(di Marco Travaglio – il Fatto Quotidiano) – Finché esisterà la criminalità, sarà impossibile impedire che un giornalista libero venga intimidito con un attentato. Ma, a parte indagare su chi l’ha ordinata e piazzata, un modo per trasformare la bomba contro Sigfrido Ranucci in un clamoroso autogol ci sarebbe: allontanare il bastone del potere dalla testa dei giornalisti liberi, nella speranza che il loro numero – oggi piuttosto esiguo – aumenti. E diventi impossibile intimidirli tutti.
Una proposta di pronto intervento l’ha lanciata Francesco Storace, politico e giornalista di destra un tempo noto come “Epurator” (più per posa che per indole) e ora approdato a posizioni talvolta ragionevoli: chi ha fatto causa a Report la ritiri subito. Ma la sua idea è caduta nel gelo dei tanti esponenti di centrodestra e centrosinistra che dovrebbero levare le grinfie dal collo di Ranucci. Quindi serve una legge, che fra l’altro c’è già: quella di un solo articolo che attende da cinque anni di essere approvata in Parlamento. La presentarono l’allora senatore M5S Primo Di Nicola e altri eletti. Non prevede per i giornalisti la licenza di calunniare o di diffamare, né alcun altro privilegio. Stabilisce che può essere condannato a risarcimenti in sede civile solo chi lede la reputazione di qualcuno “in malafede o per colpa grave” (non per errori o sviste, facilmente rimediabili con rettifiche e scuse); ma se poi il giudice dà ragione al giornalista, è quest’ultimo che va risarcito: chi l’ha citato in giudizio senza motivo deve pagargli i danni per non meno della metà della somma richiesta. Tizio chiede un milione al cronista Caio e perde la causa? Tizio deve versare a Caio almeno mezzo milione.
Così chi spara cifre stratosferiche per spaventare i giornalisti e se ne vanta sui media per non rispondere delle proprie azioni e dirottare l’attenzione su quelle del cronista ci penserà due volte prima di rifarlo: più chiede e più rischia di sborsare. E magari si tornerà al bon ton di un tempo, quando i potenti rispondevano ai giornalisti che li interpellavano per avere la loro versione dei fatti e poi, se non erano soddisfatti, chiedevano una rettifica anziché trascinarli subito in tribunale. Naturalmente, con questa classe politica e questa maggioranza, le speranze che questa legge veda la luce sono pari a quelle di sopravvivenza del famoso gatto in tangenziale. Ma, siccome sull’attentato a Sigfrido è intervenuto anche il capo dello Stato, si può sperare che la norma arrivi almeno al voto. E lì ci sarà da divertirsi, perché ciascuno dei 600 parlamentari dovrà mettere la faccia pro o contro quella che potremmo chiamare “legge Ranucci”. Così finalmente vedremo chi, fra i salici piangenti last minute per la libertà di stampa, è sincero e chi ha nascosto il bastone dietro la schiena per ritirarlo fuori alla prima occasione.