Alla procura di Catanzaro anche stamattina si respira un’aria frenetica: c’è chi dice che si sta preparando una “contromossa” che risponda a quella di Occhiuto perché è chiaro che non potrà lasciargli passare le finte dimissioni e la ricandidatura. Non foss’altro perché è “pilotata” proprio da quegli “amici” che non vedono l’ora di fargli le scarpe per non dire altro. In ogni caso sarebbe solo questione di tempo, visto e considerato che il procuratore Curcio non fa certo parte di quella schiera di magistrati “politicizzati” contro i quali sbraita la Meloni, anzi… Il buon “Curcione” è un camerata doc lo sanno tutti.
La domanda che in molti si pongono ormai da qualche mese e in maniera sempre più serrata è la seguente: perché i dirigenti regionali non firmano la revoca del noleggio dell’ultima auto blu di Occhiuto, la AUDI A6 45 TDI 3.0 quattro ultra… Alimentazione Diesel, Potenza 245 CV, Cambio automatico? Un noleggio pacchianamente illegale, al pari del precedente per il Suv Land Rover, per il semplice motivo che Occhiuto riceveva già un contributo mensile di quasi 4 mila euro per le sue esigenze di “spostamenti” in auto. Di conseguenza, se questo noleggio è illegale e configura il reato di peculato occorre che qualcuno lo annulli. Anche se Occhiuto s’è dimesso. Eppure ci assicurano tutti che sul Burc (il Bollettino Ufficiale della Regione Calabria) la rievoca del noleggio non c’è. Forse è per questo che Occhiuto si lamenta dei burocrati “cattivi” che non fanno niente per salvargli il deretano?
Questa è una bella storia, non c’è che dire, anche perché non la racconta nessuno. Non c’è dubbio che vada rescisso il contratto con la Audi Zentrun ma la dirigente che l’ha firmato ovvero Edith Macrì evidentemente aspetta ordini dal dirigente generale del Dipartimento Economia e Finanze Filippo Di Cello e lui, a sua volta, aspetta comunicazione dal dimissionario Occhiuto, che prende ancora il contributo anche se si è dimesso… Per il semplice motivo che resta in carica per l’ordinaria amministrazione e quindi – se non arriva la revoca – starebbe ugualmente reiterano il reato anche se si è dimesso e rischia concretamente di beccarsi una misura cautelare.
A margine di tutto questo, è del tutto evidente che la dirigente Macrì se non ha una comunicazione ufficiale almeno dal capo di gabinetto Luciano Vigna, oppure dalla segretaria generale Eugenia Montilla, non si metterà mai sotto.. scopa revocando di sua iniziativa il contratto perché altrimenti si autoaccuserebbe e non sarebbe proprio il caso…
E per dirla tutta, la signora Macrì sarebbe anche recidiva, visto e considerato che ha avuto già guai giudiziari nel 2014 per una vicenda molto particolare, della quale si trova ancora traccia sul web in un articolo di Giuseppe Baldessarro su Repubblica.
Vibo Valentia, truffa allo Stato: 9 arresti, indagati ex presidenti Provincia, sindaci e funzionari
di GIUSEPPE BALDESSARRO
Da una parte facevano lavorare dipendenti che risultavano in cassa Integrazione e dall’altra riuscivano ottenere incentivi pubblici per il mantenimento dei livelli occupazionali. Doppi contributi per lo stesso personale che così alle aziende non costava nulla.
E’ una truffa da 8 milioni di euro quella scoperta dalla Procura della Repubblica di Vibo Valentina che stamattina ha fatto arrestare nove persone (tre delle quali ai domiciliari), notificando altri 13 avvisi di garanzia. Tra loro i vertici dell’azienda Eurocoop, diversi funzionari e dirigenti sia della Regione Calabria che della Provincia di Vibo, e non ultimo, un gruppo di ex amministratori locali.
Un terremoto che ha portato gli uomini della Comando provinciale della Guardia di Finanza a bussare alla porta di Ottavio Bruni e Francesco De Nisi entrambi ex presidenti della Provincia di Vibo Valentia, di Francesco Sammarco, ex sindaco del capoluogo, e di Raffaele Liacono anche lui ex sindaco, ma di Serra San Bruno. Per loro un avviso di garanzia che fa il paio con le contestazioni notificate ad esponenti di vertice della burocrazia regionale e provinciale.
Nella rete degli investigatori delle fiamme gialle sono infatti finiti Bruno Calvetta, direttore generale del dipartimento Lavoro della Regione Calabria (indagato), il suo vicario Concettina Digesu (arrestata), la funzionaria Elisa Mannucci (domiciliari). Nel mirino anche alcuni funzionari regionali preposti ai controlli come Michele Franco Antonio e Luciano Salvatore Zappulla. Guai grossi anche per Antonio Vinci, dirigente della Provincia arrestato, per un’altra dirigente dello stesso ente, Edith Macrì (ai domiciliari) e per alcuni altri dipendenti pubblici. Per gran parte delle persone coinvolte l’accusa è di concorso in truffa aggravata, finalizzata alla percezione di finanziamenti pubblici.
L’inchiesta riguarda alcune aziende risultate beneficiarie della cassa integrazione guadagni in deroga e l’impiego degli stessi lavoratori durante i periodi di fruizione dei benefici della Cig. Aziende che si occupavano poi di fornire servizi ad enti pubblici come la Eurocoop, impegnata nello smaltimento dei rifiuti di Vibo Valentia.
La prima fase investigativa ha consentito di accertare che le ditte avevano dipendenti collocati in cassa integrazione e che, allo stesso tempo, risultavano assegnatarie di altri benefici economici “per il mantenimento dei livelli occupazionali”. Benefici economici regionali risultati poi essere assolutamente illegittimi. Un’operazione che sarebbe stata possibile in quanto tutte le funzioni erano svolte dal Dipartimento Lavoro della Regione che allo stesso tempo assegnava la Cassa integrazione in deroga, erogava i contributi e svolgeva i controlli.
In questo contesto – secondo quanto scoperto dalla finanza che ha lavorato in collaborazione con la polizia – alcune aziende si sarebbero inserite riuscendo sorprendentemente ad ottenere una cospicua erogazione di finanziamenti in realtà non dovuti. Tutto ciò sarebbe stato possibile proprio grazie ad una fitta rete di complicità di amministratori e funzionari. Secondo gli investigatori i politici traevano, in maniera più o meno diretta, vantaggi dalle assunzioni. I magistrati vibonesi hanno anche effettuato una serie di sequestri di beni per complessivi 30 milioni di euro.









