non figurerebbe il governatore Occhiuto. Altri uomini del suo “cerchio magico”, invece, sì. Qualche esempio? Alfonso Grillo, commissario straordinario del parco delle Serre nonché ex consigliere regionale ed esponente di Forza Italia.

Ancora: il potentissimo Antonio “Tonino” Daffinà, da Vibo Valentia. A Daffinà i pm contesterebbero non solo la corruzione, ma pure la turbativa d’asta. Stretto collaboratore del presidente della regione, il commercialista in quota Forza Italia ha ricoperto in passato un ruolo di primo piano nell’Aterp, l’ente regionale che si occupa di edilizia residenziale e pubblica, e oggi è sub commissario alla depurazione.
Una promozione che arriva dall’alto, con decreto firmato dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Quale l’oggetto della nuova indagine? Agli atti ci sarebbero alcune intercettazioni su nomine e promesse di riconferme in ruoli prestigiosi. E sotto la lente degli investigatori non ci sarebbe solo il tema degli alloggi popolari.

Anche quello della sanità: una perquisizione domiciliare è stata realizzata infatti pure nell’abitazione di Tommaso Calabrò, nominato dal governatore alla guida del dipartimento salute della regione. Il dg ad interim non ha risposto alle domande di questo giornale. Risulta però che nel mirino dei detective calabresi ci sarebbero le procedure, sottoscritte dalla regione, di autorizzazione e accreditamento di strutture sanitarie private. Quali? Se anche questo non è dato sapere, Domani può raccontare, come già fatto negli anni scorsi, il conflitto di interessi che lega Roberto Occhiuto e suo fratello Mario, senatore di Forza Italia, all’uomo della “sanità privata”, Carmine Potestio che controlla Anmi, un centro diagnostico privato dagli oltre 5milioni di fatturato nel 2024, a cui la regione ha più volte rinnovato l’accreditamento. Tutto lecito, pur considerato che i due forzisti e Potestio sono stati soci nella Biofin, azienda di brokeraggio chiusa nel 2007.

In ultimo, in base a una terza inchiesta dei pm catanzaresi, anche altri due fedelissimi e consulenti di Roberto Occhiuto, i camici bianchi Andrea Bruni ed Eugenio Garofalo, risultano coinvolti in una grana giudiziaria. «Le investigazioni – si legge nelle carte – hanno evidenziato l’indebito esercizio in maniera stabile dell’attività libero professionale». Tradotto: gli indagati «oltre all’attività pubblica hanno svolto attività professionale in forma privata (…) gestendo illecitamente le procedure delle liste d’attesa in ospedale privilegiando» alcuni pazienti, quelli delle visite extramoenia, rispetto a quelli «ambulatoriali». Tuttavia la difesa dei due medici ribatte: «Sono due eroi». Bruni è stato nominato consulente esterno della regione da Occhiuto per le attività della Conferenza stato-regioni. E ha da poco incassato l’incarico di primario all’Ospedale di Cosenza. Garofalo dal canto suo è presidente del comitato etico centrale della regione. Non proprio due sconosciuti per il governatore.

Sicilia

Sull’isola le cose non vanno meglio. Ad agitare i vertici politici nazionali – in questo caso di Fratelli d’Italia – è l’indagine della procura di Palermo guidata da Maurizio De Lucia che coinvolge Gaetano Galvagno, delfino del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e l’assessora Elvira Amata. In particolare Galvagno, presidente dell’Ars, avrebbe indirizzato finanziamenti con l’intento di ottenere in cambio utilità di diverso tipo, per sé e per le persone a lui vicine. «Amore ma come sono contenta (…), amore sono felicissima (…), quanto ti daranno però?». «Un cazzo amore (…) di solito questi incarichi qui sono venti, trentamila euro l’anno».
«Sono i soldi della mmh della mia casa al mare». «No la tua casa al mare la ve.. .laaa la molliamo perché veramente non ne posso più di pagare una roba senza mai usarla». «Ma io stavo facendo di tutto per prenderti il lavoro per non toglierla». Una conversazione, quest’ultima, che Sabrina De Capitani, portavoce di Galvagno, pure coinvolta nell’inchiesta, ha, da intercettata, col compagno. E che testimonia il “sistema mancette” scoperchiato dai magistrati.
Un sistema caratterizzato da risorse stanziate e date ad associazioni e fondazioni che, poi, a loro volta, avrebbero ricambiato la “cortesia” con prebende destinate a Galvagno e al suo entourage.
Relazioni pericolose che uniscono politica, imprenditoria e mondo associativo al centro di quella che è un’inchiesta che parte da lontano e cioè dal denaro messo in campo per promuovere la regione siciliana al festival del cinema di Cannes dall’assessorato all’epoca retto dal meloniano Manlio Messina, su cui tuttora ci si interroga su un suo eventuale coinvolgimento nelle indagini, da lui smentito. «Poi il 6 settembre facciamo la cena, con loro (…), no ma amore adesso inizio a fare lobby», racconta ancora De Capitani al compagno, dicendo anche di aver ricevuto un invito da una delle fondazioni “fortunate” nella villa – dalla fondazione stessa ristrutturata – del Gattopardo. Quella cioè dove venne girato il celebre film del «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi». Stando alle rispettive inchieste, il motto dei principi di Salina potrebbe valere non solo per la Sicilia, ma anche per la Calabria.