Tra vecchi tromboni, salti della quaglia e cambi di casacca, si apre ufficialmente la solita buffonata elettorale in Calabria. Una squallida sceneggiata che si ripete sempre uguale a se stessa, tra slogan di cambiamento e promesse di un futuro radioso per tutti. A farle, quelle promesse, sono sempre gli stessi di sempre: gli stessi nomi che da decenni, a ogni tornata, illudono i calabresi con proclami e miraggi di sviluppo, salvo poi, una volta seduti sulla poltrona, dimenticarsi di tutto e di tutti. Parlano di sviluppo come se non avessero nulla a che fare con i disastri degli ultimi trent’anni, che relegano la Calabria all’ultimo posto in Italia e in Europa. Eppure, nonostante tutto e l’evidenza dei fatti, ogni volta i calabresi ci cascano. Perché i calabresi continuino a fidarsi sempre degli stessi politici, nonostante l’arretratezza economica e sociale in cui versa la regione e pur consapevoli che nulla faranno, resta un mistero. Ma tant’è.
E a proposito di salti della quaglia, non vanno considerati solo quelli di chi passa dal centrodestra al centrosinistra e viceversa — ammesso che ci sia ancora qualcuno disposto a credere all’esistenza di due schieramenti distinti — ma anche quelli interni agli stessi blocchi, da un partito all’altro. È il caso di Katya Gentile, acerrima nemica degli Occhiuto a partire dal 2013, l’anno in cui Mario Occhiuto, sindaco di Cosenza, la caccia malamente dall’assessorato ai Lavori pubblici. Una cacciata che provoca una reazione stizzosa e prolungata della Gentile, sostenuta dal padre compà Pinuzzu. Il motivo della guerra? Sempre lo stesso, quando si parla degli Occhiuto: la violazione dei patti. Mario, come da accordi, avrebbe dovuto spartire la gestione dell’ufficio Lavori pubblici: metà mandato con un dirigente nominato da lui (il defunto architetto Cucunato) e l’altra metà con un dirigente nominato dai Gentile. Un posto chiave, perché da lì passano concessioni, appalti e cottimi fiduciari. Ma Mario, pieno di debiti e con la cassaforte in mano, non pensa minimamente a rispettare gli accordi. E accende la guerra.
Mario attacca pesantemente Katya, e lei risponde con ancora più forza. Si reca in procura per denunciare l’intralllazzo sull’appalto di Piazza Fera-Bilotti e lo definisce pubblicamente un “bugiardo patologico”, un “ladro matricolato” e “psicologicamente instabile”. Mica cotiche. Alla fine, gli Occhiuto — forti di coperture pesanti — hanno la meglio sui Gentile. Ma i “cinghiali”, com’è noto, sanno aspettare il momento giusto. E infatti, col tempo qualcosa cambia. Nel 2021 Katya Gentile riappare nelle liste di Forza Italia, a sostegno di Roberto Occhiuto. Nessuno sa cosa accada negli anni precedenti per trasformare due acerrimi nemici in nuovi alleati. La spiegazione più semplice è sempre la stessa: un accordo di convenienza. Ma l’idillio dura poco. Una volta conquistato il seggio, Katya non resta fedele a Forza Italia: prende le distanze, si sfila, e si sistema subito nel gruppo misto, per poi passare alla Lega. Una mossa che spiazza tutti e che lascia intendere che la sua candidatura dentro FI fosse solo un trampolino, frutto di un accordo, utile a rientrare in partita e a rinegoziare nuovi equilibri di potere.
Ma ancora una volta la strana storia dei rapporti ambigui tra Katya e gli Occhiuto si ripete. La Lega, come tutti sanno, ha stretto un patto con Roberto Occhiuto per non pestarsi i piedi, a danno di Fratelli d’Italia, in guerra con il governatore. Perché Katya scelga ancora una volta di stare dalla parte degli Occhiuto resta un enigma. Anche perché, dopo le dimissioni di Roberto, lei è tra le poche a non dire una parola in pubblico. In privato, invece, le critiche alla mossa di Robertino sono feroci: ufficialmente lo sostiene, dietro le quinte lo contesta. Un gioco a due facce che non piace però a Tonino il Cinghiale, schierato con Orsomarso e Wanda Ferro nella guerra a tutto campo contro gli Occhiuto. Tonino non ha dimenticato il “tratto” del 2013. Una contraddizione che alimenta ancora di più le tensioni dentro il centrodestra e che rende i movimenti di Katya sempre più indecifrabili, sospesi tra convenienza personale e fedeltà a corrente alternata. E soprattutto riaccende l’antico scontro — mai davvero sopito — tra i fratelli Gentile: Pino da una parte e Tonino dall’altra.
Se ci sono due cose che non appartengono alla carriera politica di Katya Gentile sono la trasparenza e, ancor meno, la coerenza. Resta da capire cosa si nasconda dietro il suo doppiogioco con gli Occhiuto. Forse, un giorno, con la stessa schiettezza con cui nel 2013 chiamò Mario Occhiuto «bugiardo patologico» e «ladro matricolato», troverà anche il coraggio di spiegare le ragioni della sua schizofrenia politica. Aspettiamo.









