La villa di Salvini e il notaio del Ponte. Il Pd: “Un enorme conflitto di interessi”

(Nello Trocchia – editorialedomani.it) – L’acquisto di una villa da 674 metri quadrati a un prezzo stracciato, il notaio leghista che firma il rogito e che è lo stesso che ha vergato l’atto di riaccensione della società Stretto di Messina Spa. Su questi due punti l’opposizione, dopo le inchieste di Domani, passa al contrattacco e ha depositato un’interrogazione indirizzata proprio a Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture, e ad Adolfo Urso, titolare del dicastero del Made in Italy.

Il testo inizia elencando il disagio abitativo che riguarda una larga fetta della popolazione italiana e il piano casa più volte annunciato dal governo e mai realizzato. «Il combinato disposto dei bassi redditi, della carenza di case in affitto e gli elevati costi di acquisto fanno sì che l’emergenza casa in Italia riguardi oltre 4 milioni di persone», scrivono i deputati dem, Andrea Casu e Anthony Barbagallo, per poi entrare nel merito dell’affaire di villa Salvini: «Si chiede di sapere se non appare del tutto incoerente l’azione del ministro e del governo rispetto al tema casa e se non si evidenzi un enorme conflitto di interessi».

Puntando sul groviglio di rapporti pubblici e privati tra Salvini e il notaio Becchetti, leghista, nominato in una società pubblica dal ministero del Made in Italy e, appunto, che ha firmato il verbale di assemblea che ha riacceso la società che si occupa di realizzare il Ponte sullo Stretto.

Il villone

Sull’acquisto il ministro Salvini è intervenuto con la sua solita ironia: «Mi stanno stressando perché ho avuto l’ardore e l’ardire di trovare casa su Immobiliare.it. Quindi ho avuto questo favore: sono andato come qualche altro milione di italiani su immobiliare.it. Peraltro da fesso, pagando esattamente la cifra richiesta», ha detto Salvini ai cronisti commentando le rivelazioni di questo giornale.

L’operazione immobiliare è diventata un caso. Il ministro, insomma, si lamenta per aver pagato precisamente il prezzo richiesto dai venditori. Eppure anche tra i sostenitori del Capitano l’acquisto di un villa (classificata A7) da 674 metri quadrati, in tutto 28 vani al costo di 2mila euro a metro quadrato, ha suscitato sentimenti ambivalenti: qualche mugugno, molti sorrisi, un certo scalpore. Soprattutto perché lontana anni luce dall’immagine che il leader leghista ha costruito negli anni: il politico tra la gente, diviso tra sagre e feste paesane, che rivendicava di vivere in un bilocale a Milano, che militava nel partito diventato del “Roma ladrona”.

Ora più che ladra, è la città in cui Salvini si trova a suo agio. In quel sistema di potere che abita proprio negli atti di compravendita della magione acquistata con la compagna Francesca Verdini.

Le venditrici, infatti, sono le sorelle Acampora, figlie di Giovanni Acampora, scomparso lo scorso anno. Avvocato e affarista condannato, insieme a Cesare Previti, ex ministro e fondatore di Forza Italia, per corruzione nei processi Imi-Sir e Lodo Mondadori. La villa che fu del sodale di Previti ci riporta a una girandola di società che arrivano fino al paradiso fiscale del Lussemburgo.

Da questo intreccio da Prima Repubblica, quando Salvini era un giovanissimo militante padano, l’immobile ora vive una seconda vita con nuovi proprietari sempre di alto profilo, come sono Salvini e Verdini.

Nonostante le lamentele del ministro, nella zona di Roma nord dove c’è la sua villa alla Camiluccia, in un comprensorio esclusivo e ambito, le case costano in media 3.800 euro al metro quadro, il leghista ne ha spesi appena 2mila.

Il rogito infatti indica quale prezzo finale dell’acquisto 1,35 milioni di euro per, appunto, 674 metri quadri. Lo studio legale Previti, fondato proprio dall’ex berlusconiano e ora gestito dal figlio e da un team di professionisti, ha avuto una procura finalizzata a rappresentare le sorelle Acampora di fronte al notaio, Alfredo Maria Becchetti.

Becchetti è stato coordinatore cittadino a Roma e candidato, non eletto, alla camera dei Deputati per la Lega. Ora guida Infratel, società di Invitalia, quest’ultima interamente posseduta dal ministero dell’Economia e delle Finanze. E, nel 2023, ha firmato l’atto con il quale è stata riaccesa la società Stretto di Messina spa, con a capo Pietro Ciucci.

L’interrogazione

Da qui l’interrogazione del Partito democratico firmata dai deputati Casu e Barbagallo. Scrivono di «un enorme conflitto di interesse» e, a questo proposito, chiedono di sapere il ruolo e i rapporti con il «notaio, già candidato alle elezioni politiche nelle liste del partito di cui il ministro è segretario nazionale, che ha riesumato la società del Ponte sullo Stretto, che attualmente è alla guida di una società pubblica e che cura affari privati dello stesso ministro».

In attesa della risposta, le opposizioni hanno criticato Salvini anche per l’annunciata riforma dell’edilizia. «Porta il condono in Consiglio dei ministri», ha attaccato Angelo Bonelli, leader di Alleanza Verdi-Sinistra. Il riferimento è alle norme che dovrebbero introdurre una nuova sanatoria per gli abusi storici e prevedere procedure semplificate. In fondo, è noto, la destra ha sempre avuto una certa passione per la materia. Oltreché per gli affari immobiliari.