Calabria 2025. Quando la nave (di Robertino) affonda, i Perri scappano

Roberto Occhiuto correrà di nuovo, e questo è certo. Meno certo è chi, tra quelli che oggi gli battono le mani, sarà ancora al suo fianco domani: ormai si tratta solo di contare quanti lo stanno mollando e con quale velocità. È il classico scenario da fine impero: quando la nave affonda, i topi scappano. E, nel caso di Robertino, i topi sono quelli che fino a ieri facevano parte del suo cerchio magico. Gli amici, i sodali, i complici. Quelli che lui ha usato e che lo hanno usato.

Dalle intercettazioni che stanno emergendo, il quadro è impietoso: lo ha mollato subito Ernesto Ferraro, quello che, tramite il suo avvocato — figlio del sottosegretario Sisto — ha fatto arrivare le “carte” dritte nella redazione del Domani. Lo ha mollato Paolo Posteraro, che lo definisce “assetato di denaro”. Lo ha mollato la compagna Matilde Siracusano, che lo descrive come “uno spiantato senza un euro” e “solito far sparire il denaro”.

Lo ha definito “mafioso” la moglie di Posteraro, magistrato della Corte dei Conti. Lo hanno mollato i dirigenti regionali che, dopo aver firmato più di 4000 atti, hanno deciso di non firmare più. Lo hanno mollato le banche e il suo direttore di fiducia, segnalando i suoi movimenti bancari all’anticorruzione di Bankitalia. Lo hanno mollato quasi tutte le teste di legno messe a capo delle tante società fittizie. Lo hanno mollato i tanti magistrati che, in questi ultimi 30 anni, hanno permesso ai fratelli Occhiuto di truffare stato e cittadini impunemente. Lo hanno mollato molti pennivendoli (ancora non tutti) al suo servizio. E, ovviamente, lo ha mollato quasi tutta Forza Italia, e non parliamo di Fratelli d’Italia, alla testa del fuoco amico, che ormai lo tiene a distanza di sicurezza.

Dei fratelli Occhiuto non ne può più nessuno. Chiunque abbia avuto a che fare con loro, alla fine, è rimasto bruciato: amici, nemici, conoscenti e parenti. La lista dei truffati dai fratelli Occhiuto è lunga. A cominciare dai calabresi. E sono davvero poche, oramai, le persone che gli restano fedeli. I più ancora legati a lui lo sono per questioni economiche: tipo recuperare denaro prestato ai fratelli Occhiuto e finito chissà dove. Oltre, ovviamente, alla misera pletora di analfabeti funzionali che definiscono persino fake news le intercettazioni in cui la figura di Roberto Occhiuto è definita per quello che è, ovvero un truffatore, e da persone a lui vicine per affetto e per affari (loschi). E questi, a differenza del suo cerchio magico, lo fanno gratis.

Con le dimissioni, le nuove incerte elezioni, le indagini e il sistema che scricchiola, in tanti del suo cerchio magico hanno fiutato l’aria di malaparata che tira e, come succede sempre quando la nave inizia ad affondare, i topi iniziano a scappare. E tra i tanti che hanno deciso di abbandonare la nave c’è chi ha contribuito, e non poco, a costruire gli intrallazzi per gli Occhiuto. Questa volta non un politico, non un imprenditore, ma il “Signore dei Consorzi”: Giuseppe Perri, che, fiutata l’aria di guai, ha deciso di mollare Roberto Occhiuto per trovare nuove sponde e continuare a fare la bella vita costruita sui fondi pubblici.

Giuseppe Perri, agronomo, in vent’anni di carriera al servizio del sistema, ha messo le mani su tutti i più importanti marchi dell’agroalimentare calabrese e i consorzi: fico DOP, olio IGP, vino Bivongi DOC, limone di Rocca Imperiale, liquirizia, torrone. Un impero che vale milioni in fondi pubblici: PNRR, PSR, OCM Vino, campagne ministeriali, progetti europei e regionali. L’uomo giusto per mettere le mani su un’importante filiera di intrallazzi. Si sa che gli Occhiuto hanno sempre preteso di mettere uomini fidati nei punti chiave. E Giuseppe Perri è stato uno di questi: il loro tecnico di riferimento, imposto dentro il milionario giro del marketing istituzionale della Regione Calabria. Perri ha lavorato da braccio operativo di Occhiuto per garantire peso tecnico, aprire canali di finanziamento e tenere la filiera agroalimentare sotto il controllo politico del presidente. Un’operazione che non è andata giù a chi, da tempo, controlla questa lucrosa filiera del marketing.

Perri controlla tutto questo. E così facendo è diventato il garante tecnico del sistema. L’uomo da cui bisogna passare per avere accesso alla torta. La persona con i giusti agganci, proprio con quei dirigenti che oggi non vogliono più firmare niente. Perri è ovunque ci siano fondi. Ma non si espone mai. Non firma le società, ma firma i progetti. Non incassa direttamente, ma fa incassare. È l’uomo che scrive, assembla, giustifica, sistema, integra e fa arrivare i pagamenti. E soprattutto garantisce. Garantisce che il progetto “passa”, che il finanziamento viene approvato, che la rendicontazione regge. In cambio, ovviamente, pretende la sua quota di potere e influenza e, con lui, tutto il suo sistema. È questa capacità che lo rende indispensabile al sistema, ed è per questo che Roberto Occhiuto lo arruola nelle sue file, nominandolo direttore generale della Tenuta del Castello, oggi al centro dell’inchiesta condotta dalla procura di Catanzaro, nella quale è indagato Roberto Occhiuto.

La Tenuta del Castello era ufficialmente un’azienda agricola, in realtà era il bancomat di Roberto Occhiuto, finanziata da Posteraro in cambio di incarichi per oltre 500 mila euro. Ed era proprio Giuseppe Perri che organizzava, per conto di Roberto Occhiuto, le truffe usando la società agricola come paravento. Robertino, come dice anche la “compagna”, ha sempre bisogno di denaro e Perri non aveva perso tempo a confezionare la truffa del progetto TRACE-WINDU per la tracciabilità digitale del vino, finanziato dalla Commissione Europea, facendo ottenere alla Tenuta un finanziamento di 300 mila euro. La Tenuta incassava una prima tranche di 58.050 euro (le altre tranche sono state bloccate dall’inchiesta) che, secondo gli investigatori, finisce spartita tra soci, senza alcuna ricerca o QR code sviluppato. Il solito progetto fittizio, dove si incassa senza produrre niente. La specialità di Perri.

Robertino era contento di lui, e poi funzionava: con il presidente del Consorzio Olio Calabria a firmare relazioni e progetti, le domande per i bandi europei e regionali diventavano inattaccabili sul piano formale. E Perri, spronato da Roberto Occhiuto, metteva a segno un secondo colpo: il bando PSR – OCM Vino – Misura Investimenti, contributo del 50% a fronte di spese reali. Faceva ottenere alla Tenuta 44.625 euro senza mai versare il cofinanziamento previsto e obbligatorio e senza effettuare i lavori previsti. Denaro che, ovviamente, finisce dritto nelle tasche di Robertino, non senza la solita lamentela di Posteraro, che di incassi ne vede poco.

Quelle di Perri sono capacità ideali per Roberto Occhiuto, talmente entusiasta del suo lavoro che decide di piazzarlo nella lobby che gestisce la quasi totalità del marketing promozionale della Regione Calabria e non solo. A gestire per conto della lobby trasversale il sistema, Davide Ziccarelli, che ha le sue società (Primacom, Illogica, Ideazione), presso il MEC (Mercato delle Eccellenze di Calabria) di Zumpano, una struttura di oltre 100 mq finanziata con fondi pubblici e occupata gratis. Ziccarelli aveva tutti gli agganci politici che servivano per muoversi con disinvoltura tra bandi chiusi, gare su invito e affidamenti diretti. È l’uomo dei progetti grafici, degli allestimenti, delle campagne stampa, dei siti, dei video, degli eventi. Il braccio imprenditoriale del circuito.

Quella che Ziccarelli guidava era una macchina macina soldi impressionante, ma era al servizio di un padrone diverso da Roberto Occhiuto e, per questo, all’inizio, non gli andava giù l’intrusione di Perri nei suoi affari. Ma non poteva fare altrimenti: era Robertino che lo voleva, e nessuno, in quel periodo, poteva dirgli di no. Ziccarelli e il suo padrone devono abbozzare, non senza, però, giurare vendetta. Una vendetta che sta maturando giorno per giorno, i cui effetti sono visibili a tutti, ma soprattutto a chi sta dentro il sistema. Il fuggi fuggi generale è la prova provata che la barca affonda. E Perri e Ziccarelli non vogliono trovarsi in mezzo al mare senza una scialuppa di salvataggio. E così stringono un’alleanza. Perri, che ha capito che Robertino non può più garantirgli la lussuosa vita a cui è abituato, lo molla e si schiera con il fuoco amico: i probabili vincitori di questa guerra tra clan politici.

Perri e Ziccarelli, un tempo concorrenti, ora fanno coppia. Per la gioia del fuoco amico, che sottrae un altro importante pezzo a Robertino. Anche se rimane ancora qualche pezzo importante agli Occhiuto: Carmine Potestio, per esempio, ma non solo. Perri oggi è al servizio di un altro padrone e gestisce la filiera operativa, mentre Ziccarelli continua a garantire la struttura tecnica. Insieme formano la centrale unica della promozione agroalimentare calabrese, che è ritornata in mano alla vecchia lobby, a cui Robertino aveva tentato di scipparla. Da lì transitano milioni. Tutto ciò che vedete in fiera — dallo stand alla brochure, dal video al gadget — passa da loro. Ma anche tutto quello che non vedete: le consulenze, i report, le missioni, gli “studi di settore”, le “azioni integrate”. Un mondo di carta costruito per rendicontare fondi. Un sistema che deve continuare a vivere. E non sarà certo Roberto Occhiuto a far crollare tutto questo.

Quando la nave affonda i Perri scappano, e con questo il segnale è chiaro e forte: il cuore tecnico del sistema comunicazione non batte più per Robertino. Quando se ne va chi conosce ogni ingranaggio, ogni trucco e ogni scorciatoia, la nave comincia davvero a imbarcare acqua. Perri è l’ennesimo topo che scappa, e che cerca — come gli altri — di ingraziarsi il nuovo padrone. E mentre i topi saltano giù dalla nave, Robertino resta sul ponte a fissare l’orizzonte. Finge di avere ancora la rotta in mano, ma la bussola è rotta e le vele sono a brandelli. E quando il mare deciderà di inghiottirlo, non ci sarà nessuno a tendergli una mano.