Da poche ore Cosenza ha dato l’ultimo saluto a Giuseppe Milicchio, valente giornalista e impareggiabile radio-tele-cronista del Cosenza Calcio, che ha attraversato da grande protagonista almeno 50 anni di storia rossoblù. Lo stiamo ricordando degnamente e per come merita raccontando questa storia in diverse puntate. Prima gli anni Settanta, poi i primi anni Ottanta. Quindi la storica promozione in Serie B del 1988. E ieri il primo anno di quella Serie B attesa per 24 lunghissimi anni.
di Gabriele Carchidi
Prima di addentrarci nel racconto degli anni Novanta di Giuseppe Milicchio e del Cosenza Calcio, non possiamo evitare un riferimento alla fine devastante del 1989. Se fino alla tarda primavera abbiamo cullato il sogno della Serie A, sfumato poi a Taranto per i perversi meccanismi della classifica avulsa, i mesi successivi si sarebbero rivelati nefasti. Il campionato 1989-90, nonostante l’arrivo di un grande allenatore come Gigi Simoni, il ritorno di una bandiera mai ammainata come Gigi Marulla e l’ingaggio di un signor fantasista come Ciro Muro, si rivelerà un vero e proprio calvario, non solo per l’aspetto sportivo. Il 18 novembre 1989 si consumerà il barbaro omicidio di Denis Bergamini e da queste pagine stamattina annunciamo che proprio per quel giorno, nel 37° anniversario della sua morte, spiegheremo ai cosentini (e non solo) come Giuseppe aveva capito subito che cosa era successo grazie al suo “sopralluogo” sul posto del delitto. Meno di un mese dopo, il 9 dicembre del 1989, Giuseppe rimase coinvolto in un grave incidente stradale sull’A3 mentre insieme agli inseparabili Cenzino Speziale e Massimino Mazzotta stava andando a fare la radiocronaca di Licata-Cosenza. Ne era uscito parecchio malconcio e gli avevano messo una quarantina di punti di sutura in testa, ma ci voleva ben altro per fermarlo e neanche due settimane dopo era di nuovo al volante appriassu aru… Cusenza.
Ma la maledetta cattiva stella che aveva caratterizzato quella stagione si materializzò il 4 giugno del 1990, dopo l’ultima giornata a Trieste, dove il Cosenza si salvò per il rotto della cuffia e per la differenza reti con al timone il vecchio stregone Gianni Di Marzio, che era stato richiamato d’urgenza dal presidente Serra dopo l’esonero di Simoni.
In un terribile incidente sulla statale 106, proprio mentre stavano tornando in macchina da Trieste, persero la vita due dei più grandi amici di Giuseppe: Mimmolino Corrente e Alfredo Rende. Stavano tornando in macchina perché il portiere Di Leo aveva paura di prendere l’aereo e quindi sarebbe toccato a loro accompagnarlo a casa, in Puglia. Giuseppe avrebbe volentieri affrontato il viaggio al posto loro ma non ci fu verso di convincerli e Mimmolino e Alfredo dissero di no anche a Di Leo, che si era offerto di ospitarli a casa sua per la notte e per evitargli il viaggio al buio. Ma Mimmolino e Alfredo dissero di no anche a lui.
Mimmolino, ex calciatore – tra le altre squadre – dello Schiavonea, del Castrovillari e della Morrone, era un uomo estroverso e vulcanico, benvoluto da tutti per il suo carattere e per la sua grande generosità. Il calcio è sempre stata la sua passione e già dalla metà degli anni Ottanta era entrato nella grande famiglia rossoblù ed era impegnato tutto il giorno per la causa del Cosenza: dalla prima squadra al settore giovanile.
Alfredo, più introverso ma non per questo meno generoso, era invece maggiormente impegnato insieme ai magazzinieri sul fronte della prima squadra ed era un grandissimo nell’organizzazione e nella logistica.
Il loro cuore era rossoblù e per questi colori hanno perso la vita, i l 4 giugno 1990. Il rapporto di Giuseppe con Mimmolino era speciale: gli bastava uno sguardo per intendersi al volo, sapevano sempre un minuto prima degli altri quello che si doveva fare o quello che sarebbe successo. E poi insieme erano uno spettacolo, soprattutto quando si trattava di stare a tavola e magari “affrontare” qualche bottiglia di vino, Mi sono trovato tante volte alla loro tavola e in una occasione ho anche esagerato molto più… di loro. Per esempio, a Locorotondo, prima della memorabile trasferta di Bari del 29 maggio 1989 quando vincemmo 0-3. Ricordi indelebili e incancellabili.
Per farvi capire quanto Giuseppe fosse legato soprattutto a Mimmolino, basta leggere la didascalia che ha voluto scrivere alla fotografia che vedete in copertina. “Foto di Ciccio Arena, meglio di un gol!”.

Ma Mimmolino e Alfredo avevano capito perfettamente e molto meglio di noi quello che era successo a Denis Bergamini e sono convinto che avevano capito benissimo anche chi è stato ad ucciderlo. Mimmolino era riuscito, grazie alle sue “conioscenze” a recuperare le scarpe di Denis Bergamini che erano scampate al rogo dei vestiti e degli effetti personali e le avrebbero portate personalmente a casa di Denis, come avevano promesso alla sorella Donata. Ma quel maledetto incidente gliel’ha impedito. In ogni caso, però, quelle scarpe sono arrivate lo stesso a Boccaleone di Argenta e proprio da quelle scarpe, incredibilmente pulite e praticamente intatte, e proprio grazie a Mimmolino e ad Alfredo è iniziato il lunghissimo percorso verso la verità e la giustizia. Sempre a futura memoria.









