Calabria. Sanità allo sbando, il fascicolo elettronico della vergogna: Occhiuto, Miserendino e l’illusione digitale mentre le ambulanze restano ferme

Calabria. Sanità allo sbando, il fascicolo elettronico della vergogna: Occhiuto, Miserendino e l’illusione digitale mentre le ambulanze restano ferme

Sì, vabbè, Gandolfo Miserendino (omen nomen, sic!), direttore generale di Azienda Zero – altro nome perfetto per misurare il nulla dei soggetti -, si senta futta, come si dice a Cosenza, è perciò risponde a chi lo accusa di inoperosità e a chi vede “Azienda Zero” come l’ennesimo carrozzone/bancarella della Regione Calabria.

Si presenta ai calabresi con il solito atteggiamento da tecnocrate illuminato e snocciola numeri come fossero nucìddre americane o panini in una mensa aziendale: 11 milioni di euro spesi — udite udite — per “rafforzare le piattaforme digitali” e “formare gli operatori” all’uso del fascicolo sanitario elettronico.

Che grande “rivoluzione”, vero? Finalmente, se decidi di farti un esame in Calabria, potrai vederne il risultato su uno schermo, magari mentre aspetti mesi per una visita specialistica, ore per un’ambulanza che non arriva, o anni per la stabilizzazione del personale sanitario. Ma tanto vuoi mettere la comodità di vedere la tua cartella clinica digitale, mentre ti contorci in sala d’attesa, con un bruciore di culo insopportabile, perché non ci sono medici disponibili a visitarti?

Azienda Zero, partorita come l’ennesima creatura salvifica del “modello Occhiuto”, si presenta invece sempre più come una vetrina di chiacchiere e slide, dove la sostanza evapora sotto il peso della propaganda. Miserendino ci tiene a precisare che “siamo tra i primi in Italia” a dematerializzare. Complimenti….

Intanto, materialmente, i cittadini continuano a sbattere contro un sistema di emergenza che fa acqua da tutte le parti.

A proposito di emergenza: dove sono finite le convenzioni con le associazioni di pubblica assistenza del 118? Scadute da oltre un anno, dimenticate nei cassetti polverosi della burocrazia. E i cosiddetti “volontari del soccorso” delle associazioni private di pubblica assistenza, che ogni giorno tengono in piedi un servizio che crollerebbe al primo stormir di foglia, non hanno né tutele né diritti, ma devono accontentarsi del solito “grazie” a denti stretti.

E le postazioni 118 nei territori interni e nella metà sud della Calabria? Quelle “decantate” nei comunicati stampa, ma introvabili sul campo. Le zone montane, i paesi arroccati, i borghi dimenticati… per non parlare del “deserto sanitario” presente da Crotone in giù: isole di abbandono dove l’attesa di un’ambulanza si misura in speranza più che in minuti.

Ma certo, caro Miserendino, continui pure a raccontarci la favoletta del fascicolo elettronico, dei dati accessibili e della digitalizzazione galoppante. La Calabria non ha bisogno di una sanità connessa, ma di una sanità che funzioni.

Per ora, invece, l’unica cosa ben collegata è la rete dei proclami autoreferenziali. E mentre i milioni si dissolvono in nuvole informatiche, i calabresi restano al pronto soccorso, col bruciore di culo di cui sopra… ad aspettare.