Cosenza. La triste parabola di Franco Perna, l’unico boss che non faceva il baciamano a Piromalli

di Saverio Di Giorno

Franco Perna è rientrato ai domiciliari dopo 31 anni di carcere. Motivi di salute. Che città trova? Piena di droga e piena di autoproclamati boss. Il boss che non baciava la mano a Piromalli è anche l’unico ad aver tenuto la bocca chiusa, in una città piena zeppa di falsi pentiti. E su questo silenzio ha costruito il suo rispetto perché nell’idiota logica mafiosa questo fa onore. A tirare le somme l’onore significa quasi la metà della vita senza vedere il sole, mentre fuori gli altri si dividevano le “bacinelle” degli introiti. Quasi tutti gli altri hanno preso la scorciatoia di una facile e distorta collaborazione, per insabbiare le acque e bloccare il processo Garden.

A ben pensarci l’unico altro boss di rilievo della provincia che non ha parlato e non è neanche finito morto è Franco Muto, il quale però si gode la vista sul mare di Cetraro. Evidentemente le coperture hanno funzionato meglio… 

Oppure questo racconta non poco di quello che è successo negli ultimi trent’anni. Di quale generazione di criminali si è formata in questi anni di grigiume. E quindi, di quale città trova. Perna ha fondato il regno su grettezza e inflessibilità, sul sangue. Gli altri hanno fondato il loro regno sulle coperture, pronti ad essere venduti o a vendere davanti alle cimici. Due vigliaccherie diverse figlie di tempi diversi. L’uno formatosi con estorsioni, rapine e sangue in una Cosenza in espansione, gli altri i suoi colonnelli e i futuri capi pasciuti nel benessere, nelle discoteche gestite con i colletti bianchi, tra pellicce, night e droga. Quella che lui – almeno per quanto se ne sa – non ha toccato, ma certamente ha insieme ad altri introdotto e gestito.

Ora Cosenza trabocca di tutte le droghe. Una città dove chiunque può trovarsi una piazza per spacciare anche roba di scarsa qualità. E ognuno si regola i conti a modo suo. Ma soprattutto dove oggi si fa chiamare boss chi fino a qualche anno fa nella scala gerarchica era molto in basso. Puliva le celle come dicono in gergo nell’ambiente e come ben era emerso dal racconto che ne aveva fatto Facciolla alla presentazione del libro Sodomìa alla Ubik di Cosenza un anno fa. https://www.youtube.com/watch?v=mbLl0v-blcM&t=5435s.

Facciolla partiva dal blitz De Rose per arrivare poi a raccontare della “sceneggiata” al Due Palme. La pace siglata con Pino, ma in realtà decisa già nelle carceri con avvocati e magistrati (da Nicastro a Spagnuolo) in cambio di salvacondotti più o meno espliciti. Particolari che vengono confermati anche da coloro che sono stati ascoltati nel libro. https://www.amazon.it/SODOMiA-Operaio-nella-citt%C3%A0-Potere/dp/B0C1J3BT6F?ref_=ast_author_dp&tag=offa01-20

Dalle testimonianze e dai verbali emerge come un uomo gretto. Dal carattere sanguigno. Facile alla violenza e senza vie di mezzo. La stessa rigidità che ha guidato il silenzio. Perna poteva contare sulla forza militare, mentre Pino molto più mellifluo e forse anche stratega sulle relazioni e sui capitali. Con questa grettezza trattava sia rapporti con gli uomini grigi, ad esempio l’onorevole Paolo Bruno, ma anche gli avvocati a stipendio i vari Sorrentino, Pugliese, Manna. E così anche ha gestito gli uomini sul territorio. Con freddezza e di impulso prendeva le decisioni e il controllo del territorio, così viene descritto dai ricordi. Anche da Bari dove più volte è stato in soggiorno obbligato, divenuto un secondo territorio, anche per via degli appoggi che hanno garantito impunità a tanti delitti da Cosmai fino a Losardo.

Perna è uno di coloro che hanno influito sull’isolamento di Cosenza, il locale bastardo. Preferiva l’autonomia, mentre i boss della Sibaritide dovevano attendere i permessi dai boss regini. Nelle cronache si riporta un particolare. In carcere a Palmi era l’unico che non andava a fare il baciamano a Piromalli. Ha pagato l’insofferenza delle relazioni con i colletti bianchi pur ampiamente intrattenute dai suoi colonnelli, da Garofalo agli altri. Ha pagato probabilmente anche l’assenza di relazioni con gli altri boss.

La sua epoca ad un certo punto è finita e lui è stato messo da parte, mentre gli altri hanno trovato il modo di imporsi. Non più con le pistole, ma con gli accordi, finanche i ricatti con tutti i mondi. I boss odierni non hanno alcun bisogno di girare in macchine blindate come faceva lui, non hanno nulla da temere se non qualche retata preventivata. Quando alla regola del sangue si è sostituita quella del denaro.

Forse questa Cosenza non riuscirebbe più ad interpretarla. Mai stato uomo di strategie, ma di guerre. Non era lui la mente del clan, la mente era Rotundo. Finito ammazzato nel 1981 insieme ad un innocente (Salvatore Altomare). Ammazzato in un agguato, quando era caduto nella spirale della loro stessa droga. Quella che ora affoga e ricatta chiunque.