Omicidio Bergamini. “Ballando con gli assassini”. Signora Lucarelli, il supertestimone aveva paura perché li ha visti in faccia

Visto e considerato che c’è ancora qualcuno che agita fantasmi “suicidi” per difendere Isabella Internò, ci vediamo quasi obbligati a ripercorrere alcune tappe dell’omicidio volontario, premeditato e aggravato di Denis Bergamini. 

Francesco Forte era un autotrasportatore della Sibaritide che la sera del 18 novembre 1989 transitava sulla Statale 106 nella stessa direzione di marcia dell’autocarro di Raffaele Pisano, immediatamente dietro ad esso. Nel 2013, durante una conversazione col suo avvocato e parente Daniela Biondi a proposito di una causa civile in atto presso il Tribunale di Cosenza, nel sentire in TV un servizio sulla riapertura delle indagini riguardo la morte di Donato Bergamini, esprime il desiderio di contattare la famiglia per riferirgli ciò che ha visto quella sera.

I promotori del podcast lo ritengono un mitomane ed esordiscono dando un’informazione sbagliata dicendo che la cugina di Forte contatta immediatamente Donata Bergamini via telefono anche se questa è la meno grave tra tutte quelle presenti nel’”opera”. È ovviamente falso, non c’è alcuna conoscenza diretta tra la famiglia Forte e la famiglia Bergamini; l’avvocato Biondi – la cugina di Forte – contatta un suo conoscente di Cosenza, tifoso della squadra di calcio, che a sua volta contatta un’altra sua amica che ha un rapporto diretto con Donata Bergamini. Messa al corrente dell’urgenza della cosa, quest’ultima acconsente che il suo numero di telefono sia dato all’avvocato Biondi.

Entrando nello specifico sappiamo che Francesco Forte contatta telefonicamente Donata Bergamini (che registra la telefonata, e facendo anche bene non solo per il prosieguo della storia, ma per tutto ciò che hanno dovuto subire negli anni in termini di reticenze) e le racconta che lui viaggiava seguendo l’autocarro di Pisano che immediatamente inchioda (non una frenata di 60 metri) sulla Statale 106 e non riparte. Scende ed arrivato davanti al camion di Pisano, s’imbatte nel cadavere di Donato Bergamini; apre lo sportello per chieder cosa sia accaduto e Pisano, scioccato, si discolpa riferendogli “non c’era, non l’ho visto, non l’ho visto, non l’ho colpito, era già per terra, era già per terra”.
Dirà inoltre, nel corso della lunga telefonata, che dall’altro lato della strada (direzione Cosenza) c’era una ragazza che urlava disperata, sorretta da due uomini accanto ad una macchina nera, che fu caricata in macchina e ripartirono verso Cosenza.

Secondo la Lucarelli e Cribari, Forte è un mitomane in quanto, convocato per gennaio 2014 dal Procuratore Giacomantonio, non si presenta davanti agli inquirenti e viene condotto coattivamente. In questa sede, confermerà alcune cose dette a Donata Bergamini (che l’autista era ancora nel camion e che questo non presentava ammaccature o altri segni di urto, di aver visto la ragazza e due uomini sull’altro lato della strada) ma sarà reticente rispetto ad altre (ad esempio, che Pisano non dirà che “era già a terra” e che non ricorda di aver visto l’auto nera ripartire). Per tali motivi, Giacomantonio lo riterrà inattendibile durante l’inchiesta che sarà archiviata nel 2015.

Il pavido Giacomantonio

Sull’affidabilità e sulla serietà di Giacomantonio se ne potrebbero scrivere di ogni tipo, e sull’inattendibilità di Forte (il pezzo forte di questa puntata) vorremmo spiegare alla signora Lucarelli (visto che non l’ha fatto Cribari) alcune circostanze.

Primo, se avesse avuto il buongusto e la serietà di ascoltare tutta la telefonata, si sarebbe accorta che verso la fine il Forte dice che “vorrei restare nell’anonimato, per tutelare la mia famiglia, qui siamo in Calabria ed è un posto in cui si fa fatica a vivere”. Se Lei fosse una giornalista seria (o se si fosse accompagnata ad un giornalista onesto) avrebbe potuto conoscere centinaia di storie di gente del luogo che, per paura, o non ha mai parlato rispetto ad eventi a cui ha assistito oppure, sempre per la stessa paura, ha ritrattato ciò che aveva dichiarato. È una cosa che capita spesso, e potrebbe capitare a chiunque, non è una giustificazione ma una brutta realtà. E non crede che abbia potuto avere paura un lavoratore che si trova sul teatro di un chiaro omicidio (nell’immediatezza confessatogli anche da Pisano, ma che ha capito anche da solo) ma che viene fatto passare per suicidio e certificato da carabinieri (insabbbiatori) e magistratura (insabbiatrice)? E l’ha capito che Forte i due assassini li ha visti in faccia e li riconosce?

Ma nel 2017, nel corso delle nuove ed ultime indagini serie dirette dal nuovo Procuratore Facciolla, Francesco Forte fu nuovamente sentito e, in questa sede, messo davanti all’evidenza confermerà tutto ciò che disse nella telefonata, anche le virgole, tanto da farlo ritenere da Facciolla altamente attendibile. E questo non perché Facciolla sia uno sprovveduto o perché Giacomantonio era un investigatore migliore, ma per una serie di altri riscontri incrociati. Innanzitutto la conferma della paura di Forte di essere coinvolto, che emerge nell’intercettazione ambientale effettuata nella sala d’aspetto della Procura di Castrovillari prima di essere ascoltato nel 2017. Qui, dove erano presenti Mario Panunzio e moglie e dove si rendono conto di essere transitati sul luogo a pochi minuti di distanza (prima Forte e poi Panunzio), Forte, oltre a confermare ai coniugi Panunzio che Pisano gli disse immediatamente “io sono arrivato ho aperto lo sportello …ha detto ‘non l’ho visto’!! lui è arrivato non ha fatto in tempo a frenare!”, si lascia andare alle sue paure esclamando “ma metti caso che quello che penso io…..che lo vengono a sapere quelli che sono coinvolti …eh!! so che fine devi fare!!…”. 

Vi è di più, è la stessa ex moglie di Forte, sentita a sommarie informazioni, a confermare che se all’epoca il marito ha taciuto quanto visto e sentito lo ha certamente fatto per un istinto protettivo verso la sua famiglia e sopratutto verso i figli piccoli (e ribadiamo che non lo si giustifica in alcun modo ma che è solo uno dei tanti che in Calabria si è trovato in situazioni simili).

Inoltre, cara signora Lucarelli, Lei che ha letto le carte avrebbe dovuto anche ascoltare una conversazione telefonica tra i due ex coniugi intercettata dagli inquirenti. Infatti, stanti i buoni rapporti che intercorrevano comunque tra i due, nel confrontarsi sulle rispettive deposizioni di pochi giorni prima, il Forte, oltre ad imprecare contro la cugina avvocato Biondi che lo avrebbe messo in una brutta situazione (anche egli stesso conferma di essere stato lui a voler contattare Donata Bergamini e non di essere stato forzato da alcuno) dice “senti io voglio la scorta, mattina giorno sera e tutti i giorni…”. 

Vi è ancora di più. La Signora Cosentino riferisce agli inquirenti che l’ex marito è sempre stato appassionato di camion, pullman ed autoveicoli in genere e che, anche ad una certa distanza, è sempre stato capace di riconoscere marca e modello di un veicolo. In udienza confermerà inoltre che, a distanza di qualche giorno dalla sua escussione, il marito le confesserà che la macchina che ha visto la sera del 18 novembre 1989 su cui andavano via i due uomini e la ragazza, era una Mercedes nera. Anche se, secondo la signora Lucarelli, la macchina nera è un sogno, una fantasia, una suggestione avuta da Forte che nel corso della telefonata con Donata Bergamini le chiedeva se qualcuno aveva una macchina nera (riferendosi ad una foto di Denis trova sul web ed in cui è ritratto accanto alla macchina che aveva prima di comprare la Maserati).

Cara signora Lucarelli, Francesco Forte non era un mitomane e lo ha dimostrato quando ha deposto in aula; incalzato dalla presidente della Corte, Paola Lucente, l’uomo ammette di avere avuto paura (situazione confermata dalle intercettazioni ambientali in procura con Panunzio e da quella telefonica con la moglie), di aver atteso anni prima di farsi avanti per il timore di ripercussioni e conseguenze; ma Lei non c’era, forse c’era Cribari se non è uscito prima. Non era un mitomane perché le dichiarazioni di Forte (accompagnate dalla logica) vengono confrontate con quelle di altre persone che transitano sul posto. Quindi anche di Mario Panunzio, colui che è costretto a fermarsi dalla Internò e che quasi gli si butta sul cofano della macchina, mentre rientrava a Taranto a bordo di una Fiat Ritmo bianca in compagnia dei familiari.

Nella ricostruzione della Procura della Repubblica, che avrà sicuramente letto (…) ed a cui Lei non sembra dare molto credito ma che non è stata in alcun modo confutata dai legali della sua protetta, la Internò viene caricata nella macchina nera vista da Forte e spostata di qualche centinaio di metri in corrispondenza della piazzola per mettere in atto la seconda parte della sceneggiata.

Panunzio dice che fu fermato all’altezza del centro della piazzola e gli fu chiesto aiuto da questa ragazza che urlava “aiuto il mio ragazzo si è suicidato”. In quel momento, nei suoi ricordi, non c’era nessun veicolo, sicuramente nessun camion, tra la sua macchina e autocarro di Pisano. Nulla di più facile, signora Lucarelli, in una strada così poco trafficata di sabato sera se non si forma la cosiddetta “coda” non ci vuole nulla a sorpassare sulla sinistra un camion fermo (come fece Forte quando ripartì).
Panunzio non può utilizzare la sua Ritmo per accompagnare la Internò “a chiedere aiuto” perché a bordo con lui vi erano moglie incinta e suoceri, per cui deve prendere la Maserati che era lì vicino a lui. Quindi era nei pressi del centro della piazzola; sulla posizione della macchina e sulla difficoltà avuta nel guidarla, ne riparleremo a breve quando tratteremo le menzogne della sua assistita.

Nel suo podcast si dà molto spazio a ciò che dichiara Panunzio a proposito dello stato d’animo della Internò, che gli appariva disperata. Un vero scoop, signora Lucarelli… a parte che Panunzio l’ha confermato in udienza, dove non sembra che Lei ci sia stata, cosa poteva pensare Panunzio in quel momento? Cosa poteva pensare (e cosa può pensare) uno che in quel momento capita in quel luogo e, ignaro di tutto, si trova ad avere a che fare per un tempo limitato con una ragazza che gli appare disperata e gli ripete che il ragazzo si è suicidato e vuole essere portata a Cosenza?
Se questo è un elemento a discolpa della sua protetta, auguri.
Ma poi arriva il non plus ultra di questa puntata, la “coerenza” delle dichiarazioni di Raffaele Pisano e da qui a breve ne parleremo.