Calabria 2025. Occhiu’, ti ha scaricato pure il Ministero del Tesoro: niente più superpoteri sull’edilizia sanitaria

di Marco Palombi

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Il sistema di potere creato da Roberto Occhiuto in Calabria viene giù pezzo a pezzo: le sue dimissioni da presidente della Regione, seguite all’inchiesta che lo vede indagato per corruzione, e la ricandidatura alle elezioni di inizio ottobre hanno mascherato, almeno a livello mediatico, le sue difficoltà, che pure ci sono e sono enormi. Il terremoto calabrese, per dire, s’è sentito fino a Roma, spingendo lo stesso Ministero dell’Economia, dopo mesi di silenzio, a scaricare il vicesegretario di Forza Italia in una partita su cui il Nostro s’è giocato tutto il suo peso politico solo qualche mese fa: la nomina a commissario “modello Bertolaso” per l’edilizia sanitaria in Calabria, pieni poteri su un miliardo di euro (600 milioni dell’Inail e il resto di fondi statali) per costruire nuove strutture.

PER CAPIRE SERVE UN BREVE RIASSUNTO. Come il Fatto scrisse già a marzo, un decreto del governo Meloni aveva stabilito che in Calabria – solo lì e non in altre Regioni messe anche peggio (tipo la Sardegna) – serviva un commissario all’edilizia sanitaria, che poi era lo stesso Occhiuto, peraltro già commissario della sanità regionale nel suo complesso, evidentemente senza averne risolto i problemi. I suoi poteri – in deroga “a ogni disposizione vigente” – sono stati definiti sempre a marzo da una bizzarra ordinanza della Protezione civile, “sentito l’Inail” (ovvero il dg Marcello Fiori, ex dirigente di Forza Italia) e non concordata con alcun ministero.

Problema: oltre a riesumare il commissario “modello Bertolaso”, l’ordinanza mette le mani persino sull’organizzazione interna dell’Inail, prevedendo la creazione di due strutture dedicate all’operazione calabrese – una per gli investimenti e una per il centro protesico di Lamezia Terme – con tanto di assunzioni (52, tra cui due dirigenti generali) mettendo il tutto in carico al “bilancio dell’Istituto”, una fattispecie di copertura vietata alla Pubblica Amministrazione.

E qui veniamo al Tesoro. L’operazione calabrese aveva scatenato una faida dentro l’Inail: il Cda e in particolare il presidente Fabrizio D’Ascenzo, aveva scritto una letteraccia per contestare l’ordinanza Occhiuto, i suoi effetti sul bilancio Inail e la sua sostanziale illegittimità. Il Tesoro, che aveva imposto che il nuovo commissario non costasse un euro, ha fatto finta di nulla, lasciando di fatto la cosa nel cassetto per mesi.

A giugno, però, è diventata pubblica l’inchiesta, che ha finora solo sfiorato la sanità calabrese, cui sono seguite le dimissioni e la ricandidatura di Occhiuto, che però resta a tutt’oggi bi-commissario alla sanità. E’ questo il contesto in cui arriviamo all’8 agosto, quando la Ragioniera Generale dello Stato Daria Perrotta, finalmente si occupa della vicenda dando in sostanza ragione al Cda dell’Inail: “L’onerosità delle disposizioni” messe in capo all’Istituto (le assunzioni e l’integrazione del Centro protesico dell’Inail con la sanità regionale), paiono “in contrasto con la clausola di invarianza finanziaria” che lo stesso Mef aveva voluto nel decreto. Però, svicola Perrotta, noi l’ordinanza non l’abbiamo vista prima perché “non prevede il concerto di questo ministero”: parole bizzarre per il capo dei solitamente “occhiuti” guardiani dei conti pubblici…

In sostanza, il Tesoro dà ragione a chi vuole bloccare i superpoteri di Occhiuto sul miliardo dell’edilizia sanitaria, ma senza intervenire: sarebbe imbarazzante, d’altronde, visti i mesi di silenzio e – a quanto risulta al Fatto – i contatti preliminari alla stessa ordinanza tra il governatore forzista, il ministro Giorgetti e la stessa Ragioniera Generale dello Stato.

L’inchiesta però ha cambiato le carte in tavola e il Tesoro ha preferito mettere a verbale la sua timida opposizione. Magari è anche un segnale per Occhiuto, la cui autoricandidatura, eufemizzando, nel centrodestra romano non è piaciuta a tutti, a partire da Palazzo Chigi: Meloni e soci già s’immaginavano di mettere le mani sulla Calabria nel 2026 quando il governatore forzista, dopo un anno e mezzo di cottura al fuoco lento dell’inchiesta, avrebbe dovuto passare la mano. Il candidato c’era già: a giugno, quando la notizia dell’inchiesta sul governatore era già diffusa nei palazzi di Roma, al governo è entrato l’ex segretario della Cisl, il calabrese Luigi Sbarra…