Ormai lo scriviamo da più di un mese in perfetta solitudine perché i media di regime hanno paura di Ciccio Cannizzaro, dei Piromalli e dei loro scagnozzi. Eppure, nelle carte dell’inchiesta della Dda di Reggio “Res Tauro” si evince chiaramente che il Comune di Gioia Tauro è pesantemente coinvolto. Il motivo è molto semplice: tra gli indagati figura Antonino Mangione, cognato della sindaca Simona Scarcella in quanto marito della sorella di Simona Scarcella e cugino del marito: due sorelle hanno sposato due cugini. Il marito della sindaca, Francesco Mangione, anche lui è coinvolto in vicende giudiziarie.
Antonino Mangione è finito tra gli indagati nella sua qualità di imprenditore, amministratore unico della Biemme Finestre srl di Gioia Tauro. E gli viene contestata il concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso perché “offriva un contributo concreto, specifico e determinante per il perseguimento della finalità della cosca Piromalli, della quale pur tuttavia non faceva parte. Contributo che si sostanziava nel garantire sistematicamente alla cosca Piromalli opportunità di lavoro per i familiari dei sodali della cosca o direttamente in favore di questi ultimi in virtù di un rapporto sinallagmatico stipulato con la cosca Piromalli. Riceveva protezione ed interventi mafiosi sia per accrescere economicamente l’impresa che per ragioni personali”.
Per tutta la mattinata del 23 settembre il Comune di Gioia Tauro ha rimediato figuracce ed è stato pesantemente attaccato in conferenza stampa dal pm Musolino, che non ha potuto dire con chiarezza che tra gli indagati c’è… il cognato della sindaca ma l’ha lasciato ampiamente intendere. Peccato che i giornalisti presenti fossero tutti, diciamo così. “distratti”: Ma li avvertiamo che nelle carte ci sono anche altri particolari riguardanti i rapporti tra le famiglie Mangione-Scarcella-Cannizzaro e il clan Piromalli.
… Alle ore 10,58 Il furgone Fiat Doblò di colore bianco con a bordo Aurelio Messineo giunge a Gioia Tauro in via Catanzaro, effettua una breve sosta sotto il ponte della ferrovia, dove ad attenderlo c’è l’autovettura Alfa Romeo di colore grigio con a bordo Antonino Mangione… successivamente entrambi i mezzi con in testa il furgone Fiat Doblò riprendono la marcia in direzione della strada statale 18.
Alle ore 11,08 il furgone Fiar Doblò con a bordo Aurelio Messineo seguito dall’Alfa Romeo di colore grigio con a bordo Antonino Mangione, dopo aver percorso un itinerario logico, giungono a Gioia Tauro ed accedono nella proprietà terriera della famiglia PIROMALLI ubicata a Gioia Tauro in contrada Filicuso…
Alle ore 11,28 l’Alfa Romeo di colore grigio con a bordo Antonino Mangione giunge a Gioia Tauro – Strada I^ Zona industriale, sosta all’interno dell’azienda Biemme Finestre… Antonino Mangione scende dal veicolo e accede negli uffici della predetta azienda…
Occorre premettere che nell’ambito del procedimento penale “Hybris” era stata ricostruita la vicenda estorsiva relativa all’assunzione di Romagnosi Cosimo alla Biemme Finestre srl di Antonino Mangione imposta da Rocco Delfino, all’epoca dei fatti, appartenente al direttorio della cosca Piromalli. Orbene, nel corso di questa indagine “Res Tauro” è stato possibile acclarare che il titolare della Biemme Finestre, Antonino Mangione, apparteneva alla rosa degli imprenditori protetti e graditi alla cosca Piromalli. Ed infatti Giuseppe Piromalli non mancava di apprezzare la vicinanza mostrata dal Mangione anche durante il periodo di detenzione del capocosca al punto da considerarlo “un amico sincero”. In una intercettazione, infatti, dice questo atteso che “… io non c’ero ma lui… ogni Natale, come sempre… come quando c’ero… o non c’ero… la bottigliella di vino o una cosa…”.
L’impostazione accusatoria ritiene che il Mangione abbia intessuto con ol capocosca Piromalli Giuseppe un rapporto di reciproci favori e vantaggi. Si ritiene che, se da un lato la cosca garantiva all’imprenditore favori e protezione anche dalla pressioni estorsive poste in essere dalle altre cosche di ‘ndrangheta, di contro il Mangione, dispensato dal rendere il dazio estorsivo, garantiva al Piromalli l’assunzione di personale di interesse del boss, così consentendo al capocosca di assolvere ad uno dei fini dell’associazione ossia l’assistenza – intesa in senso lato – ai sodali o ai familiari di questi ultimi.
Appare più che evidente che prendersi il merito della sistemazione occupazionale dei propri sodali o dei familiari di costoro. costituiva un modo per valorizzare l’immagine della cosca agli occhi di terzi ma soprattutto rafforzare la fidelizzazione dei propri associati.
Scrive la polizia giudiziaria nell’informativa finale… “La Biemme Finestre srl di Mangione Antonino rappresenta un caso emblematico di imprenditore colluso, il quale cerca (e trova) nel sodalizio mafioso un partner per la tutela dei propri interessi aziendali…”.









