NOTA STAMPA LA BASE COSENZA
Sanità calabrese: numeri da dopoguerra, vergogna della politica
I dati diffusi da Meridiano Sanità Regional Index sullo stato della salute pubblica nelle regioni italiane delineano un quadro drammatico.
La Calabria si colloca agli ultimi posti, con un punteggio fermo a 3,2 su 10: un risultato che, più che un numero, rappresenta la misura di un’emergenza strutturale e morale.
Ogni punto perso in questa classifica equivale a vite più fragili, cure negate, speranze infrante, morti premature.
In Calabria ci ammaliamo prima e moriamo prima.
Chi nasce qui ha tre anni di aspettativa di vita in meno rispetto a chi nasce al Nord. Ma non è solo questione di longevità: gli anni vissuti in buona salute sono appena 54, contro i 70 della provincia di Trento.
Un divario che non può essere considerato una semplice differenza territoriale, ma una lesione profonda del diritto costituzionale alla salute.
Ancora più allarmanti sono i dati relativi alla prevenzione oncologica: in Calabria solo il 13,4% della popolazione è coperta dai programmi di screening, contro il 78,9% dell’Emilia-Romagna.
Un abisso che traduce in cifre una verità dolorosa: qui si scoprono i tumori troppo tardi, qui si muore di più.
Il circolo vizioso è noto, eppure nessuno lo interrompe: siamo più poveri, preveniamo meno, ci ammaliamo di più, ci curiamo peggio, moriamo prima.
E tutto questo accade nell’indifferenza quasi totale delle istituzioni.
Con quale credibilità i governi nazionali possono sostenere di voler ridurre il divario Nord-Sud, mentre lasciano intere regioni senza un sistema sanitario degno di questo nome?
Con quale coraggio la classe politica calabrese continua, da decenni, a promettere ciò che non mantiene, mentre ospedali e presìdi territoriali cadono a pezzi, i medici emigrano, e i cittadini sono costretti a cercare altrove la speranza di una cura?
Non bastano più le parole, i piani straordinari o i commissariamenti infiniti.
Serve una riforma profonda, strutturale e coraggiosa, capace di restituire ai calabresi il diritto a una sanità pubblica efficiente, equa e di qualità.
Rassegnarsi è inaccettabile.
Essere costretti ad andarsene non può essere l’unica soluzione.









