Calabria 2025. La (finta) democrazia diretta del M5s al servizio dei vertici locali

M5S: UN’ALTRA DELLE RAGIONI DI UNA SCONFITTA

di Pino Tassi

Per completare il mio ragionamento sul buco democratico che c’è nel M5S a livello regionale e provinciale andiamo a vedere come e da chi sono state decise le liste elettorali nelle tre circoscrizioni calabresi.

In data 31 agosto esce sulle pagine del M5S un comunicato di Giuseppe Conte che nella sua qualità di Presidente Nazionale del M5S convoca una consultazione in rete degli iscritti in Calabria per approvare le liste. Tre liste bloccate da approvare o da bocciare. Sempre in questa informativa Giuseppe Conte ci dice il criterio assunto per la scelta: “D’intesa con la coordinatrice regionale, che ha preventivamente attivato un confronto con i coordinatori provinciali, i portavoce eletti e i rappresentanti dei gruppi territoriali, attingendo alle proposte di autocandidatura pervenute o integrandole ove necessario, rispettando gli obblighi di rappresentanza di genere imposti dalla legge, i requisiti per la candidatura previsti dal nostro Codice etico, l’esigenza di rappresentare le varie aree del territorio in modo armonico e di valorizzare al massimo le competenze degli stessi iscritti, sia al fine di rendere dette liste maggiormente competitive che di garantire la presentazione in ogni circoscrizione, abbiamo delineato le seguenti proposte di liste di candidati per ciascuna circoscrizione… “.

Il 1° settembre si vota e su 4.412 iscritti votano in 1.473, approvano le liste votando si in 1.197 e 276 votano no. In pratica le liste sono state approvate da una minoranza del 27% degli iscritti. Se andiamo a considerare che il M5S ha preso 48.775, significa che le liste del M5S sono state approvate dal 2,5 % dei suoi votanti. Qualcuno mi potrebbe obiettare che mille e duecento persone che hanno approvato le liste è un numero di gran lunga superiore a quello che hanno approvato le liste nei vari organismi degli altri partiti.

Giusta osservazione. Infatti Il metodo di elezione e di consultazione diretto nasce per dare maggiore spazio alla volontà degli iscritti singoli, e limitare le camarille e gli accordicchi che si verificano negli altri partiti, e in specie nel Pd, con i signori delle tessere. Purtroppo il risultato non è dissimile, anzi per alcuni versi è peggiore. In realtà, il metodo della consultazione diretta, di per sé una innovazione ottima, se tu lo realizzi su liste bloccate arriva agli stessi risultati dei vecchi partiti. Le liste, infatti, scaturiscono sempre dall’alto, vengono concordate tra parlamentari e consiglieri regionali eletti e poi sottoposte al voto senza alcun sbarramento per la validazione delle stesse. Siamo in una democrazia apparente e bloccata, in cui l’iscritto conta poco o nulla e infatti non va a votare per ratificare gli accordi tra i vari valvassori regionali. Il metodo delle liste bloccate era in uso ai tempi del PCI in cui i gruppi dirigenti venivano selezionati dall’alto e poi proposti alla base. E in ogni caso nel PCI esistevano livelli organizzativi di confronto molto maggiori e articolati.

Non si capisce perché Giuseppe Conte mette in subordine la scelta che avrebbe garantito maggiore democrazia. Infatti nel caso che le liste bloccate fossero state respinte dalla base allora si sarebbe passati ad un metodo decisamente più libero e meno controllato, mettendo in votazione le singole autocandidature pervenute e le liste sarebbero state composte dai candidati che avrebbero ottenuto le maggiore preferenze. Anche qui mi si potrebbe obiettare che la Scutellà, Tavernise e la Barbuto sarebbero stati quelli che avrebbero preso i maggiori consensi. Vero, però è altrettanto vero che si potevano avere candidati sgraditi in questo o quel territorio che avrebbero potuto rompere gli equilibri raggiunti.

Per concludere. Anche un metodo innovativo di democrazia diretta come la scelta dei candidati attraverso una scelta della base può essere piegato a logiche di controllo dei vertici locali. E siccome la gente non è scema si tiene lontano dall’iscriversi e dal votare.

E in ogni caso la democrazia diretta non sopperisce alla necessità di avere livelli organizzativi a livello regionale e provinciale, quello che ponevo nel mio precedente articolo, in cui sviluppare un serio e proficuo confronto democratico. La politica non è semplicemente scegliere candidati o scegliere tra un sì o un no. La politica è confronto, dialettica, scontro, sintesi.