Crotone. In via Israele si specula sopra il piano di emergenza della Protezione Civile

IN VIA ISRAELE SI SPECULA SOPRA IL PIANO DI EMERGENZA DELLA PROTEZIONE CIVILE

Fonte: U’Ruccularu

Nel quartiere Tufolo-Farina, dove il Piano di Protezione Civile segna “Area di attesa A65”, il Comune vuole farci palazzine. Il comitato insorge, gli Ordini professionali dicono no, ma la giunta tira dritto. Ma il dirigente firma, l’assessore balbetta e la città rischia di perdere pure l’ultima area sicura. Intanto il quartiere Tufolo-Farina resiste e si ribella.

IL LOTTO DELLE MERAVIGLIE (O DELLE FURBIZIE)
L’intervento oggetto della controversia si colloca nel cuore del quartiere Tufolo-Farina, in via Israele, sul lotto catastale foglio 51 particella 4062.
Formalmente l’area è di proprietà del Comune di Crotone, ma risulta ancora gravata da un diritto di superficie in favore del Consorzio Lavoratori Montedison.
Ciò significa che l’amministrazione non detiene pieno titolo di proprietà, condizione necessaria per approvare un atto amministrativo come il Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP), che presuppone la disponibilità esclusiva del suolo.
Secondo gli strumenti urbanistici vigenti — il Piano Regolatore Generale e i piani di lottizzazione del 1995 — la particella è classificata come verde di quartiere, oggi preda dell’ennesimo “colpo di genio amministrativo”.
Si approva un Documento di Indirizzo alla Progettazione come se tutto fosse chiaro, mentre i titoli di proprietà dormono nel limbo giuridico.
Mistero glorioso e tipicamente pitagorico: costruire sul nulla.
Ma la scoperta più rilevante riguarda il Piano Comunale di Protezione Civile, che individua l’area come Area di Attesa A65, destinata al raduno della popolazione in caso di emergenze o calamità naturali.

UN QUARTIERE SATURO, UNO SPAZIO ESSENZIALE
Tufolo-Farina è una delle zone più densamente urbanizzate di Crotone.
La carenza di parcheggi, spazi pubblici e vie di fuga è nota da anni.
Per questo, la destinazione originaria dell’area come “verde e di protezione civile” è sempre stata considerata un punto di equilibrio urbanistico e di sicurezza per l’intero quartiere.
Trasformarla oggi in area edificabile equivarrebbe, secondo il Comitato, a neutralizzare una funzione vitale del sistema comunale di emergenza.

L’INSURREZIONE CIVICA
Il progetto prende forma con la Delibera di Giunta n. 325 del 10 luglio 2025, che approva il Documento di Indirizzo alla Progettazione per la realizzazione di 24 alloggi sociali, finanziati attraverso il programma europeo Agenda Urbana.
Intanto però — il Comitato Tufolo-Farina, che non è nuovo alle battaglie — questa volta ha messo insieme 800 firme, assemblee pubbliche permanenti, una raccolta fondi che ha superato ogni aspettativa e perfino i pareri degli Ordini professionali.
Risultato? Tutti concordi.
Subito dopo l’approvazione, infatti, il Comitato di Quartiere Tufolo-Farina ha avviato una mobilitazione civile:
richiesta formale di annullamento in autotutela della delibera;
assemblee pubbliche e presidi nel quartiere;
una petizione popolare che ha raccolto un ampio consenso;
e la raccolta fondi per un eventuale ricorso al TAR.
Il comitato ha inoltre ricordato che esistono aree alternative già individuate dal Comune con la Delibera n. 116 del 2016, destinate a edilizia pubblica (PEEP) e pienamente edificabili, smentendo così di fatto l’assessore che, pur di difendere la propria scelta, ha tacciato di “razzismo” i promotori del ricorso.

I LAPIDARI PARERI TECNICI DEGLI ORDINI PROFESSIONALI
La documentazione urbanistica raccolta dal comitato è stata trasmessa agli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri della Provincia di Crotone.
Entrambi gli Ordini hanno espresso pareri convergenti:
l’area non è edificabile in quanto destinata a verde pubblico;
qualsiasi variazione di destinazione d’uso richiederebbe un atto del Consiglio comunale, non una delibera di Giunta;
il progetto contrasta con gli standard urbanistici minimi e con il principio di consumo di suolo zero, adottato dallo stesso Comune in precedenti atti di indirizzo.

LE MOSSE DELL’AMMINISTRAZIONE: L’ARTE DI ARRAMPICARSI SUL CEMENTO
Nonostante le evidenze tecniche, il Comune ha rigettato l’istanza di annullamento in autotutela, giustificando la scelta con il rischio di perdere il finanziamento europeo.
Come se la sicurezza pubblica fosse una variabile negoziabile.
Una motivazione che il comitato definisce “non veritiera”, poiché l’amministrazione avrebbe potuto delocalizzare l’intervento su aree idonee senza rinunciare ai fondi.
Per tappare le falle, solo a ridosso della scadenza dei termini per il ricorso, l’amministrazione ha prodotto nuova documentazione: un’osservazione del 2002 presentata dal Consorzio Lavoratori Montedison, che chiedeva di recuperare presunte “volumetrie residue” maturate altrove.
Ma non esiste traccia di un formale provvedimento regionale che ne abbia mai riconosciuto la validità.
Le volumetrie, in ogni caso, non possono essere utilizzate su aree cedute al Comune come verde e servizi.
Inoltre, lo stesso Comune ha ammesso di essere in trattativa privata con il liquidatore del Consorzio per l’acquisizione dei diritti edificatori.
Un intreccio che suscita ulteriori perplessità, considerando che lo stesso professionista avrebbe ricevuto nel 2023 un incarico comunale da 55.000 euro per la progettazione dell’area antistante il Teatro comunale.
Come dire: una tempistica che profuma più di déjà-vu che di coincidenza.

LA MAGNA QUAESTIO DELLA PROTEZIONE CIVILE
L’elemento più grave emerso dalle verifiche è la violazione del Piano di Protezione Civile.
L’area di via Israele, infatti, è ufficialmente registrata come Area di Attesa A65, ossia uno dei punti di raccolta previsti per la popolazione in caso di emergenza.
Costruire in quell’area significherebbe compromettere un presidio di sicurezza collettiva in una città che già soffre di vulnerabilità idrogeologiche e carenza di spazi di sfollamento.
Il piano di emergenza, risalente al 2016, è già sottodimensionato rispetto all’attuale densità abitativa: sottrarre un’area di attesa aggraverebbe la situazione.
Anche il nuovo Piano Strutturale Comunale (PSC), in corso di approvazione, riconosce la funzione pubblica dell’area, classificandola come standard urbanistico di previsione.
Una contraddizione che rende ancora più inspiegabile l’insistenza dell’amministrazione, come a voler vincere il contenzioso per poter prevalere a tutti i costi, agli occhi dell’opinione pubblica, su chi critica in modo costruttivo e responsabile un’azione tanto scellerata quanto ormai troppo sospetta.

IL RICORSO AL TAR E GLI OBIETTIVI DEL COMITATO
L’8 ottobre 2025 il Comitato Tufolo-Farina ha depositato ricorso al TAR Calabria, non per ottenere una sospensiva cautelare, ma per far dichiarare l’illegittimità sostanziale e procedurale della Delibera n. 325/2025.
Il ricorso invoca la violazione:
delle norme urbanistiche e di pianificazione territoriale;
del Piano Comunale di Protezione Civile;
dei principi di partecipazione e trasparenza amministrativa;
e del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione.
L’obiettivo del comitato, dichiarato apertamente, non è ostacolare l’edilizia sociale, ma garantire che venga realizzata in aree pianificate, sicure e legalmente idonee, nel rispetto della vivibilità e dell’interesse collettivo.

L’ASSESSORE E IL DIRIGENTE: IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI (O DEI COMPLICI?)
C’è chi firma delibere senza leggere i piani di protezione civile e chi li ignora proprio.
Il dirigente responsabile, a quanto pare, rientra nella seconda categoria.
Com’è stato possibile che un dirigente firmi un atto ignorando la mappa del Piano di Protezione Civile?
Firmare un atto che collide con un piano comunale di emergenza non è solo leggerezza: è un pericolo amministrativo che crea un precedente rischioso.
Crotone è città a rischio idrogeologico, sismico, sanitario e burocratico.
Eppure, il dirigente addetto sembra più concentrato a compiacere il potere politico che a difendere la sicurezza pubblica.
A questo punto, più che una sospensione, servirebbe una revoca in tronco, perché — al di là dell’esito giudiziario — la vicenda solleva interrogativi profondi sulla gestione della pianificazione a Crotone.
Com’è possibile, invece, che un assessore all’urbanistica non rilevi il conflitto tra strumenti pianificatori?
L’assessore balbetta frasi sulla “mescolanza sociale” e la “permeabilità urbana”.
Tradotto: parole buone per un goffo tentativo di discredito, pessime per un atto amministrativo.
Il quartiere non chiede “permeabilità”, ma coerenza e sicurezza.
Un assessore che ignora la mappa del Piano di Protezione Civile — o peggio, la conosce e la ignora — non ha più titolo per restare in carica.
Le dimissioni, in questo caso, non sarebbero un atto politico, ma un gesto di decenza.
E soprattutto: dov’è il controllo politico del sindaco e dei consiglieri di fronte a un errore tanto macroscopico?
Il consiglio comunale è stato esautorato da questa iniziativa amministrativa a colpi di delibera di Giunta, infatti non si è mai aperta nessuna discussione in consiglio comunale.
Il caso di via Israele non è un semplice scontro di opinioni: è il sintomo di una disconnessione strutturale tra amministrazione e territorio.
Un atto firmato con leggerezza, un piano ignorato, una città che rischia di perdere sicurezza e fiducia nei propri istituti.

IL COMITATO COME I 300 ALLE TERMOPILI
Il Comitato Tufolo-Farina ha già annunciato che la battaglia “è solo all’inizio”.
Il ricorso al TAR, depositato l’8 ottobre 2025, non chiede la sospensiva: chiede giustizia.
Vuole far dichiarare l’illegittimità sostanziale e procedurale della delibera n. 325/2025, per violazione delle norme urbanistiche, del Piano di Protezione Civile e dei principi di legalità e buon andamento.

È un gesto civile, non politico: una difesa collettiva contro chi ha trasformato la città in un laboratorio di esperimenti edilizi senza bussola.
Il ricorso sarà affiancato da ulteriori azioni civiche e da una richiesta di verifica alla Regione Calabria e alla Protezione Civile regionale.
Già lunedì 13 ottobre il comitato di quartiere Tufolo-Farina ha indetto una conferenza stampa a cui sono stati invitati, oltre agli organi di stampa, anche i 32 consiglieri comunali di Crotone.

L’incontro, finalizzato a illustrare i 12 motivi del ricorso, si terrà nella sede di Fenimprese, in via Ruffo 13, alle ore 16:00.
Nel frattempo, il quartiere continua a difendere l’ultima area verde rimasta: un luogo che, secondo i piani, dovrebbe accogliere cittadini in caso di emergenza — non cemento in caso di elezioni.

Perché c’è ancora chi pensa che il cemento sia un simbolo di progresso.
Il problema, però, non è solo dove vogliono costruire, ma come ragionano.
Perché se un’amministrazione arriva a pianificare sopra le aree di sfollamento, significa che ha perso contatto con la realtà — o peggio, con la propria coscienza.
Barattata con il palazzinaro di turno… o di zona, in nome della speculazione edilizia.
Antica Kroton docet…