di Rocco Tripodi
In questi giorni ho parlato di corridori, scalatori, scattisti, gregari, pompisti, borraccisti, trascinatori, spingitori, sponsor, maglie vinte, perse e soprattutto cambiate, ma stavo per dimenticare un candidato, il candidato che non deve chiedere mai: il primario di cardiologia dell’ospedale cittadino, Michele Comito, attuale consigliere regionale eletto in Forza Italia, voluto dal padrone della sanità privata cittadina, Peppe Mangialavori, eletto senatore in Forza Italia.
Dando come accertato e passivamente accettato da tutti che la sanità vibonese a gestione regionale è diventata una cloaca che non si può neanche bonificare sversandola nel pur vicino depuratore della Silica, ne consegue che chi all’interno opera con ruoli professionali primari, ne è – proporzionalmente alle competenze – la causa o l’effetto: se ne è la causa, dovrebbe pagare e non essere premiato; se ne è l’effetto, vuol dire che non avrà avuto modo, tempo e opportunità di crescita professionale, quindi non può essere idoneo a proseguire. Se inoltre, i manovratori/controllori/finanziatori della Sanità sono i politici come lui gargantuescamente accomodati nella scasciatissima baracca regionale governata dal suo stesso partito, dovrebbe vergognarsi e ritirarsi a vita privata e limitarsi a consigliare soltanto di bere tanta acqua ai suoi pazienti, perché questo è in grado ancora di farlo. Ma sono convinto che sceglierà di continuare ad essere salariato coi nostri soldi bonificati dall’economato regionale che si aggiungeranno ai vitalizi maturati in età di pensione, quando il magno benefattore Mangialavori gli troverà collocazione profumatamente gratificata in uno dei tanti cimiteri per gli elefanti indigenti in camice bianco che sono le strutture sanitarie private.
Cerco nelle informazioni giornalistiche locali recenti, notizie riguardanti le battaglie, le campagne per l’affermazione di diritti negati o di principi universali, di rivendicazioni a tutela dei più fragili o degli esclusi che dovrebbero appartenere alla storia di un politico di razza e di lungo corso come lui, ma rimango incredulo e basito. Il suo nome compare soltanto in cronache giudiziarie, dove si parla di mafia, pentiti, intercettazioni, favoreggiamenti, complicità, connivenze ed ogni sorta di ignobile porcheria. Di capibastone come i LO BIANCO o i MANCUSO o i PESCE che i pentiti accusano di disporre a loro esclusivo uso della struttura ospedaliera come una loro dipendenza o rifugio, con l’accondiscendenza di primari come Soriano, Zappia e appunto Comito; e in una dichiarazione, in particolare, il pentito Mantella, specifica: con la supervisione di Tonino Daffinà che lui definisce il “Licio Gelli vibonese”.
Di Michele Comito politico si sa che ha più volte occupato i banchi da consigliere comunale, tenacemente a destra per tre consiliature. Poi nel 2021 eletto alla Regione, è stato componente della Commissione Anti-‘ndrangheta. Una carriera che corre quasi parallela a quella di Giovanni Arruzzolo, rosarnese, che però riesce nel 2022 a salire al Parlamento anche lui con Forza Italia. Niente di strano, due colleghi con uguali, brillanti affermazioni politiche, se non fosse che i due sono cognati, avendo sposato due sorelle rosarnesi, che sono figlie di Costanza Pesce, sorella a sua volta di quei PESCE la cui famiglia riempie le cronache della Piana rosarnese fin dagli anni ’60, nonché moglie di Pietro SMEDILE, da sempre chiacchierato in quanto sarebbe “imprenditore in affari con le cosche”. Tutte queste storie non le rivelo io, sono ormai a conoscenza di tutti.
Che non abbiano mai creato imbarazzo agli interessati non mi sorprende, e nemmeno remore a quanti a vario titolo hanno tributato loro onori e ricchezze. Sarà forse che a me non riesce di cogliere la continuità con la storia familiare dei Comito da sempre, per appartenenza politica, narrata come ispirata a rigidi principi quali l’onore, l’orgoglio, la fedeltà, la fede, il rigore, il giustizialismo, la legalità, il rispetto per le toghe e le divise, e tutto quella abusata retorica che accompagnava una famiglia che transitava dal fascismo alla democrazia. Ma sembrerebbe che più che quello che si sono portati i padri, a loro interessi quello che vogliono lasciare ai figli. E per fare questo si sarebbero concentrati non tanto su principi ed ideali labili, fuggevoli e inattuali, ma su più volgari beni mobili, immobili, annacazzianti, girevoli, rotanti, volanti e naviganti. Leggo che tra le altre cose le sorelle nonché cognate hanno hobby in comune quale essere entrambe socie del residence Smedile, a Santa Domenica di Ricadi, così (che combinazione) come i due fratelli Comito, Michele e Gianfranco detengono e gestiscono il loro hotel Ipomea, sempre a Santa Maria di Ricadi, però c’è da dire con scorsi ritorni economici: il ricavo rilevato al 31.12.2024 è stato solo di 1.052.126,00.
Per cui, quando andate a votarli, sappiate che andate a fare un’azione meritoria di carità cristiana. Questi sono i nostri rappresentanti e in quanto tali gli si riconosce di essere migliori di noi.
A proposito di famiglie, ricordo che mio padre, da sottufficiale dei carabinieri, perché non fraternizzassero con l'”ambiente”, non poteva essere assegnato in presidi dell’Arma che ricadessero nella sua provincia di nascita o di provenienza, nel suo caso Reggio Calabria. Tant’è che questa regola ha sottoposto lui, sua moglie e noi figli, a mille giri nei quali era COMANDATO, nascendo in tre province diverse.
Non solo! Mia madre, palermitana, prima di essere autorizzata dal Comando a convolare a sudate nozze, è stata indagata insieme a tutta la sua generazione andando indietro fino alle prime tracce di presenza dei Normanni in Sicilia. Tutto questo accanimento, per poter comandare senza condizionamenti ambientali una stazioncina con 4 o 5 carabinieri. Al contrario, per selezionare oggi chi ha la responsabilità di gestire il destino di un’intera regione, si tiene conto dei soldi, dei saldi e dei “soldati” che si schierano in campo. Auguro loro un “in bocca al lupo ” con l’appetito del lupo di Cappuccetto Rosso, però in una riscrittura della favola, SENZA CACCIATORE.









