25 novembre. Le donne muoiono, lo stato recita e i violenti sono liberi

Ogni anno lo stesso teatrino: fiocchi rossi, programmi speciali, politici che si commuovono davanti alle telecamere e Centri Antiviolenza che inaugurano l’ennesima panchina dipinta con frasi a effetto.
Poi il 26 novembre smontano il palco e si torna al solito copione: una donna chiama aiuto, nessuno interviene, e qualcuno la uccide.
Ma la cosa più assurda è questa: gli stupratori e i violenti non stanno dentro. Stanno fuori. Situazioni familiari a rischio, individui violenti… ben conosciuti non solo dalle Forze dell’Ordine, ma anche dai servizi sociali comunali e ospedalieri, dagli Operatori dei fantomatici Centri Antiviolenza. 
Le carceri sono piene di casi contestati, accuse borderline, processi infiniti, pene sospese.
I veri pericolosi stanno a casa, al bar, in ufficio, nei partiti, nelle associazioni, in Comune.
Protetti, tutelati, intoccabili.
IL REATO DEL SECOLO: NON PER FERMARE I MOSTRI, MA PER ELIMINARE GLI SCOMODI
In Italia la violenza sulle donne è diventata anche una clava politica e giudiziaria.
 Non si denuncia solo un criminale:
si usa l’accusa come arma per far fuori l’avversario, il collega, il dirigente, il politico scomodo.
Quante carriere sono finite così? Quanti processi montati per lotte interne, faide, regolamenti di conti? Quanti sono stati “stupratori” per i giornali e poi innocenti per i tribunali?
E mentre ci si scanna per potere, visibilità, vendette personali… i veri stupratori restano liberi di colpire di nuovo. Perché nessuno va a prendere loro. Non portano vantaggi politici. Non tolgono di mezzo nessuno. Non servono a vincere congressi, appalti, nomine.
LA VIOLENZA SULLE DONNE È DIVENTATA UN MERCATO
E qui c’è la parte più sporca:
a molti conviene che il problema non si risolva.
Conviene a:
💥 chi gestisce bandi e progetti
💥 chi riceve fondi a pioggia
💥 chi fa consulenze, seminari, convegni
💥 chi ci costruisce carriere accademiche
💥 chi ci campa politicamente
💥 chi fa avvocatura difensiva e accusatoria
💥 chi naviga nel mondo giudiziario
Se i femminicidi diminuissero, sparirebbe un intero ecosistema di soldi, visibilità, incarichi e narrazione pubblica.
Meglio denunciarli a parole che prevenirli davvero.
GLI ATTORI DEL TEATRO: TUTTI INDIGNATI, MA VATTI A CERCARE QUELLI PERICOLOSI
♦️ I politici scrivono leggi che non applicano
♦️ I centri fanno progetti ma non presidiano i territori
♦️ I servizi sociali intervengono quando ormai c’è la bara
♦️ Le questure “valutano”
♦️ I giudici “rimandano”
♦️ Gli avvocati speculano
♦️ La stampa spettacolarizza
E le donne? Sono statistiche.
Da esibire il 25 novembre, ignorare fino al prossimo omicidio.
QUINDI IL PROBLEMA VERO NON È LA LEGGE… È LA VOLONTÀ DI USARLA CONTRO CHI UCCIDE, NON CONTRO CHI DÀ FASTIDIO.
Quando un uomo è davvero pericoloso:
> nessuno lo allontana
> nessuno lo controlla
> nessuno interviene
Quando invece diventa un ostacolo politico, sociale, mediatico…
magicamente spunta una denuncia, un dossier, un’accusa pubblica prima ancora che un’indagine.
Una causa nobile trasformata in arma.
E quando il diritto diventa arma, la giustizia diventa farsa.
FINCHÉ LO STATO PUNIRÀ GLI SCOMODI E LASCERÀ LIBERI I PERICOLOSI, LE DONNE CONTINUERANNO A MORIRE.
Non per mancanza di slogan.
Non per mancanza di articoli di legge.
Ma perché conviene più usare la violenza come simbolo che combatterla nella realtà.