Calabria 2025. Fausto Orsomar(ci)o: ‘na botta aru circhiu e n’àtra aru timpagnu

Se non fosse stato per Wanda Ferro, a quest’ora Occhiuto col fuoco amico c’avìa arrustutu i ruseddri. Diciamolo: nella lotta intestina tra Occhiuto e Fratelli d’Italia per la supremazia politica in Calabria — da cui dipende, com’è noto, il controllo degli intrallazzi — Wanda è stata quella che più si è sacrificata. Nel dietro le quinte di questa faida interna al centrodestra calabrese è stata la sola del partito che ci ha messo la faccia. Certo, non poteva fare altrimenti: dopo l’affronto di Occhiuto, che aveva imposto la propria ricandidatura e sfidato Giorgia sul terreno elettorale, non poteva restare con le mani in mano. Soprattutto dopo le sonore batoste prese da Fausto Orsomar(ci)o — tra i promotori del fuoco amico — da Occhiuto, che invece di reagire ha preferito adottare la tecnica a lui più congeniale: l’opportunismo con l’aggravante della codardia.

Fausto Orsomarso – ma ormai anche gli amici lo chiamano “Orsomarcio” – è un politico senza palle. È il classico populista da avanzata francese e ritirata spagnola. Il politico dell’armiamoci e partite. Un codardo, di quelli che buttano la pietra e nascondono la mano. Dopo aver armatu a zimeca contro Occhiuto, ricevendo anche l’ok da Giorgia ad agire, non ha fatto altro che cercare il modo per non esporsi troppo sul campo di battaglia. E come spesso accade ai vigliacchi travestiti da strateghi, ha scelto la via più comoda: ‘na botta aru circhiu e n’àtra aru timpagnu, illudendosi di poter tenere insieme tutti e due i fronti. Davanti a Occhiuto, poi, recitava la parte dell’amico, pensando che bastasse un finto sorriso per far credere di essere estraneo ai suoi guai giudiziari e politici, e cancellare, con due strette di mano, mesi di complotti. E non perché capace di astuzia politica o per celare la strategia di eliminarlo sul piano politico — che, volendo, sarebbe pure legittima — ma perché semplicemente non ha le palle di dire le cose in faccia.

È questo, in fondo, il tratto distintivo di Fausto: un vigliacco. Di fronte all’incertezza dell’esito dello scontro, consapevole del potenziale vendicativo — e delle pericolose amicizie — degli Occhiuto, ha preferito, per paura, tenere il piede in due staffe. Teme una dura rappresaglia nel caso in cui Roberto riuscisse, anche stavolta, a farla franca (e non sarebbe certo la prima volta, diciamolo). Così faceva il duro nei “consigli di guerra” romani contro Occhiuto, salvo poi comportarsi, nei salottini cosentini, come “un innocente che non avesse fatto niente.” Il solo aver pensato che Occhiuto non fosse a conoscenza della sua partecipazione al fuoco amico, e che desse anche solo un minimo di credito alle sue ammiccate, la dice lunga sulle capacità intellettive di Fausto.

A differenza di Fausto, Wanda, seppur costretta a incassare qualche colpo, le palle le ha tirate fuori da subito. Le ha messe sul tavolo, negli incontri a quattr’occhi e nelle riunioni segrete, quando c’è stato da dire a Occhiuto quello che gli andava detto. Al netto della pantomima pubblica, non ha mai fatto la bella faccia per compiacerlo. Wanda un si spagna di Occhiuto, non è una codarda come Fausto. Fosse dipeso da lui, il fuoco amico si sarebbe spento prima ancora di s’appiccià. E così tutto il peso dello scontro con Occhiuto è finito sulle spalle di Wanda. Certo, Wanda ha le spalle larghe e può reggere questo e altro, ma un minimo di supporto, forse, da Fausto se lo aspettava. Invece l’ha lasciata sola nei “vertici” preferragostiani, dove si discuteva animatamente su come rispondere alla mossa del somaro di Occhiuto — le dimissioni con annessa ricandidatura, arrivate subito dopo la notifica della proroga d’indagine. Avrà pensato: meglio non farsi vedere, un sia mai u vena a sapì Occhiuto.

E l’ha lasciata sola anche nella tornata elettorale. Non voleva fare torto a Roberto, aderendo alla chiamata alle armi di Giorgia, che pretendeva la presenza in campo di tutti gli eletti di FdI per affermare il partito e ridimensionare lo strapotere elettorale di Occhiuto. Ma Fausto, fedele alla sua natura, ha preferito restare nell’ombra. Non sia mai che Occhiuto si offendesse. Non solo: in campagna elettorale ha lavorato esclusivamente per il suo candidato, Angelo Brutto, e se Wanda non si fosse attrezzata con Montuoro, oggi Faustino potrebbe persino rivendicare — dopo essersi nascosto per tutta la battaglia — un suo primato politico all’interno di FdI Calabria. E magari pretendere pure gli applausi. Ma gli è andata male. Fausto ha piazzato il suo uomo, ma Wanda anche il suo. E con un risultato che, stavolta, a Montuoro, va riconosciuto. Ma qualcosa, per Fausto, dovrà uscire lo stesso. Del resto, anche se in battaglia si è comportato da codardo, fa sempre parte del fuoco amico. Magari pensa di estorcere a Wanda la promessa di avallare la sua nomina a segretario regionale di Fratelli d’Italia “per meriti sul campo”. Non gli manca la faccia.

Ora che le urne sono chiuse e la fase più dura dello scontro è passata — grazie alla gestione di Wanda, che è riuscita a contenere i danni — Fausto si rifà vivo, come quei soldati che spuntano a battaglia finita per spartirsi il bottino senza aver sparato un colpo. Quel che è fatto è fatto: non ha più nulla da temere. Lo scontro, adesso, si sposta dalle urne ai faldoni in Procura. Sa bene che da questo momento in poi sarà la magistratura a muovere le pedine: gli basta continuare a comportarsi da vigliacco, come ha fatto finora, perché stavolta è la Dda di Catanzaro a doverci mettere la faccia e le palle. Lui, invece, può starsene seduto tranquillo a godersi lo spettacolo.
E se le sue paure dovessero materializzarsi — se cioè la DDA di Catanzaro dovesse mostrarsi accomodante con Occhiuto, proseguendo la vecchia tradizione dell’uso della giustizia per regolare conti politici e permettendogli ancora una volta di farla franca — di fronte a un Occhiuto impunito e pronto alla vendetta, Fausto potrà sempre dirgli: “io non c’entro niente Robè, è stata Wanda.”