Calabria 2025. Dalila Nesci, un nome una garanzia di… trasformismo. Garantisce “Giggino”

Abbiamo lasciato la storia politica di Dalila Nesci ai tempi della sua nomina a sottosegretaria nel governo di Mario Draghi avvenuta il 1 marzo 2021. Raccontiamo la sua storia perché è emblematica del trasformismo più spudorato che coinvolge anche molti campioni del radicalismo e che è la ragione della sfiducia totale della maggior parte della gente verso tutto ciò che è politica.

La Dalila Nesci viene promossa sottosegretaria da Giggino Di Maio che allora era il figlio padrone dei Cinquestelle. Il padre era Beppe Grillo che interveniva solo per le grandi questioni tipo il via libera al varo del governo di Draghi: Mario Draghi è un grillino, affermò… Poi le questioni di basso forno le seguiva Di Maio, che era il gestore del movimento.

Di Maio avverte la necessità di dare una poltrona a Dalila Nesci perché era da un paio di anni che faceva le bizze e criticava la linea ufficiale. Nessuno ricorda che nel 2019 al termine della presidenza Oliverio, lei lanciò la sua candidatura come presidente della Regione Calabria. Lo stop alla candidatura le venne da parte di Di Maio che invece puntò alla candidatura autonoma del Prof. Francesco Aiello (toh chi si rivede: l’amico del cuore di Pasquale Tridico…), dopo la sperimentazione fallimentare in Umbria dell’unità con il Pd, ma anche questa strada fu un fiasco colossale non raggiungendo la soglia dell’8%.

Già da allora c’era un gap terribile tra i risultati delle elezioni politiche – nel 2018 il M5S raggiunse il 50% in Calabria – e le elezioni regionali che dopo due anni vedono arrivare il M5S ad un modesto 7%. Il paradosso della storia è che la Dalila Nesci nelle elezioni parlamentari del 2018 fu candidata anche nel collegio uninominale dove però fu sconfitta proprio da Wanda Ferro, la protagonista della sua maturazione e conversione odierna. Il lusinghiero 32% conseguito nella sfida con Wanda Ferro che vinse con il 35% grazie anche all’aiutino venutele da ampi settori del Pd, leggi Michele Soriano e Francesco De Nisi, che impallinarono il candidato Brunello Censore, le fu galeotto.

La nostra Dalila pensò che quel risultato fosse farina del suo sacco e del suo prestigio, non capendo che se Beppe Grillo avesse candidato un asino, come fece l’imperatore Caligola con il suo cavallo, avrebbe preso gli stessi voti, anzi forse qualcuno in più… Si sa che la modestia e la semplicità è delle persone virtuose e di spessore e purtroppo la nostra Dalila ne era carente e fu attratta dal canto delle sirene del potere che lei doveva distruggere.

Ma questo contagio non lo subì solo lei, ma quasi mezzo gruppo parlamentare di quel M5S capitanato da Giggino Di Maio quando Giuseppe Conte decise di rompere con Mario Draghi. In nome della difesa dei valori dell’atlantismo e dell’europeismo finanziario Di Maio e altri 70 parlamentari sbatterono fragorosamente la porta. Questo passaggio nelle indignazioni registrate in queste ore da elettori di centrosinistra viene sorvolato e dimenticato. In realtà Dalila Nesci uscì dal M5S il 22 giugno 2022 rimanendo nel governo a sostegno di Mario Draghi, che alcuni sospettavano di essere il vero mandante della scissione, fino allo scioglimento del Parlamento e al varo delle elezioni del settembre 2022.

Alle elezioni Dalila Nesci è candidata con la lista Impegno Civico fatta da Giggino Di Maio con tutti i fuoriusciti del M5S schierandosi con la coalizione guidata dal Pd di Enrico Letta. Il risultato fu disastroso per tutta la compagine dei dimaiani che non raggiunsero nemmeno il 3% e così non entrarono in Parlamento. Ma non solo: Dalila Nesci fu anche candidata nel collegio uninominale della Camera di Vibo Valentia e quindi memore dell’ottimo risultato di 4 anni prima pensava di bissare il successo di voti.

Ebbene, nonostante la sua candidatura fosse votata dal Pd raggiunse appena il 15% dei voti e venne superata sia dal candidato del centrodestra sia da quello del M5S. Da allora si perdono le tracce pubbliche di Dalila Nesci, che come un fiume carsico oggi riappare in appoggio di Roberto Occhiuto e di Wanda Ferro.

Ma la storia non finisce qua, si ingrossa, diventa virale. Non più tardi di quindici giorni fa, Roberto Occhiuto lancia la sua campagna elettorale inveendo contro i guasti provocati dal governo Conte nella sanità calabrese con la nomina di Cotticelli come commissario in Calabria. Roberto Occhiuto fa il simpaticone e l’indignato sulle parole fuori senso di Cotticelli e fa la morale: “Avete capito in che modo quei signori mi hanno lasciato la sanita’?”. L’ex presidente e anche ex commissario alla sanità oggi è muto, fa lo gnorri. Qualcuno lo avvisi che tra quei signori c’era proprio Dalila Nesci che fu la principale sostenitrice del piano Calabria e della nomina del Commissario Cotticelli insieme al suo amico Scaffidi, a sua volta amico di Peppe Scopelliti.

Oggi la stessa Dalila Nesci viene accolta con le fanfare da Occhiu’ candidato pro forma a presidente e soprattutto da Wanda Ferro, la nuova papessa del centrodestra. D’altronde il Piano di rientro e la chiusura degli ospedali in Calabria attribuiti a responsabilità dell’allora presidente Scopelliti in realtà fu ideato e sostenuto anche dall’allora deputato Robertto Occhiuto che in più interviste sosteneva il coraggio della scelta della chiusura degli ospedali pubblici mentre la sanità privata non veniva toccata. Né ieri, né oggi, né domani, né mai…