Pagliaccio azzurro (1978)
Correva l’anno 1978 quando una sfuggente Anna Oxa, dismessi i panni dark, investiva sul suo futuro canoro puntando le sue fiches sulla possibilità di rinunciare alle maschere per mostrarsi più autentica, meno insicura, continuando a infondere profondità nei messaggi celati dentro ai testi delle canzoni.
Un testo che ritorna attuale se lo si sovrappone alla sovraesposizione mediatica di una classe politica costantemente impegnata a ricercare consenso senza badare alle conseguenze di una comunicazione ballerina che, spregiudicatamente votata alla narrazione, finisce per sconfessare quanto declinato appena pochi istanti prima nelle forme e nelle modalità tristemente note agli aficionados delle bacheche social.
È la sindrome del bradipo di un noto cartoon cinematografico, dove il simpatico personaggio caratterizzato da una insana voglia di fare, finisce per imbarcarsi in imprese titaniche che egli stesso semplifica nella frase “sto bene, sto bene, sto per morire…”.
Ma è anche il Papeete al contrario, nel caso di un depositario di pieni poteri che preso dal panico rovescia il tavolo da gioco semplicemente perché vuole continuare a distribuire le carte a suo piacimento e con l’avallo degli altri giocatori, privati della possibilità di impossessarsi della posta in gioco.
Una Penelope alla ‘nduja che fa e disfa nel volgere di un reel, un post, un’intervista apparecchiata.
Un’isola delle tentazioni in salsa calabra dove mettere alla prova la fedeltà dei compagni di viaggio, per verificare le reali intenzioni di proseguire nel rapporto o prendere strade diverse.
Sullo sfondo la Calabria che arranca: bella ma non balla. Consumata dai desiderata romanocentrici, terra di conquista di paracadutisti elettorali, europarlamentari dediti alla pesca di consensi a strascico, vittima sacrificale dei tagli destinati a finanziare misure derivanti dai capricci europei e d’oltreoceano.
La Calabria con il mare da bere, le bandiere blu e i depuratori che funzionano. Meta preferita di turisti provenienti da ogni dove, persino inventati per accedere agli incentivi destinati alla promozione turistica.
La Calabria dell’ingegnerizzazione della rete idrica, della distribuzione dell’acqua calendarizzata, del crocifisso spogliato per vestirne un altro.
La Calabria delle ambulanze che, come il treno dei desideri, vanno all’incontrario, disertando le emergenze e popolando campi incolti di periferia come fossero tanti papaveri bianchi e rossi. La Calabria che, come Anna Oxa nel 1978, attende di conoscere la vera identità del Pagliaccio azzurro…
Giuseppe Donato









