Togliamoci il cappello dinanzi alla famiglia Cedolia. Un’altra famiglia con tanti santi (è proprio il caso di dirlo!) in paradiso e tanti amici degli amici.
Uno, Massimiliano, è scappato con i soldi delle offerte di San Francesco da Paola e il suo processo andrà in prescrizione. Come da copione consolidato.
L’altro, Flavio, ha appena incassato 230 mila euro dall’ASP di Cosenza nonostante abbia svolto le mansioni di direttore amministrativo senza la laurea vera, quella vecchio ordinamento o magistrale.
La delibera è stata pubblicata martedì scorso, una vergogna. Flavio Cedolia è stato rimosso ma aveva diritto ancora a 3 anni di contratto. Giovanni Lauricella, il responsabile dell’ufficio legale dell’ASP in primo grado non ha fatto unificare i ricorsi. E così l’ASP vincera l’appello ma Cedolia, che all’epoca non aveva la laurea ed è a giudizio, non restituirà i soldi per i quali proprio martedì ha avuto il via libera. Cose che possono accadere soltanto a Cosenza.
Ma raccontiamo i fatti perbene.
Nel 2013 il direttore generale dell’ASP Gianfranco Scarpelli caccia Cedolia, perché, in qualità di direttore amministrativo, non ha la laurea valida. Ne ha una triennale che non vale un fico secco per la legge 502/92 che disciplina gli incarichi nelle ASP. Al punto che viene rinviato a giudizio.
Flavio Cedolia nato a Praia a Mare ma residente a Belvedere, classe 1963, è uno dei più rapaci predatori di incarichi di sottogoverno, sponsorizzato da Michele Trematerra e tutto il cucuzzaro della sua organizzazione. E’ stato direttore di Fincalabra ma ha ricoperto negli anni altri incarichi di vertice in diverse strutture pubbliche, tra queste, oltre a Fincalabra, anche Telcal e Corecom.
In quello stesso periodo, la Regione (sempre tramite il suo protettore Trematerra) lo nomina direttore dell’ARSAC (ex Arssa). Il bando è ambiguo e si richiede il diploma di laurea: se non si specifica (al tempo) anche la laurea triennale può avere valore. E così, visto che all’ASP era stato sgamato (e non c’è modo di arrampicarsi sugli specchi), si tiene l’incarico all’Arsac ma non solo.
Adesso viene il bello ed entra in gioco Giovanni Lauricella, il famoso distruttore dell’ufficio legale dell’ASP noto per avere dato 416 (come il codice dell’associazione a delinquere) incarichi a un solo legale esterno e per avere firmato due volte la conciliazione legale con Campanella salvo poi chiederne (come legale aziendale) la rescissione.
Cedolia fa ricorso al giudice del lavoro. Una causa che anche un principiante vincerebbe ma non Lauricella: l’avvocato dimentica (chissà perché!) di fare incardinare i due procedimenti pendenti dinanzi al giudice, cioè quello avanzato da Cedolia e la risposta dell’ASP, che indica nella mancanza di requisiti il motivo della decadenza. Non a caso la stessa procura della Repubblica rinvia a giudizio Cedolia.
Il giudice del lavoro, però, non può decidere in base alle controdeduzioni dell’ASP e cosi liquida oltre duecentomila euro al “manager” di Belvedere Marittimo.
L’ASP si rivolge all’avvocato Giovanni Spataro, che il suo mestiere lo sa fare, e ottiene un giudizio incardinato in appello per fine anno. A questo punto basterebbe chiedere la sospensiva alla Corte d’Appello, adducendo il motivo di una fidejussione mancante da parte dello stesso Cedolia: in sostanza, se in Appello e in Cassazione l’ASP vincesse e Cedolia non avesse beni, i soldi dati non tornerebbero indietro.
L’ASP, però, non fa nulla di questo, ci mancherebbe! E così un signore senza laurea, con un processo penale in corso, si porta a casa oltre duecentomila euro grazie ad un’Azienda sanitaria inetta e incapace, con un ufficio legale inetto e ridicolo.
E Palla Palla che fa? Stesse in silenzio, almeno. Per pudore.