dalla pagina FB di Fabio Anselmo
Le parole all’ordine del giorno sono: odio, fake, web.
Andrea Scanzi ha recentemente denunciato addirittura la creazione di pagine deputate a costituire un elemento concretamente stimolante per insulti, false accuse, minacce, partorite da iperattivi leoni da tastiera.
Se i bersagli sono poi personaggi pubblici, l’effetto è assicurato.
Due di questi, Stefano e Ilaria Cucchi, lo sono diventati loro malgrado.
Stefano è stato ucciso per un violentissimo pestaggio inflittogli dopo il suo arresto da due carabinieri operanti nella notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Morì in ospedale sei giorni più tardi.
Sedici anni di processi. Sedici anni di insulti contro di loro, conditi con l’affermazione della “vera verità”: Stefano Cucchi è morto per colpa sua, di droga, anzi no, di epilessia, anzi di fame e di sete.
Insomma, non è mai stato pestato né dai carabinieri né da nessun altro che indossasse una divisa.
I giudici della Corte d’Appello di Roma, nel riconoscere a chiare lettere le responsabilità degli alti ufficiali della scala gerarchica dell’Arma, parlano esplicitamente di “una macchinosa costruzione volutamente distorsiva della realtà degli accadimenti e delle condizioni di Stefano Cucchi”.
Descrivono l’immagine di un generale interessato a presentare “una verità di comodo circa le condizioni di salute di Stefano Cucchi” per sviare le indagini.
Lo Stefano Cucchi tossicodipendente, anoressico, sieropositivo è un’invenzione partorita per questi fini.
Non sono bastate le scuse rivolte alla famiglia Cucchi dal generale Tomasone, incalzato da me durante una drammatica udienza di quel processo.
Questi atti criminali non solo hanno provocato un calvario giudiziario senza fine, ma hanno coperto di fango e dolore la famiglia Cucchi, Ilaria in primis.
Questa è una pagina nera per la nostra democrazia.
E le conseguenze di tutto ciò non hanno avuto termine.
Sono centinaia e centinaia le querele che abbiamo fatto e che continuiamo a essere costretti a fare.
Per Stefano, per Ilaria. Per la verità.









