Calabria, assalto alla Cittadella. La storia della “tangente” pagata dalla Lucania e soffiata da Robertino a Posteraro

Che gli Occhiuto abbiano sempre usato la politica e le istituzioni come bancomat per far fronte alla montagna di debiti prodotti – soprattutto da Mario: 18 società fallite, circa 30 milioni di euro di debiti e una condanna in appello a 3 anni e 6 mesi di reclusione per bancarotta fraudolenta — dalle loro improbabili azioni imprenditoriali, per lo più finalizzate alla truffa, a noi che lo scriviamo da anni, non ce lo doveva venire a dire Paolo Posteraro.

Ma ora che lo dice anche lui, che non potrebbe certo definirsi un odiatore, visto che con Roberto ci faceva affari, anche i più lecchini, i più servili, i più refrattari alla verità dovranno ricredersi sulla vera natura dei fratelli Occhiuto: bancarottieri e truffatori seriali. Ciò che spacciano in pubblico non corrisponde neanche all’un per cento della realtà che vivono dietro le quinte, fatta di intrallazzi, corruzione, traffici, armeggi, il tutto sempre a danno dei calabresi. Che chissà per quale strano fenomeno continuano a votarli.

Gli Occhiuto sono “scesi” in politica solo per trovare soluzioni ai loro problemi personali, per lo più prodotti dalle velleità professionali di Mario che per anni si è creduto un’archistar, intrallazzando con pezzotti di ogni ordine e calibro. Senza la poltrona, i due sarebbero finiti in galera già da un pezzo. Con l’arte nobile della politica i fratelli Occhiuto non c’entrano niente. Questo non lo può più negare nessuno. Neanche i servi schiocchi. E a questo punto della vicenda giudiziaria che coinvolge Roberto Occhiuto, proprio in virtù di quello che dice Posteraro, non ci sarebbe neanche più bisogno di attendere un processo per accertare questa verità. Chi è Roberto Occhiuto — insieme al fratello Mario personaggi privi di qualità morali ed etiche — lo dice, stando a Posteraro, anche la compagna. Che, come Posteraro, non potrebbe essere annoverata tra gli odiatori. Ma veniamo ai fatti.

Siamo sul finire di novembre del 2024, Gratteri ha già lasciato da un anno la procura di Catanzaro e Curcio, di lì a pochi giorni, sarà nominato dal Csm suo sostituto. Qualcuno, subito dopo la partenza di Gratteri per Napoli, ha rispolverato il fascicolo imboscato dal 2021 dallo stesso sull’azienda vitivinicola “Tenuta del Castello” e ha sguinzagliato i finanzieri sulle tracce della banda capeggiata da Occhiuto. Hanno piazzato microspie dappertutto: nell’ufficio del presidente della Regione Roberto Occhiuto, nei telefoni e nei luoghi frequentati da Paolo Posteraro, Ernesto Ferraro e Valentina Cavaliere, indagati nel procedimento aperto sui traffici della Tenuta dalla procura di Catanzaro.

Ascoltano tutto quello che dicono, annotano chi chiamano, con chi si vedono e cosa fanno. Ogni loro mossa è controllata. La banda, a quel tempo, si sente ancora sicura, forte delle coperture politiche e giudiziarie di cui godono gli Occhiuto, e parla a ruota libera. Si sentono intoccabili. Non sanno ancora che “la musica è cambiata” e che il fuoco amico — Fratelli d’Italia in testa e pezzi importanti di Forza Italia e di altri alleati — stanchi del continuo saccheggio di Roberto di ogni risorsa disponibile e di essere esclusi dagli intrallazzi, si sono attrezzati per metterlo in castagna. Non sanno che il vecchio fascicolo datato 2021 sugli intrallazzi della “Tenuta del Castello”, imboscato da Gratteri, è di nuovo spuntato fuori. Ed è proprio in una delle tante conversazioni intercettate che Posteraro svela la vera natura di Roberto Occhiuto. E soprattutto spiega il vero ruolo di Roberto alla presidenza della Regione: arraffare più denaro possibile, e che dei problemi dei calabresi non gliene frega niente.

Paolo Posteraro è intercettato mentre si sfoga con una sua interlocutrice (probabilmente la moglie) e, guarda caso, l’argomento in questione è proprio Roberto Occhiuto. Posteraro racconta di non farcela più a sostenere le continue richieste di denaro da parte di Roberto Occhiuto. È incazzato nero: l’affare promesso da Roberto a Posteraro, ovvero l’acquisto della “Tenuta del Castello”, si è rivelato una sola. A parte qualche intrallazzo con i fondi europei e ministeriali, altro Robertino non è riuscito a fare. E l’azienda naviga già da subito in cattive acque. Posteraro si lamenta di aver investito più di 350 mila euro nell’azienda e di essersi accollato i costi per l’acquisto, e che Roberto Occhiuto è solo un socio fittizio o simulato se preferite: non ha sborsato un euro.

La sua presenza nella società è il frutto di un accordo tra i due: Posteraro mette i soldi, Occhiuto lo ripaga con incarichi per 500 mila euro e i proventi degli intrallazzi divisi. Ma l’azienda non decolla e i debiti si accumulano. Roberto non riesce a portare a termine gli intrallazzi che ha in mente per la Tenuta, e questo perché pezzi importanti della sua maggioranza iniziano a mugugnare: non accettano più che Roberto abbia le mani in pasta dappertutto. Deve fare attenzione a come si muove: ha già ricevuto messaggi che lo invitano a rivedere il suo “comportamento” nei riguardi degli amici. E così decide di abbandonare al suo destino Posteraro, non può più esporsi, e deve chiudere subito la questione. Ma pretende, per la sua uscita dalla società, una tangente, da elargire sotto forma di pagamento di quote societarie.

Posteraro proprio non ci sta e dice di aver già dato a Roberto 300 mila euro, di cui 100 mila negli ultimi tre mesi. Per questo ha litigato con lui di “mala morte”. A questo punto racconta alla sua interlocutrice di aver riferito tutto anche alla compagna di Roberto Occhiuto, Matilde Siracusano, deputata di Forza Italia e sottosegretaria ai Rapporti col Parlamento, di cui lui è segretario. Racconta di aver incontrato la sottosegretaria per offrirle le dimissioni, subito dopo la richiesta di Roberto di uscire dalla loro società e le successive tensioni. Un modo per mostrare il suo disappunto verso Roberto per averlo abbandonato al suo destino, proprio nel momento in cui i guai iniziano a esplodere, e per introdurre, con la Siracusano, l’argomento delle continue richieste di denaro da parte di Roberto.

Posteraro racconta che, quando disse alla Siracusano di aver versato già 300 mila euro a Roberto, la stessa ebbe una reazione stizzita, tanto da fargli credere che quella sua confessione avrebbe avuto ripercussioni pesanti su Roberto, anche di natura fisica. Dice testualmente: “Era con gli occhi di fuori… mo’ lo scotenna perché lei è tosta”. E aggiunge: “Eh? A me non ha mai detto nulla!”. Una espressione che lascia immaginare la consapevolezza della Siracusano degli intrallazzi del marito con Posteraro. E continua dicendo che questa non è una novità per lei: “Abbiamo avuto discussioni sui soldini… Roberto non ha mai contribuito alle spese familiari per assenti problemi di disponibilità”. Non ha mai un euro in tasca. Lo dice la compagna. Anche se c’è da chiedersi come sia possibile che uno che ha appena incassato 300 mila euro di tangente non abbia un euro in tasca. Presto detto: i debiti non finiscono mai. Lo sfogo di Posteraro va oltre. Racconta che Occhiuto ha trovato, affidando l’incarico alla sua ex consulente Valentina Cavaliere, un imprenditore disposto a rilevare le sue quote nella società: si chiama Renato Vito Bocca, imprenditore lucano nel settore della logistica connessa all’estrazione petrolifera, amico del presidente della Regione Basilicata Vito Bardi, anch’egli forzista e vecchio sodale di Roberto. Un favore tra amici di cordata.

È qui che la rabbia di Posteraro esplode. Dopo aver versato 300 mila euro a Occhiuto, 350 mila euro di investimento e avere acquistato la Tenuta dalla famiglia Solano di Montegiordano, ora si vede sfilare anche una parte della tangente promessa e probabilmente versata da Boccia, sempre a vantaggio di Roberto. Lui è l’unico a rimetterci. L’acquisto della Tenuta da parte dell’imprenditore lucano, in realtà, si risolve solo con il versamento della tangente, sotto forma di acquisto di quote societarie ma soprattutto di pagamento dei… debiti a Roberto Occhiuto da parte di Bocca, per gentile intercessione degli amici degli amici lucani. Parliamo di 400 mila euro che il “pollo” ha sganciato per evitare di “toccare” la fideiussione di Occhiuto: lo capiscono anche i bambini che Bocca non ha inteso procedere contro il parassita. 

Denaro che spettava a Posteraro, ma che Roberto, come è costume dei fratelli Occhiuto, gli sottrae. La fine che fanno tutti i soci dei fratelli Occhiuto: “vrusciati”. Posteraro è talmente esasperato che confida all’interlocutrice di aver detto alla Siracusano che farà saltare la trattativa con Bocca, e poco gli importa se per questo “voleranno schiaffi”. Ma è alla fine di questa conversazione che Posteraro descrive al meglio la vera essenza di Roberto Occhiuto. La sua determinazione nel far saltare la trattativa dura poco: sa che non può far niente contro Roberto, molti dei suoi introiti dipendono dagli incarichi che gli affida, l’unica possibilità di Posteraro per recuperare qualcosa. E deve fare buon viso a cattivo gioco. Non può certo denunciare Roberto. E allora conclude dicendo alla sua interlocutrice che è costretto a considerare tutto questo come una sorta di investimento per il futuro e che, in fin dei conti, vista la pericolosità dei fratelli Occhiuto, “è meglio averlo come amico che come nemico”. Una frase che si pronuncia generalmente nei confronti di mafiosi e potenti massoni: categorie con le quali nessuno, onesto, vuole avere a che fare. E che nessuno vuole mettersi contro. È questa la considerazione che ha Posteraro di Roberto Occhiuto: lo vede come un pericoloso boss che potrebbe fargli del male come e quando vuole. meglio assecondarlo.

Ora, diteci se questo è un politico o semplicemente un truffatore in giacca e cravatta. Tenendo presente, però, che a definirlo un truffatore in giacca e cravatta, questa volta, non siamo noi, ma il suo socio in affari loschi Paolo Posteraro e persino la compagna Matilde Siracusano, che da oggi entrano ufficialmente — e per meriti — nella lista degli odiatori e degli sciacalli (forse anche in quella dei… gufi), aggiungendosi a Ernesto Ferraro, il primo della banda a prendere la via dello “sciacallaggio”. Sempre senza offesa per gli sciacalli…