di Rocco Tripodi
VIBO VALENTIA – Da quando il nostro illustre concittadino TONINO DAFFINÀ (pluridecorato nella sua eroica battaglia per l’ostinato accaparramento di incarichi comunali, regionali e governativi finalizzati al BENESSERE ESCLUSIVO della comunità…) si è trovato questa volta assegnatario di un avviso di garanzia, sono trascorsi ormai tre mesi.
Per la rognosetta monelleria che gli viene addebitata, pare che al magistrato non basterà redarguirlo, tantomeno fargli una lavata di capo. Lo stesso vale per l’altro campione di sobrietà politica ALFONSINO GRILLO, al quale consiglio di staccare, per pochi giorni, dallo studio ammorbante della filosofia greca, di cui si nutre, e concentrarsi invece, lui attento cultore del suo fisico, in maniera intensiva su esercizi ai glutei, perché credo che sia lì che i magistrati (o i suoi nemici) intendano colpirlo.
Il quadro per loro non è rassicurante, anche perché si vocifera che in tutta questa operazione di REPULISTI che sta interessando l’intera Regione, roccaforte da sempre di Forza Italia, ci sia ER ZAMPINO DE SORA GIORGIA che manovra perché alla guida dell’autocisterna carica di olio di ricino pronta per i Calabresi, ci si collochi, magari anche dopo le elezioni, al posto del quotatissimo ROBERTINO, più coerentemente l’attuale sottosegretaria agli Interni Wanda Ferro – peraltro candidata e vicepresidente in pectore… -, che non ha mai smesso di essere, come la sua Ispiratrice, AFFASCINATA dall’OSPITE del TAMBUTO con FIAMMA TRICOLORE.
Ma torniamo al nostro scaltrissimo Revisore dei conti (in particolare dei suoi). Stupisce il suo lungo silenzio, nonostante l’infamante e certamente SCONZANTE notizia che lo riguarda. Non dico del silenzio dei giornali. Quello ci sta! Del resto si sa: il giornalismo locale da sempre ha sposato la linea del GARANTISMO nelle inchieste che coinvolgono i politici qualunque sia l’orientamento degli indagati. Se poi a questi aggiungi quelli che scrivono solo se interpellati o sotto dettatura, tutto torna. Allora suggerisco all’affermato politico revisore, che immagino in difficoltà in questa fase, di scrivere lui stesso e rendere pubblica una sua breve essenziale e comprensibile memoria difensiva ad uso dei suoi concittadini. Premetto che mai ho dubitato che questo inopportuno provvedimento, alla fine, si risolverà con un nulla di fatto. Diversamente mi verrebbe a crollare tutta una mia costruzione blindata di maturati convincimenti sulla capacità di penetrazione degli apparati massonici in Calabria e oltre.
Vorrei che capisse che questo suo silenzio legittima l’ingozzamento vorace del cittadino medio che si nutre di gelosie, invidia, malanimo e maldipancia ed è ingordo di notizie sui mali altrui e quando non le riceve dagli interessati, le va a cercare altrove e finisce che le trova solo nelle carte ufficiali degli investigatori. Ma come si sa il burocratese di cui è infarcita la scrittura di questi atti, porta ad una scarsa comprensione dei contenuti, anzi spesso induce il cittadino comune, non più educato alla comprensione delle ragioni dell’altro, a sviluppare una propensione al becero fraintendimento e alle più volgari fantasie.
Riporto per maggiore chiarezza stralci presi a casaccio, per come immagino che sia l’apprendimento di chi legge gli atti pubblicati, appunto, su questa vicenda:
PRESTAZIONI…, SCAMBI…, causali TRUCCATE…, INDEBITE SOMME…, OLEARE…, OPERAZIONI COPERTE…, RETE DI RELAZIONI…, INTRECCI…, TRASGRESSIONI…, DIVERSI… e altro ancora.
Invito il dott. DAFFINÀ a farsi una idea di cosa resterà di questa fattispecie di informazioni a chi si approccia con scarsa attenzione. A chi con attitudine alla all’argomentazione assolutamente pari a zero, in genere, e a quella giuridica in particolare, ma con smisurato malizioso pregiudizio caratterizzato da connotati smaccatamente pruriginosi.
Questa è la mia idea. Scriva dunque, con parole sue e riporti l’attenzione dei suoi concittadini rozzi, sugli addebiti reali per i quali la Procura intende giudicarla, e smonti le fantasie malate di un popolino vitellino culturalmente zotico e socialmente inferiore.
Si è ormai creata una certa confidenza per cui azzardo e manifesto una mia seconda curiosità che non riguarda solo il politico DAFFINÀ (o meglio non solo lui), ma la sua famiglia; più nello specifico, il bar che gestiscono.
Occorre prima rinfrescare la memoria ai lettori.
Il bar gestito dalla famiglia DAFFINÀ è allocato nei locali del più celebrato palazzo gentilizio della città. Infatti il Palazzo Gagliardi fu donato nel dopoguerra del secolo scorso dalla nobile famiglia da cui prende il nome, al Comune perché lo CUSTODISSE e lo OFFRISSE GRATUITAMENTE al GODIMENTO DEI LORO CONCITTADINI. Di fatto così non è.
Da un po’ di anni, con la giunta SAMMARCO, i locali centrali del piano basso sono stati assegnati, a fronte di un semplice progetto con “finalità culturali”, che prevedeva l’allestimento di un CAFFÈ LETTERARIO, alla famiglia DAFFINÀ, e confermati poi dalle tre Giunte successive. 
Come è facile intuire, il tutto in cambio di una discreta MANGIATA DI PIPI! In realtà i DAFFINÀ chiusero, in un angolo della stessa piazza, un altro bar perché più scomodo e più piccolo sia all’interno che all’esterno, quel bar famoso citato da pentiti di mafia, dove frequentemente venivano accolti esponenti del clan Mancuso. E aprono quindi il nuovo nei bassi di Palazzo Gagliardi trasformando in libreria alcune tavole del dehor esterno che lasciavano, su cui hanno esposto un centinaio di libri recuperati alla chicchessia assieme ad un vecchio pianoforte verticale, a muro perché per come era conciato se non fosse stato appoggiato al muro, col piffero (ma anche il piffero non c’era) che sarebbe rimasto in posizione verticale.
Giurerei di ricordare anche uno scacciapensieri, ma non vorrei esagerare. Dopo breve tempo, avendo prudenzialmente incaricato un esorcista perché liberasse i locali da influenza maligna e possessione demoniaca a causa della permanenza di libri e strumenti musicali, che saranno stati certamente bruciati, hanno riempito le mensole di bottiglie di vino e di birre. In compenso in Comune, in tutti questi anni, pare che, di pipi e patati, non si siano mai fatte grosse scorpacciate, anzi gli lesinano PURU L’ADDURI. Hanno dato poco all’Amministrazione e di questo chiederemo conferma. Ma molto hanno continuato a prendere: Sono diventati gli utilizzatori esclusivi della piazza antistante, la più ricca, negli ultimi decenni del secolo scorso, di manifestazioni con ambientazioni storiche e culturali dell’intero Centro della Vecchia Vibo.
La hanno occupata letteralmente, poco alla volta, con bordature a struttura chiusa che ne rendono esclusivo e privato l’utilizzo. È che non ci sono i citofoni nel palazzo, diversamente esponenti della Lega (parlando con decenza) non avrebbero esitato in tutti questi anni a presentarsi per chiedere conto a questi abusivi irregolari e magari terroristi, della loro presenza. E di citofoni in quel palazzo ne manca più di uno. Ma di questo ne parleremo la prossima volta.
Va comunque detto che quel bar stava al CAFFÈ LETTERARIO, così come il generale VANNACCI sta all’emancipazione della specie.









