Diario dalla Flotilla: notte di fuoco e giornata di terrore

di Alessandro Mantovani

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Si è alzato un bel vento di Maestrale che porterebbe direttamente a Gaza e le barche della Flotilla ieri hanno proseguito la navigazione verso est, dopo gli attacchi della notte tra martedì e mercoledì.
Quasi due ore di esplosioni nel buio, almeno una decina, paura a bordo e voci di barche senza luci nelle acque internazionali a sud della punta occidentale di Creta. Attacchi con bombe assordanti lanciati da piccoli droni quadricotteri che hanno messo fuori uso le vele di quattro imbarcazioni. Una di questa, Zefiro, lascia la missione perché ha perso lo strallo di prua, il cavo d’acciaio che assicura la testa dell’albero alla parte anteriore dell’imbarcazione. La prima barca presa di mira è stata Otaria, su cui viaggia anche il Fatto, ma per fortuna il botto è avvenuto a qualche metro dall’albero. Nessun danno.

NON ERANO solo attacchi intimidatori, non volevano uccidere ma eliminare qualche barca sì, perché nemmeno Israele può abbordarne 40 o 50 senza rischiare di uccidere qualcuno. E ora tutti sanno che Israele o chi per lui continuerà ad attaccare, forse già nella notte passata (dopo la chiusura del giornale), anche con armi più pesanti come gli ordigni incendiari che il 9 e 10 settembre hanno colpito davanti alle coste tunisine le due navi principali partite da Barcellona a fine agosto, la Familia Madeira e l’Alma. E potrebbero, appunto, pure affondare qualche barca. Per il momento ieri sera abbiamo visto solo droni di avvistamento, quelli più grandi che volan alti, ma le misure di sicurezza sono state rafforzate: via il gasolio dai ponti delle barche, vigilanza continua di quello che si muove in cielo, poca luminosità sugli schermi dei telefonini, perché se no poi i droni non li vedi, minore distanza tra una barca e l’altra, “se vedete un drone quadricottero navigate a zig zag”, estintori e coperte ignifughe sempre a portata di mano, spegnere le luci sotto coperta e in testa d’albero. Sono continuate le interferenze alla radio vhf, come quelle che hanno preceduto gli attacchi della notte, prima gli Abba e poi Bob Marley, come dire: “finocchi e tossici”.

L’escalation potrebbe essere appena cominciata, l’ha confermato la Farnesina ai parlamentari imbarcati con la Flotilla, suggerendo agli organizzatori di tornare indietro. “Non possiamo proteggervi”, dice la diplomazia guidata da Antonio Tajani, incapace anche di convocare l’ambasciatore di una potenza straniera per protestare contro gli attacchi ai suoi concittadini in acque internazionali –sono una cinquantina gli italiani imbarcati, su un totale di meno di 500 persone di 44 Paesi –, su barche che portano bandiere di Italia, Inghilterra e Polonia e dunque equivalgono ad attentati a Roma, a Londra o a Varsavia, come ha ricordato la portavoce italiana della Flotilla Maria Elena Delia.

UNA COSA è certa: il governo italiano sa benissimo che dietro i droni ci sono gli amici israeliani. Si è mossa, però, la Difesa. Il ministro Guido Crosetto ha mandato a sud di Creta la fregata Fasan della Marina militare, che incrociava a Nord della grande isola greca, con il formale compito di soccorrere gli italiani in caso di necessità. Non è e non può essere una “scorta”alla Flotilla, né la Flotilla ha mai chiesto un intervento militare, anzi sulle barche se ne discute parecchio: “Ma come ci facciamo difendere dai militari? E se fosse una trappola?”. Ma è certamente un deterrente importante. “È la migliore notizia che potessimo aspettarci per la nostra missione ed è il risultato del vostro intenso lavoro politico e della vostra mobilitazione”, ha scritto ieri mattina il brasiliano Thiago Avila, uno dei leader della Global Sumud Flotilla, nel gruppo Signal Everyone on board a cui partecipano tutti coloro che sono a bordo delle barche in viaggio nel Mediterraneo.

La Flotilla ha preso un’altra decisione importante, ieri. Invece, di piegare a Sud Est per accorciare la rotta verso Gaza, le circa 40 barche ripartite il 19 settembre da Portopalo in Sicilia hanno proseguito la navigazione lungo la costa meridionale di Creta. Le barche sono entrate nelle 12 miglia delle acque territoriali greche, così eventuali ulteriori attacchi avverranno nella piena giurisdizione di uno Stato membro dell’Unione europea. E della Nato. È stata tra gli altri Benedetta Scuderi, la giovane europarlamentare dei Verdi a bordo di Morgana insieme al senatore del M5S Marco Croatti, a caldeggiare con un certo vigore la scelta di navigare in acque greche sulla chat Everyone on board. Ora vedremo se gli israeliani o chi per loro avranno il coraggio di agire in acque greche come hanno fatto due settimane fa al largo delle coste tunisine come se la sovranità di Tunisi non esistesse. E vedremo pure se la Guardia costiera greca, che due notti fa aveva osservato distrattamente da lontano le esplosioni sulle barche appena fuori dalle acque nazionali, non si accorgerà di nulla neppure in casa propria.

Creta è lunga (oltre 250 chilometri), ma prima o poi finisce, all’estremità orientale sei barche greche attendono da giorni a Xerokampos di unirsi alla Flotilla. Già domani tutta la flotta riunita potrebbe affrontare l’ultimo tratto di mare verso Gaza, con il rischio che la Marina israeliana proceda agli abbordaggi e agli arresti che gli organizzatori della Flotilla si attendono, oggetto degli infiniti traini ng nonviolenti fatti ad Augusta da tutti i partecipanti alla missione. Sempre che non si trovi un accordo con gli israeliani o chi per loro.