DOPO IL VOTO: L’ALCHIMIA DEL POTERE E LA PROVINCIA CHE RESTA PERIFERIA
Dietro i numeri, le alleanze e gli slogan, la Calabria si conferma una regione dove la democrazia funziona solo se calibrata sull’astensione.
Fonte: U’Ruccularu
LA MATEMATICA DEL CONSENSO
Forza Italia e la lista “Occhiuto Presidente” insieme superano i 230 mila voti.
Più della metà dell’intera coalizione di centrodestra.
Sette seggi per il partito fondato da Berlusconi, quattro per la lista personale del presidente, quattro per Fratelli d’Italia, tre per la Lega e due per Noi Moderati.
Un equilibrio che non è politico, ma geometrico: il cerchio del potere si chiude perfettamente attorno al suo centro, Occhiuto.
Il resto — i 9 seggi del centrosinistra — rappresenta più un dovere democratico che un reale contrappeso.
Un’“opposizione per regolamento”, non per convinzione.
IL VOTO CROTONESE COME MODELLO DI POTERE DIFFUSO
Nel Crotonese la distribuzione del consenso è stata chirurgica.
Ogni voto utile è finito dove doveva finire.
Ferrari domina nei comuni, Forza Italia cresce del 12% in provincia e del 5,7% nel capoluogo.
Persino le liste satellite come “Occhiuto Presidente” e “Forza Azzurri” drenano consenso dove serve, coprendo le microfratture del centrodestra.
C’è un dato che parla più di tutti:
Occhiuto ottiene 851 voti in più delle sue stesse liste nel capoluogo, e 1.536 in più in provincia.
È la prova di un plebiscito personale.
La Calabria non vota programmi, ma uomini.
E in questo caso, l’uomo è diventato partito, istituzione e garanzia al tempo stesso.
Il perfetto esempio di leaderismo feudale contemporaneo.
LA STRATEGIA PSICOLOGICA: VOTO COME RICONOSCENZA
Le “promesse realizzate” di Occhiuto — come la gestione dei lavoratori ex Abramo — hanno costruito un legame di speranza più che di consenso.
Settecento stipendi mensili equivalgono a settecento famiglie, a migliaia di voti.
In un territorio dove il lavoro è un miraggio, la sopravvivenza diventa identità politica.
È l’economia del bisogno, non del benessere.
Il voto è la ricevuta fiscale del debito morale contratto con chi amministra.
In questo contesto, anche la propaganda è superflua: basta un contratto rinnovato o una promessa di progetto per “ripagare” la fiducia.
FERRARI, IL FEUDO E IL FUTURO
Sergio Ferrari è la traduzione territoriale di questo schema.
Con oltre 12 mila voti personali, il sindaco di Cirò Marina trasforma la provincia in un mosaico azzurro.
Non un voto disperso, non una lista debole: Forza Italia è diventata la colonna portante di un modello organizzato, radicato nei municipi, nei consigli, nelle reti di amicizia e dipendenza.
Il Crotonese non elegge più per rappresentanza, ma per appartenenza.
Ferrari incarna il localismo di sistema: un potere “di territorio” che non fa opposizione a Catanzaro, ma lo serve con efficienza e sudditanza.
E con un patto silenzioso, tiene dentro anche chi fino a ieri lo criticava.
IL PATTO OCCULTO: VOCE, OCCHIUTO E LA CALABRIA CHE FA FINTA DI LITIGARE
L’accordo non scritto tra il sindaco Vincenzo Voce e Roberto Occhiuto — sostegno elettorale oggi, appoggio politico domani — è il paradigma perfetto della “Calabria bipolare”: quella che litiga in pubblico e si abbraccia dietro le quinte.
Il sindaco ambientalista che un tempo gridava contro “i poteri forti” oggi marcia accanto a loro, mentre la città che governa soffre di disoccupazione, disservizi e fuga di giovani.
Un patto utile a entrambi: Occhiuto blinda il consenso nel capoluogo, Voce si assicura un salvagente per la rielezione 2026.
TORROMINO E IL CENTRO CHE NON È PIÙ TALE
L’ex deputato Sergio Torromino, in fuga da Forza Italia, trova in “Noi Moderati” un rifugio per ambizioni personali.
E il paradosso è che funziona.
Con Giusy Mellace e Vito Pitaro, il nuovo partito centrista sfiora il 14% a Crotone.
In pratica, la scissione ha fatto bene a tutti.
A Ferrari, che ha tolto un concorrente interno.
A Torromino, che si è già riposizionato in vista della corsa a sindaco.
A voce che ha trovato una nemesi con cui confrontarsi e puntare il dito
Nel frattempo, il PD si conferma in coma irreversibile.
Il M5S in caduta libera lo segue a ruota.
Tridico raccoglie rispetto, non voti.
IL CENTROSINISTRA E IL DRAMMA DELLA PERCEZIONE
Il problema del campo progressista non è l’offerta politica, ma la credibilità.
In Calabria non serve dire “lavoro” se la gente non ti crede capace di crearlo.
Tridico ha parlato di sviluppo pubblico e politiche industriali: concetti corretti, ma lontani dal linguaggio quotidiano di chi vive tra disoccupazione e bollette.
Il PD arretra al punto di non poter più fare opposizione.
M5S sopravvive disperatamente nel capoluogo lontano dai fasti del passato ma si svuota in provincia irreversibilmente.
Casa Riformista e AVS rimangono testimonianze, non alternative.
Il centrosinistra calabrese è un arcipelago di sigle senza mare.
Il Campo largo anche in Calabria non esiste.
Inutile usare la classica solfa del dato che fa riflettere oppure sconfitta da cui ripartire.
Perché l’unidcesima sconfitta del campo largo all’ennesima elezione Regionale negli ultimi cinque anni, decreta la fine del Centro Sinistra in Italia e amplifica la sensazione che questa destra governerà per i prossimi dieci anni per mancanza di alternative.
CROTONE COME MICROSCOPIO DELLA REGIONE
Crotone non è solo un caso politico: è un laboratorio del consenso.
Una provincia che si muove come un organo fedele del corpo centrale, che risponde a stimoli di potere e a segnali di sopravvivenza.
Ogni voto è un atto di fedeltà, non di scelta.
Ogni astensione è una condanna silenziosa.
E la politica, qui, non si divide più tra destra e sinistra, ma tra chi distribuisce e chi aspetta di ricevere.
CALABRIA CONSENZIENTE
La Calabria esce dalle urne più compatta, ma non più libera.
Un potere che si autoperpetua non è stabilità: è anestesia.
E Crotone, nel suo microcosmo, lo racconta meglio di tutti:
una città che applaude il vincitore mentre prepara il curriculum per partire. Perché In Calabria il consenso è come il vino giovane: frizzante la sera dello spoglio, acido la mattina dopo.”









