L’ultimo desiderio del frate ultrà: tornare a dire messa. Cosenza si mobilita e il vescovo accetta

di Andrea Gualtieri

Fonte: Repubblica (https://www.repubblica.it/cronaca/2025/08/05/news/padre_fedele_bisceglia_frate_ultra_celebrazione_messa-424773569/)

“Appena ne avrà le forze padre Fedele potrà tornare a celebrare messa in pubblico, avrà il mio permesso”, dice a Repubblica il vescovo di Cosenza, Giovanni Checchinato. È l’annuncio che invocava una città intera. È soprattutto l’ultimo desiderio del frate ultrà, conosciuto in tutta Italia per le sue immagini allo stadio, tra i tifosi, con il saio e la sciarpa rossoblù. A 87 anni, padre Fedele Bisceglia si sta spegnendo. È passato attraverso un lungo e doloroso processo per violenza sessuale ai danni di una suora: è stato assolto, ma ha dovuto rinunciare all’abito da cappuccino perché non ha accettato il trasferimento imposto dai superiori all’epoca della denuncia. E ha dovuto cedere il controllo dell’Oasi francescana, la sua creatura prediletta dove ogni giorno i supporter del Cosenza lo aiutavano a servire il pranzo per i bisognosi.

Non si è arreso, però, padre Fedele. “Vergognatevi e pentitevi, sono innocente e Dio mi darà ragione”, ha gridato davanti alle telecamere mentre la suora che lo aveva incolpato entrava in tribunale accompagnata dalle sue consorelle. Intanto ha fondato un nuovo centro di accoglienza in città e l’ha battezzato il “paradiso dei poveri”. Ha ripreso a viaggiare per l’Africa per distribuire gli aiuti raccolti con le collette. Sempre accompagnato dagli ultrà: “Tifo sì, violenza no”, ha insegnato loro sin da quando la domenica celebrava messa con i giocatori per poi salire sugli spalti della curva sud e cantare a squarciagola. Una figura quasi iconica nel mondo del tifo organizzato: già nel 1985, pochi mesi dopo la tragedia dell’Heysel, era riuscito a trovare gli sponsor per organizzare sulla costa tirrenica calabrese il primo raduno degli ultrà di tutta Italia, tre giorni rimasti nell’immaginario collettivo.

“Ho due sogni: vedere il Cosenza in serie A e morire tra i lebbrosi”, ha sempre ripetuto il frate. Dopo lo scandalo e l’arresto si è aggiunto un altro cruccio per lui, la definisce una “tragedia spirituale”: tornare a celebrare messa in pubblico. Gli è stato proibito prima per la gravità delle accuse che gli venivano rivolte e poi, chiarita la vicenda giudiziaria, per un incredibile incastro ecclesiastico: lasciato l’ordine dei cappuccini, padre Fedele non è mai stato incardinato in una diocesi, quindi è rimasto prete ma gli è impedito il ministero tra la gente. Proprio lui che, nel 1989, ha guidato la preghiera di una folla immensa e stordita nei funerali di Denis Bergamini: il frate, davanti alla morte del suo amico calciatore, fu uno dei più convinti nel gridare che non poteva trattarsi di suicidio. A distanza di troppo tempo, anche in questo caso una sentenza gli ha dato ragione.

Da anni padre Fedele chiede di tornare alla pienezza del suo sacerdozio: ormai ne sono passati diciannove dall’arresto e dieci dall’assoluzione definitiva. Negli ultimi giorni, quando le sue condizioni di salute si sono aggravate e lo hanno costretto in ospedale, si è mobilitata un’intera provincia. Raccolte di firme, petizioni, appelli alla curia diocesana e al Vaticano.

Proprio nella Santa Sede, secondo quanto si apprende, si è bloccato l’iter dopo che già ai tempi di Benedetto XVI era stato concesso almeno di celebrare i sacramenti in forma privata. Manca ancora un nulla osta per l’incardinamento in diocesi, ma il vescovo Checchinato è determinato a risolvere la vicenda. Rivela di essere in contatto con i frati cappuccini e ieri sera è tornato a trovare padre Fedele in ospedale: “Abbiamo pregato insieme, è piuttosto debole ma siamo riusciti a recitare una parte del Rosario. Mi piacerebbe celebrare messa insieme a lui”. E se il frate riuscirà a superare questo momento difficile ci sarà anche il via libera alla celebrazione in pubblico: “Sono pronto a firmare”, assicura Checchinato.