PSC APPROVATO, CROTONE INCATENATA AL DISTRETTO ENERGETICO: LA CITTÀ CHE SI PROGETTA ALTROVE
Fonte: U’Ruccularu
Giovedì 8 Agosto, in un momento di pausa tra un concertino e l’altro, il Consiglio Comunale ha approvato il nuovo Piano Strutturale Comunale (PSC), il documento che sostituisce il vecchio piano regolatore e che, almeno sulla carta, dovrebbe disegnare lo sviluppo urbano della città per i prossimi decenni.
Un atto che in qualunque altra città rappresenterebbe il momento della visione, della scelta politica, della pianificazione consapevole e della partecipazione pubblica. Ma qui a Crotone, dove le decisioni strategiche arrivano sempre con buste chiuse da Catanzaro, Roma o Milano, il PSC rischia di essere poco più che una cartina di tornasole del potere altrui.
IL PSC E IL DISTRETTO ENERGETICO: UN MATRIMONIO NON DICHIARATO
Negli ultimi vent’anni Crotone ha cambiato pelle senza mai dichiararlo ufficialmente. Non più città industriale in senso classico, non ancora polo turistico, e di certo non città “verde” come qualcuno ama raccontare. La verità, guardando il quadro complessivo, è che stiamo diventando un distretto energetico e di smaltimento a cielo aperto.
Il nuovo PSC si muove su un crinale ambiguo: da un lato parla di “valorizzazione della fascia costiera” e di “rilancio turistico”, dall’altro non mette alcun vincolo serio all’espansione o alla permanenza di impianti che nulla hanno a che vedere con quel modello di sviluppo.
E così, nello stesso territorio, continueranno a convivere:
Il termovalorizzatore A2A di Passovecchio, con la prospettiva di aumentare la capacità di trattamento dei rifiuti, viste anche le nuove acquisizioni di diversi capannoni in favore della multinazionale.
La discarica di Sovreco, il buco nero dove finisce mezza Italia industriale, che si prepara ad essere ampliata per ricevere parte dei rifiuti di Pertusola.
La centrale a turbogas di Scandale, pronta a bruciare metano in qualsiasi stagione.
Il progetto di rigassificatore Ionio Fuel al porto, che trasformerebbe lo scalo in un terminal LNG.
Le biomasse di Ponticelli, ufficialmente “rinnovabili” ma con filiere legnose di dubbia trasparenza.
I bacini idrici silani sotto gestione A2A, che alternano l’irrigazione delle colture pregiate all’alimentazione delle turbine.
IL RISCHIO DI UN PSC “PASSIVO”
Un piano regolatore dovrebbe essere lo strumento con cui una comunità decide il proprio destino, bilanciando interessi economici, ambientali e sociali.
Ma qui il PSC rischia di essere passivo: invece di indicare dove si vuole andare, si limita a prendere atto di ciò che già è, e di ciò che altri hanno deciso che saremo.
E in questo “già scritto” non c’è la Crotone delle cartoline turistiche, ma una Crotone-infrastruttura, funzionale alle esigenze energetiche, industriali e logistiche di soggetti esterni: multinazionali, partecipate pubbliche regionali, conglomerati privati e stato.
La domanda è semplice: chi governerà davvero lo sviluppo urbano? Il Consiglio Comunale che oggi ha votato il PSC, o i consigli d’amministrazione di A2A, Ionio Fuel, Eni e delle holding energetiche?
UN FUTURO DI SERVITÙ ENERGETICA
Con il PSC approvato oggi, si rafforza la sensazione che Crotone non stia progettando se stessa, ma che stia adattando le proprie mappe alle esigenze di altri.
La zona industriale, ancora segnata dai veleni della Pertusola, non è al centro di un piano di bonifica e riconversione a uso produttivo leggero o culturale, ma rimane un potenziale deposito per nuove filiere energetiche e di smaltimento. Il porto, anziché diventare hub turistico e crocieristico, rischia di essere vincolato alle logiche del gas liquido e del traffico merci industriale.
Persino l’acqua – risorsa vitale e volano per l’agricoltura – è già “integrata” nella logica energetica, con i bacini silani che rispondono prima alle turbine che alle campagne assetate.
IL PSC COME FOGLIO FIRMATO IN BIANCO
Oggi il PSC è stato presentato come il passo decisivo per “proiettare Crotone nel futuro”.
Ma il rischio concreto è che questo futuro non sia scritto in riva al nostro mare, bensì in uffici lontani, dove Crotone è un punto sulla mappa, un nodo di rete, una piattaforma di servizio.
Perché mentre si discute di “destinazioni d’uso”, la vera destinazione sembra già fissata: distretto energetico e di smaltimento del Sud Italia. Un modello che produce ricchezza, sì, ma altrove. Qui restano le ricadute ambientali, qualche compensazione economica e l’illusione che “sviluppo” significhi semplicemente avere più fumi in aria e più tir in porto.
In fondo, il PSC appena approvato assomiglia a una lettera di intenti. Peccato che gli intenti non siano i quelli dei Crotonesi Anzi: L’amara sensazione è che Crotone sia stata scelta come territorio sacrificabile. Un’area già isolata da decenni, senza autostrade, senza linee ferroviarie degne di questo nome, lontana dai grandi corridoi infrastrutturali, e per questo perfetta per diventare la piattaforma energetica del Sud.
Un’area da blindare nel proprio isolamento per poterla trasformare senza troppe opposizioni in un mosaico di centrali, rigassificatori, termovalorizzatori, impianti a biomassa e poli di smaltimento.
Non è un caso che questo disegno coincida con la strategia del governo nazionale: perseguire l’indipendenza energetica italiana sacrificando pezzi di territorio, in nome della cosiddetta “reindustrializzazione energetica”, per compensare il diktat europeo e statunitense di rinunciare al gas russo.
In altre parole, Crotone non viene vista come una comunità da far crescere(come raccontato dalla propaganda dell’ENI che gestisce in tutto e per tutto la comunicazione e l’agenda politica dell’attuale sindaco), ma come una zona franca da consumare, il prezzo da pagare per l’autosufficienza energetica di un Paese che continua a decidere altrove il destino delle sue periferie, Sacrificando oltre al territorio e le risorse naturali e paesaggistiche, anche la popolazione locale.









