“Basta cultura della legalità”: l’omelia shock del prete calabrese alla kermesse di Forza Italia
di Alessia Candito
Fonte: Repubblica
Che don Nuccio Cannizzaro avesse una certa affinità con il centrodestra calabrese, e non solo, lo hanno raccontato molto bene le intercettazioni depositate agli atti del processo che anni fa ha dovuto affrontare per una falsa testimonianza utile a coprire un boss, finito poi con un’assoluzione. Ma in pochi, neanche i suoi anfitrioni di Forza Italia, probabilmente si aspettavano che l’omelia celebrata in apertura della terza giornata di lavori degli Stati generali del Sud del partito si trasformasse in un’intemerata contro “la cultura della legalità che tanti danni ha fatto”.
Parole quasi testuali, al netto della sintesi riportata dai partecipanti alla messa che ha aperto l’ultima giornata calabrese. A differenza dei panel in programma nei tre giorni di kermesse, arrivata all’indomani del clamoroso annuncio delle dimissioni del governatore Roberto Occhiuto, la funzione religiosa è stata un evento privatissimo e vietato alle telecamere. E probabilmente adesso c’è chi accende ceri per la scelta di una “funzione a porte chiuse”.
Certo, don Nuccio Cannizzaro con i magistrati ha probabilmente il dente avvelenato e non c’è evangelico precetto del perdono che cancelli l’irritazione per quell’inchiesta che ha fatto scendere di parecchio le sue quotazioni nelle gerarchie ecclesiastiche. Ma nessuno si aspettava che un parroco, in terra di ‘ndrangheta, si mettesse a predicare dal pulpito che “Gesù è stato il primo ad andare contro la rigida legge ebraica, bisogna ripristinare l’immunità parlamentare, il potere scelto con il voto dagli italiani deve avere la supremazia, solo così si può far volare in alto il Paese”.
Parole considerate un po’ troppo estreme, persino fra i fan della riforma della giustizia e della separazione delle carriere su cui anche oggi si è dibattuto. E c’è chi racconta che quando il sacerdote ha tuonato “basta con la cultura della legalità che tanti danni ha fatto” più di uno, soprattutto fra le prime file, dove c’erano Tajani e lo stato maggiore del partito, sembrava sperare di essere inghiottito dalla sedia. Idem sul passaggio “la politica deve prevalere sugli altri poteri”.
Ai local però, l’infuocata omelia di don Nuccio non ha stupito più di tanto. Le sue chiacchierate intercettate e depositate agli atti del processo che lo ha visto imputato già avevano permesso a tutta la città di inquadrare il personaggio. “Non possiamo mutuare dalla magistratura i mezzi, loro non possono imporci il loro stile. Io il mafioso lo devo avvicinare, perché io devo fare un lavoro pastorale. Voi non potete imporci lo stile pastorale-poliziesco, non è possibile”, lo hanno ascoltato dire durante quell’inchiesta i carabinieri. Senza stupirsi troppo però. Perché a fare i chierichetti il sacerdote aveva figli e nipoti di boss, predicava che “con un mafioso bisogna avere un linguaggio mafioso” e non si è fatto mai troppi scrupoli.
All’inizio degli anni Duemila, non esitava a bussare (intercettato) all’allora assessore comunale di turno per richieste di ogni genere, incluso spianare una casa abitata da un’anziana nei pressi della sua chiesa perché “vuole il piazzale di S. Pietro”. Copyright Peppe Scopelliti, l’allora sindaco di Reggio Calabria poi finito in galera con una condanna definitiva per aver taroccato il bilancio del Comune.
A don Nuccio, quanto meno a livello processuale, è andata meglio che all’ex primo cittadino di Reggio e governatore della Calabria. L’inchiesta che lo ha travolto si è chiusa con un’assoluzione, al termine di un iter costellato da inspiegabili ritardi che ha portato alla celebrazione del processo d’appello con più di dieci anni di ritardo. Per alcuni fedeli però c’è un’intercettazione che non cade in prescrizione: “A noi preti – pontificava il sacerdote nella sua Mercedes zeppa di cimici – ci dovrebbero autorizzare almeno una volta nella vita a mettere incinta una donna per vedere che effetto che fa”….









