DOSSIER – 30 ANNI DI 118 IN CALABRIA
DAL POLLINO ALL’ASPROMONTE: LA BALLATA DEL DISASTRO ANNUNCIATO
La Calabria si prepara a celebrare trent’anni di servizio 118, e lo fa con un manifesto patinato dove sfilano decine di nomi, titoli, comitati organizzatori, direttori, presidenti, moderatori, referenti, loghi, patrocini richiesti… Il tutto confezionato come se il 118 fosse un’eccellenza europea, un servizio efficiente, moderno, puntuale, capillare.
Ma basta uscire dalla Sala Verde della Cittadella (dove si terrà la pagliacciata), dalle passerelle e dalla propaganda occhiutiana, per incontrare la realtà: un sistema che negli ultimi anni è stato smontato, svuotato e sfigurato, fino a diventare uno dei più fragili d’Italia.
E allora, prima di spegnere le candeline, ripercorriamo la verità: trenta anni di occasioni mancate, errori strategici, disorganizzazione cronica e vite spezzate.
1. DALL’“ETÀ D’ORO” AL DECLINO: LA CADUTA LENTA E INEVITABILE
Negli anni ’90 e nei primi anni 2000 il 118 calabrese, pur tra mille difficoltà, pochi mezzi e senza rete internet, era considerato un modello misto pubblico-privato efficacissimo, come testimoniava in un post anche il Dr. Francesco Febbraio, oggi in pensione, uno dei veterani illustri del servizio: medici presenti, infermieri stabili, postazioni attive, volontariato ben integrato, tempi di risposta accettabili.
Poi è cominciata la discesa. Sottofinanziamento, tagli continui, assenza di programmazione, politicizzazione delle Centrali Operative, assenza di assunzioni, assenza di formazione seria. Il servizio si è rotto pezzo per pezzo. E quando qualcosa crolla, in Calabria si nomina un manager. O due. O tre. O un comitato. Poi il nulla!
2. AZIENDA ZERO: LA GRANDE PROMESSA (MAI MANTENUTA)
La stampa locale — noi di IACCHITE’ in primis – continua a raccontare la saga di Azienda Zero, il grande carrozzone burocratico regionale nato per “centralizzare”, “ottimizzare”, “razionalizzare”… e infine non fare nulla! Risultato? Stipendi d’oro a dirigenti inutili Ritardi programmatici. Piani incompiuti. Procedure lente come tartarughe zoppe. Nessuna riorganizzazione reale del 118. Un altro livello di burocrazia sopra a una burocrazia già ingolfata. La macchina regionale si è fermata. Il territorio è rimasto indietro. E la politica ha continuato a fare nomi, rotazioni, ricollocazioni, incarichi provvisori, aggiustamenti. Sempre gli stessi nomi, sempre gli stessi giri di valzer.
Il famoso “piano di rientro” che doveva servire per risparmiare dove si poteva e far rientrare le spese, di fatto ha tagliato soldi dappertutto, tranne che per presidenti, dirigenti, portaborse e mangioni vari.
3. LE CENTRALI OPERATIVE: FEUDI, NOMINE E CAOS FUNZIONALE
La Centrale Operativa del 118 — in particolare quella di Cosenza, più volte citata dalla stampa — è stata al centro di: rotazioni sospette, scelte organizzative discutibili, mancata pianificazione dei territori, tensioni interne, carichi di lavoro impossibili, un continuo rimpallo di ruoli tra figure più o meno gradite alla politica.
Non sono accuse, sono fatti documentati negli articoli locali, negli atti non pubblicati (ma ben conosciuti) ed in quelli presenti nei vari siti istituzionali delle varie Asp e Aziende Ospedaliere. Ogni volta che succede qualcosa, viene fuori lo stesso refrain: “Mancata coordinazione”, “caos nelle comunicazioni”, “turni coperti a metà”, “poche ambulanze medicalizzate”, “personale insufficiente”. E mentre i territori urlavano, la Centrale Operativa diventava un ufficio di collocamento, più che una centrale di soccorso. Luoghi dove ancora oggi, dopo tutte le inchieste giornalistiche e gli sputtanamenti in presa diretta, permangono clientelismi e favoritismi… alla faccia del merito!
4. POSTAZIONI FANTASMA E CONVENZIONI MAI ATTIVATE
Il catalogo dei fallimenti è lungo: postazioni, a tutt’oggi, inaugurate solo sulla carta, “ambulance point” annunciati e poi mai operativi, convenzioni firmate e lasciate marcire nei cassetti, nella speranza che qualcuno si scordi che esistano, ambulanze ferme perché senza medico, mezzi bloccati perché senza infermiere, territori scoperti per ore intere. Interi comuni — soprattutto nel Pollino, nella Sila Greca, nella costa ionica — sono rimasti senza copertura reale, non per colpa degli operatori, ma per incapacità della dirigenza.
5. I VOLONTARI: SPREMUTI E USATI COME TAPPI
Il 118 calabrese poggia da anni sulle spalle dei volontari. Volontari che: prendono pochi euro a turno, coprono servizi essenziali, vengono lasciati soli quando il sistema collassa, lavorano senza tutele e senza diritti, fanno il lavoro che dovrebbe fare il personale strutturato. E mentre loro fanno sacrifici veri, altri — i “capizzùni” (quelli che leggete nella locandina), come li chiamano giustamente — si preparano ai premi di produzione di fine anno, quegli incentivi burocratici legati ai “risultati” (che nessuno vede e che hanno fatto altri, non loro)… ma che puntualmente, solo per questi, si trasformano in moneta sonante.
6. LE VITTIME ILLUSTRI DELLA MALASANITÀ DI EMERGENZA
Il 118 e tutto il sistema di emergenza-urgenza calabrese non è solo un servizio mal gestito. È un sistema che, quando fallisce, uccide. Due nomi, su tutti, sono diventati simboli:
SERAFINO CONGI
Una morte che non si cancella. Una sequenza di ritardi, errori, mancanze e incomprensioni che ha aperto una ferita enorme nella coscienza collettiva… tranne che in quella dei responsabili.
CARLOTTA LA CROCE (12 anni)
Una tragedia che ha scosso l’intera regione. Una serie di ritardi e disorganizzazione che nessun convegno potrà mai mascherare. Due storie diventate bandiere della vergogna. E non sono le uniche. La stampa ne ha raccontate decine, tutte accomunate dallo stesso filo rosso: il 118 non arriva in tempo perché il sistema è rotto, è bacato, è incompetente… e pensa solo a mangiare.
7. IL PARADOSSO DEL CONVEGNO: LA FESTA DI CHI HA FALLITO
Ed eccoci alla parte più grottesca: la celebrazione dei “30 anni”. Nel manifesto ci sono decine e decine di nomi: dirigenti, moderatori, presidenti, coordinatori, segreterie, comitati scientifici, comitati organizzativi, referenti dei referenti… Una processione di figuri (e figurine) che negli ultimi anni compaiono sistematicamente nella stampa locale ogni volta che il 118 fa acqua. E cosa fanno? Si autocelebrano. Si auto-premiano. Consegnano “targhe commemorative”. Posano per le foto. Mangiano (soprattutto) al buffet. Mentre sul territorio: mancano mezzi, mancano uomini, mancano medici, mancano infermieri, mancano perfino le garanzie minime. È come se l’equipaggio del Titanic avesse organizzato un convegno per celebrare “l’eccellenza della navigazione”.
Ma questo Occhiuto lo sa? Certo che lo sa! E se non provvede è solo per incapacità, nel tentativo di mantenere quel clientelismo che è stato capace di farlo rieleggere. Altrimenti col cacchio che i Calabresi lo avrebbero fatto di nuovo sedere sullo scranno regionale…
8. DAL POLLINO ALL’ASPROMONTE: LE FRATTURE DI UN SISTEMA IRRECUPERABILE (se non cambiano questi mangiapaneatradimento)
Il disastro non è localizzato. È diffuso, uniforme, trasversale. Nel Pollino: coperture a macchia di leopardo, mezzi insufficienti, distanze enormi non compensate da un servizio rapido. Ad un codice rosso non si arriva in meno di 30 minuti!
Nella Sila: interi paesi scoperti nelle ore diurne, notturne e festivi.
Sulla costa ionica: postazioni ridotte all’osso, turni impossibili, medicalizzate rare come unicorni.
Nella Piana: caos cronico, pochi uomini, tanti casi, gestione difficilissima.
Nell’Aspromonte: lo Stato moderno convive con la geografia, ma il servizio di emergenza vive come se fosse il 1975. Ovunque: ritardi. Ovunque: improvvisazione. Ovunque: cittadini lasciati soli.
9. LA VERITÀ FINALE: NON È UNA CELEBRAZIONE, È UN AUTOGOAL ISTITUZIONALIZZATO
La Calabria non ha bisogno di questo convegno. Non ha bisogno di un manifesto con cento nomi. Non ha bisogno di autocelebrazioni. Ha bisogno di: personale vero centrali operative serie, dirigenti competenti, piani veri, responsabilità chiare
Finché questi ingredienti non ci saranno, il 118 calabrese resterà un servizio che funziona solo sulla carta. E questo trentennale resterà quello che è: La festa di chi ha guidato il 118 verso il baratro, mentre le famiglie portano ancora il lutto dei loro cari. NOI DI IACCHITE’ SAREMO COMUNQUE PRESENTI ALLA CERIMONIA E DOCUMENTEREMO OGNI SINGOLA PAROLA, OGNI SINGOLO GESTO. PROMESSO! Ci putiti mina’ ccu na mazza, anzi ccu nu… Borsello!!!












