(di Antonello Caporale – ilfattoquotidiano.it) – “Vendola si è stancato di fare la mamma, Emiliano si scoccia di tornare in magistratura o non so dove, e allora io? Ho solo 85 anni e mi piacerebbe tanto riprendere l’impegno in commissione Antimafia. Sono libero, istruito, disponibile da subito. Candidatemi, prego”. Gaetano Veneto, giurista di fama, titolare per decenni della cattedra di Diritto del lavoro a Bari, deputato – allora il suo partito si chiamava Pds – ricorda con ironia che il pollaio pugliese, quanti galli a cantare signora mia!, trasforma e devia la questione politica conducendola ai margini della parete della psichiatria democratica. Siamo infatti di fronte a una questione in cui potere e psiche sviluppano una forma patologica di irresponsabilità. Conta il potere e la voglia di continuare a tenere strette le mani sulla cloche, ma ha un peso la paura che – senza di esso – la propria vita non avrebbe più senso.
“La mia compagna aspetta un bimbo e io vorrei starle vicino, perciò la candidatura alla Regione mi aiuta a non abbandonare Bari”. Così Michele Emiliano, due volte sindaco della città capoluogo, due volte governatore, trasforma in teatro la sua intenzione di non mollare né la Puglia né la Regione, né la poltrona né gli elettori. Di stare costola su costola nell’esercizio suppletivo delle funzioni e di far sì che Antonio Decaro, suo figlio politico e presidente in pectore, non divenga mai monarca assoluto ma usufruttuario delle stanze del Re.
La dinastia è questione pugliese o italiana? È un corpo a corpo a due o un triangolo a tre dal momento che l’inventore della specificità di Puglia, Bari come esempio assoluto della capacità rigenerativa della sinistra, cioè Nichi Vendola, ha anch’egli deciso di correre, sempre come consigliere regionale, per il bene naturalmente supremo.
“La verità è che, scomparsa l’opinione pubblica, ciascuno pensa di non dover più rendere conto, di poter fare ciò che vuole, illimitatamente. L’indispensabilità come requisito e l’idea assolutistica di essere sempre e comunque nel giusto. Bisognerebbe invece avere la capacità di finirla lì”, dice Nicola Latorre, consigliere ascoltato ai tempi in cui Massimo D’Alema conduceva il gioco, pugliese di Fasano, oggi pensionato di lusso nella sua città e professore a contratto alla Luiss.
Emiliano accusa Decaro di essere un parricida, Vendola invece di voler gestire perfino gli affari altrui, essendo egli, cioè Nichi, il portabandiera di Avs, partito alleato ma non suddito. Due contro uno oppure uno contro tutti?
Il triangolo pugliese, questo crocevia di governatori dimostra secondo Gianfranco Viesti, l’economista che i lettori del Fatto conoscono bene, che “la scomparsa dei partiti produce questi esiti francamente disorientanti. Capisco che Decaro voglia fare il presidente senza la necessità di misurare sempre i suoi passi futuri con quelli passati dei predecessori. Sarebbe una continua e avvilente comparazione. Comprendo un po’ anche Vendola, che vuole dare i muscoli al suo partito, finora gracilino. Mi spiego meno la scelta di Emiliano”.
La Puglia è distratta, lontana, assente. Guarda, ma non parla. Persino il dramma dell’Ilva, che è l’ombra che afferra Nichi e ancora lo insegue, diviene questione che non interessa a nessuno o quasi. Taranto è divenuta ormai tema di dettaglio. L’agonia dell’industria un siparietto quotidiano al Tgr. A chi frega più ormai? Il governo centrale e quello regionale hanno provveduto a concedere alla città un ospedale coi fiocchi per curare meglio i tumori che malauguratamente dovessero continuare a manifestarsi nel corpo cittadino. L’ospedale San Cataldo, in costruzione dal 2020, dovrebbe essere pronto il prossimo anno: quattro livelli, 260 mila metri cubi già realizzati, 715 posti letto, 70 ambulatori, 19 sale operatorie. Costo stimato: 312 milioni di euro.
L’ospedale arriva in città quando forse la fabbrica sparisce. Anche il centrodestra si mimetizza, anzi diviene, grazie alla forza anche trasformistica del governo Emiliano, in un supporto esterno – a volte visibile a volte invisibile – della maggioranza di governo.
In questi anni, uno dei più accaniti sostenitori di Emiliano, non a caso, è stato Pippi Mellone, sindaco di Nardò, militante orgoglioso di CasaPound e teorico dell’idea che tutto scorre e che la politica fluida innova e avanza.
La Puglia funge da sede estiva delle vacanze della premier, e per Raffaele Fitto, il commissario europeo, il Salento è l’area di assistenza della propria figura e basta.
Decaro ha la vittoria in tasca, ma parte con l’handicap. I capi si azzuffano nella traiettoria di una familiarità ereditaria, di una comunione con lo spirito del dominio.
Vendola al tempo chiamò il pisano Nicola Fratoianni, oggi leader di Avs, in giunta per sorvegliare, organizzare, difendere le spalle del capo. Pinuccio, il comico barese in forza a Striscia la notizia, lo chiamava Gattoianni. Lui accucciato sulle ginocchia di Nichi.
Emiliano volle in giunta a Bari Decaro, che poi divenne sindaco e poi deputato europeo forte di più di 40 0mila voti e oggi governatore matematicamente al primo turno. Nel caso accetti. Il verso sarà questo?