Calabria. La Prima Italia al voto
di Alessandra Pasqua, architetto
“La Calabria, ponte di passaggio per la Sicilia e l’oriente, luogo di incontro di molteplici popoli, ha una storia complessa ed intensa. Il suo destino è stato quello di dare contributi notevoli alla vita dell’Europa ed essere poi lasciata indietro e quasi dimenticata dai suoi stessi eredi. Roma ha assorbito la cultura greco-italiana, fiorita lungo la costa calabra, e il Rinascimento dell’Italia settentrionale ha ereditato i suoi manoscritti greci e romani, le sue opere d’arte e molte idee fruttuose che là avevano avuto origine nei secoli precedenti…furono gli architetti, i filosofi, i poeti di quella terra antica i maestri di Atene, di Roma e dell’Europa moderna.
I rapporti commerciali, tra oriente ed occidente, dei popoli di quel suolo arcaico portarono a un vicendevole scambio di idee da cui si sviluppò la civiltà occidentale…In quel suolo, pur se logorato e distrutto da sfruttamento straniero, terremoti, deforestazione, malaria, qualcosa dell’antico vigore è sopravvissuto e si è conservato fino ai tempi nostri…La Calabria è stata la prima Magna Grecia, così come è stata la prima Italia…I Calabresi sono semplici ed onesti, dignitosi e riservati, non hanno mai perso il loro entusiasmo né hanno mai dimenticato i valori più importanti.
A tutt’oggi mantengono un gran rispetto per la cultura…Se i Calabresi hanno orgoglio e fierezza, raramente però sono aggressivi. Dalla persona colta al contadino, sono tutti cordiali, gentili, ospitali e se le loro strade non sempre sono pulite, le loro maniere non sono mai volgari. Il contadino è fin troppo paziente, passivo, disilluso. Ha tuttavia l’abitudine di pensare da sé, sebbene non sappia leggere e scrivere, e spesso stupisce per le sue sagge riflessioni su vita e universo”.
Le considerazioni sopra riportate sono state estrapolate dal libro “Calabria. La prima Italia” di Gertrude Slaughter, studiosa americana, scritto nel 1939. Le sue analisi, a distanza di quasi un secolo, risultano acute ed ancora attuali e dimostrano come anche una scrittrice straniera, innamorata ed affascinata dalla Calabria, che definisce “un crinale montuoso tra due mari”, sia stata in grado di cogliere diversi aspetti della cultura calabrese afferenti a svariati ambiti: storico, geografico, antropologico, filosofico, economico. Per conoscere il territorio non si deve per forza essere calabresi di nascita o avervi vissuto a lungo, bisogna saperla attraversare con occhi scrutatori, capaci di indagare una realtà complessa, per comprendere cause ed effetti di determinati fenomeni sociali, e bisogna documentarsi, aggiornarsi sui cambiamenti avvenuti in passato e su quelli in atto.
Il testo riporta la storia della regione, attraverso il racconto delle sue eccellenze ed il considerevole contributo dato alla formazione della cultura occidentale. La Calabria, per la sua posizione nel cuore del Mediterraneo, ha prodotto e veicolato non solo merci, ma soprattutto idee e conoscenza. Stupefacente è la descrizione dell’indole dei Calabresi, onesti e dignitosi, semplici e orgogliosi. Le parole della studiosa ci inducono a riflettere sulle grandi potenzialità espresse in passato da questa terra e sull’abbandono e la povertà che l’attanagliano da secoli e dai quali non è ancora riuscita ad affrancarsi. Se le cause del declino, in passato, erano da individuarsi nelle diverse dominazioni straniere che hanno sfruttato le sue risorse secondo una politica colonialista, oggi il nemico è all’interno, nella malavita e, a volte, nelle istituzioni e nelle amministrazioni.
La Calabria non riesce a risollevarsi dalla morsa di una classe politica dominante che non dimostra progettualità e lungimiranza, visione e prospettive di sviluppo. Il calabrese non vuole assistenzialismo, cerca un lavoro onesto, dignitoso, che gli permetta di vivere con serenità, e la politica deve creare le condizioni favorevoli al progresso. La realtà calabrese, come gran parte della penisola italiana, è fatta di piccoli paesi in via di spopolamento, privi dei servizi più elementari: scuole, presidi sanitari, viabilità. Le condizioni di sviluppo si creano in primis ripristinando i servizi essenziali, in secondo luogo potenziando le eccellenze nel settore primario, secondario e terziario.
“Là in Calabria sembrerà di vivere in tutte le epoche del mondo” scrive la Slaughter, consapevole della ricchezza del patrimonio culturale della regione, che deve assumere un valore di indirizzo territoriale e un ruolo concreto nella costruzione di uno sviluppo locale sostenibile. La classe politica deve abbandonare le logiche clientelari per accattivarsi il consenso popolare; non servono slogan, azzardi, televendite, palchi, feste e sagre. La politica non deve essere un gioco, né un regolamento di conti fra schieramenti. La vita dei calabresi è fatta per lo più di cose semplici e di sobrietà e chi governa deve mostrare il massimo rispetto per la gente comune che arriva con affanno alla fine del mese e che non riesce più a far quadrare i conti. La politica deve concepire il governo come servizio per la collettività e deve proporre candidati credibili, coerenti e capaci di dare risposte serie e concrete ai problemi della gente, primi fra tutti la sanità ed il lavoro. I Calabresi, a loro volta, hanno il dovere di interessarsi della res publica; non sono più ammissibili le alte percentuali di astensionismo delle tornate elettorali degli ultimi decenni. Il rinnovamento deve partire dal basso, da una presa di coscienza della forza della coesione sociale. I cittadini devono diventare parte attiva del cambiamento scegliendo fra i candidati quelli onesti e credibili, quelli che hanno lavorato bene, e a loro affidare il futuro della regione.









