“Catanzaro, l’acqua manca da… 50 anni: il problema è la servitù volontaria”

”CATANZARO. MANCA L’ACQUA DA CINQUANT’ANNI. SUBIRE IL POTERE E’ RICHIESTO E VOLUTO”.

DI GIANCARLO SPADANUDA

I catanzaresi dimostrano di avere pazienza infinita, o di essere schiavi del Potere e di sentirsi per giunta contenti? Non si spiega come mai a fronte dei ripetuti disagi dovuti alla mancanza di acqua (oggi siamo al terzo giorno consecutivo), nessuno osa ribellarsi o protestare. La brutta questione dura da oltre cinquant’anni. Ricordo mia madre: si alzava in piena notte, allorquando tornava l’acqua mancante tutto il giorno, per usufruirne.

Per risolvere il problema, si sono susseguiti, negli anni, incontri “istituzionali” con amministratori, prefetti, questori, forze dell’ordine, generali di corpo d’armata e quant’altro: nulla è stato risolto. E’ una situazione assolutamente insostenibile, non più procrastinabile. Ci siamo talmente abituati che non vediamo più le catene (si pensi alla allegoria della caverna di Platone).

Estrapoliamo le note che seguono sulla Calabria, e riferiamole pari pari, in parte, al popolo catanzarese. E’ così, perché secondo il filosofo Etienne de La Boétie, l’abitudine è uno dei mezzi attraverso i quali il Potere ottiene il consenso necessario ad ogni regime, anche tirannico; l’abitudine a servire ha l’effetto di sentirsi soggiogato.

Nel suo “Discorso sulla servitù volontaria”  Etienne afferma che la tirannia (spesso evocata dai catanzaresi) non è imposta ma consensualmente accettata dal popolo il quale si trova quindi in una situazione di servitù volontaria ”ossia accetta volontariamente di sottomettersi al tiranno” (cit. da Cerroni).

C’è quindi un rovesciamento di 180 gradi nel rapporto tra il Potere e le vittime; se le vittime fanno usualmente ricadere sul Potere i loro affanni, in Etienne c’è una inversione: subire il Potere è richiesto e voluto; essere libero a volte è più faticoso che essere schiavi; da schiavi c’è complicità col Potere e si possono raccogliere le briciole fatte cadere artatamente… Per de La Boètie, dunque, non c’è né stupidità, nè irrazionalità, ma il desiderio da parte del popolo di servire.

Secondo uno degli ultimi Report ISTAT del 2019, la Calabria ha il più alto numero di omicidi: 2,68 per 100 mila maschi, che è 3,8 volte più alto rispetto alla media nazionale (0,70); significa poco meno di 50 omicidi all’anno. In Calabria sono 105 i Comuni sciolti per mafia: è la densità più alta d’Europa, e così via.

Non si riesce ancora a comprendere come mai la Calabria ha questi ed altri tristi primati: è una caratteristica fisiologica lombrosiana? Certamente NO. Hanno avuto influenza le numerose dominazioni straniere: arabi, francesi, spagnoli, ecc…? Certamente NO. Il brigantaggio? NO.

Un serio dibattito sulle reali motivazioni non è mai stato aperto: solo fiumi di parole e convegni inutili (dove io premio te, solo se tu premi me). Aveva ed ha ragione Augias quando afferma: ”la Calabria è una terra perduta: io ho il sentimento che la Calabria sia irrecuperabile”? E perché? Etienne afferma, a tal proposito, “basterebbe desiderare essere liberi per diventarlo”.

Ci vuole coraggio. Che non è certo quello che si è visto in TV: il politico calabrese che letteralmente si china a baciare la mano ad altro politico non calabrese; amici di New York che videro la scena mi chiesero lumi: dissi falsamente che era la scena di un film: mi vergognai, per un attimo, come un ladro, di stare in Calabria.

A tal punto: che fare? Un passo avanti e due indietro come proclamava il rivoluzionario russo? Siamo tutti perdenti? O forse no?  A mò di consolazione, oggi mi farò un giro sul trenino di Natale, messo gentilmente a disposizione dal Comune di Catanzaro. “Una schiavitù volontaria è l’orgoglio più profondo di uno spirito malato”.