Cosenza sportiva in lutto per la scomparsa di Mario Tormento

Oggi Cosenza sportiva piange la prematura scomparsa di Mario Tormento, uno dei tanti “ragazzi” dei quartieri di via Panebianco e Torre Alta che per molti anni è stato calciatore di rilievo in Calabria indossando le maglie del Rende (tra C2 e C1), dell’Adelaide Nicastro, dell’Acri e del Castrovillari tra Serie D e Promozione. Era un difensore molto valido: veloce e grintoso ma anche capace di impostare l’azione e di concludere a rete di testa. Aveva da poco compiuto 61 anni e sono in tanti a ricordare in queste ore la sua carriera ma anche le sue grandi qualità umane. E per raccontare la storia di Mario Tormento dobbiamo partire da quella del suo quartiere, via Panebianco e Torre Alta.

Cosenza un tempo finiva alla “salita di Pagliaro”, a qualche centinaio di metri da quella che sarebbe diventata Piazza Fera. Il resto era aperta campagna. Dove non c’era l’erba, c’erano strade. O al massimo qualche baracca di nomadi.
La strada statale 18 è quella che porta al mar Tirreno ma se la percorri tutta alla fine ti porta a Napoli e iniziava già dal territorio di Cosenza. Non appena i governanti capirono che la città poteva continuare anche oltre la “salita di Pagliaro”, nacque, un paio di chilometri più avanti, la traversa “Panebianco”.
Non provate a chiedere ai residenti di quella che ben presto si sarebbe chiamata via Panebianco perché si chiama così.
Vi risponderanno: “Si è sempre chiamata così…”. Forse Panebianco era uno storico, magari si chiamava Emilio o forse Panebianco prendeva il nome dal prodotto del lavoro faticoso del mulino dei fratelli Bruno che sorgeva proprio lì. Chissà…

Negli anni Cinquanta, il quartiere è già vivo e vegeto e c’è anche qualcuno che gioca a pallone, nel campetto ricavato dallo spiazzale del deposito di legname della Feltrinelli, impresa che impiegava tanti padri di famiglia. Pietro Costabile era il titolare di un’impresa di manufatti in cemento che aveva sede in via Panebianco 73 e anche lui dava lavoro a molti residenti nel quartiere.
Suo figlio Ettore fondò la “Società sportiva Pietro Costabile”, il primo tentativo di squadra di quartiere a via Panebianco.
Qualche anno dopo nasce l’Unione sportiva Spartak Panebianco, che era animata da una sezione cittadina del Partito Comunista nella quale militavano, tra gli altri, Alfredo Montera, il titolare del panificio, Gaetano Belmonte e Filippo Domma.

Arriviamo così agli anni Sessanta, quando viene fondata, nel cuore del quartiere di via Panebianco, la Società sportiva Torre Alta, che inizierà a dare le prime grandi soddisfazioni in termini agonistici ai ragazzi di Panebianco. Parliamo della famiglia Flavio, di Gigino Cristo, che diventerà un calciatore di spicco nella Morrone, di Nino Candido, Pino Vivone, Santino Pellico e Cosimo De Tommaso, oggi sindaco di San Lucido, giusto per citare i più “famosi”. Verso la fine degli anni Sessanta sarà Franco Dodaro a ridare slancio alla società, che sfornerà grandi talenti tra i quali Vincenzo Liguori, Tonino Cristiano, Mimmo Sirianni, Mimmo Cacozza, Franco Carbone, Franco Giordano e Franco Fontana. Successivamente si riveleranno con la Torre Alta anche Salvatore Bennardo e Franco Mirabelli. Non sono mancati i derby nei campionati Allievi e Giovanissimi.

Panebianco, bar Belvedere. Nel 1972 nel quartiere c’è voglia di calcio. Un gruppo di amici coltiva questa passione organizzando partite e trascinandosi dietro nugoli di ragazzini.
Il più attivo è Santino Palermo, il più bravo a mettere d’accordo tutti e ad aggregare decine e decine di persone solo per una partita di calcio. Tonino Biafora, molto conosciuto nel quartiere per essere titolare del negozio di abbigliamento “Boom” (che sarà inevitabilmente lo sponsor della squadra), il maresciallo Ernesto Mungo, il signor Figliuzzi, i fratelli Gualtieri e De Rose, Peppe Catalano, Ettore Pennino e Fulvio Facciolla sono gli amici di sempre di Santino Palermo ed è anche grazie a loro che nasce l’idea di fondare la “Società sportiva Panebianco”, erede diretta di “Pietro Costabile” e Spartak. La sede è un magazzino vicino all’ex polveriera.

Inizia da qui un percorso lunghissimo di oltre vent’anni attraverso i quali quella società nata senza pretese riuscirà a formare decine di calciatori di belle speranze con un fiore all’occhiello, quel Mauro Meluso che ha avuto l’onore di indossare la maglia della Lazio ritagliandosi un piccolo spazio di gloria in un’epoca in cui stava avviandosi l’invasione degli stranieri. Un centravanti di grande tecnica che ha avuto una carriera dignitosa ma che non è riuscito a confermare tutte le aspettative che si nutrivano in lui. Dopo aver fatto il calciatore, Meluso è diventato un ottimo direttore sportivo e ha lavorato a Pisa….
Insieme al presidente Palermo, saranno due grandi appassionati a trasmettergli il “sacro fuoco” del pallone: Attilio Granata e Vincenzo Ziviello. Il primo è l’allenatore, il secondo il preparatore atletico e il segretario, insomma il factotum.

Granata faceva il fabbro alla Riforma ma è cresciuto in una famiglia di calciatori. I più fortunati sono stati Vincenzo e Francesco, meglio conosciuto come “Ciccio Pirrito”, che aveva militato a lungo nella Cariocas e poi era passato alla Morrone diventandone una bandiera. Anche Attilio giocava, ma non ai livelli di Ciccio. E l’avrebbe fatto anche nella sua Panebianco, disputando una serie di campionati in Seconda e Terza Categoria.
Il suo carisma è sempre stato fuori discussione. Come ogni bravo allenatore, usa bastone e carota e riesce a leggere le partite con competenza e abilità. Ma la sua dote migliore è quella di spronare i ragazzi come nessuno. Leggendarie le sue urla di incitamento, qualche volta anche contro gli arbitri, a dire il vero. Ma leggendari anche i suoi slanci di generosità e solidarietà.

Nel 1976 la Panebianco vince il titolo di Campione provinciale Allievi succedendo alla Friends di Walterino Perrotta, all’ultima Cariocas di Pietro Florio, alla Popiliana di Vincenzo Perri e alla Boca River di Sergio Chiatto e Bebè De Maddis. Nel gruppo di ragazzi laureatisi Campioni, il più promettente è l’ala Luigi Matteagi, che sarà ceduto al Napoli per 5 milioni di vecchie lire (subito investite nell’acquisto di un furgone…). Altri elementi di spicco il portiere Mario Palmieri, i terzini Franco Scrivano e Mario Ricci, lo stopper Giuseppe Iuele, le mezzale Massimo Fortino e Franco Iadanza, l’ala Eugenio Rega e il centravanti Natalino De Marco.

Ma alle spalle di questo primo gruppo vincente scalpita già un’altra nidiata. Dal 1976-77 al 1978-79 la Panebianco vince tre campionati Provinciali Esordienti consecutivi. Il grande protagonista del primo successo dei “ragazzini” è un centravanti che manifesta subito qualità superiori a tutti quelli della sua età. E’ Mauro Meluso, classe 1965 (è nato proprio il primo gennaio).

Mauro Meluso precede di circa un decennio l’exploit dei vari Perrotta, Gattuso, Fiore e Morrone e segue la tradizione di Rizzo e Garritano. Ha giocato e segnato in Serie A con le maglie della Lazio e della Cremonese prima di scendere di categoria tra Serie B e C. Tutti hanno in comune la provenienza dalle squadre di quartiere, splendida stagione del calcio cosentino prima dell’avvento delle scuole calcio.
Quella di Mauro è la Panebianco. Il primo amore non si scorda mai.
Con la Panebianco ha vinto due titoli provinciali Esordienti e il Memorial Mungo.

Nell’autunno del 1978 Mauro Meluso approda al Rende. Da Attilio Granata ad Antonio Vita, che ha smesso di giocare da poco dopo una lunghissima carriera con il Cosenza. Gioca i campionati “Berretti” e “Allievi” e ogni giovedì la partitella con la prima squadra che dominerà il campionato di serie C2, nonostante sia una neopromossa. E’ il Rende di Nasuelli e Facchinello, di Ipsaro e Marletta, di Fiore, Pasquino e Morosini, di De Brasi e Chiappetta.

Il settore giovanile è stato costruito intelligentemente, attingendo a piene mani al serbatoio delle squadre di quartiere. Dalla Panebianco, oltre a Meluso, arrivano tanti altri talenti.
Il mediano Massimo Massarini, gran cursore di temperamento, che esordirà dopo pochi anni con la maglia biancorossa in serie C2.
E tra questi c’è anche l difensore Mario Tormento, un mastino che sapeva toccare bene il pallone, titolare inamovibile per diverse stagioni. Utilizzato indifferentemente da terzino (destro e sinistro), stopper e libero e qualche volta anche da mediano o da centrocampista. 
E ancora il regista avanzato Francesco Imbrogno – purtroppo anche lui prematuramente scomparso -, dalla grande tecnica individuale, il “gemello” di Meluso ovvero Marcello Rizzuti, da Serrapedace, una freccia quando partiva in progressione. E ancora: Pino Vecchio – anche lui recentemente scomparso -, Francesco Belmonte, Fabio Leonetti, Marco De Simone, Giorgio Crispino, Michele De Luca, Maurizio Gardi.
Ma non solo. Dalla Cariocas erano arrivati Paolo Paura, Franco Fazio, Sagario e Leo e dalla Popiliana il portiere Perrotta…

Mario Tormento resterà al Rende fino alla metà degli anni Ottanta e dopo la trafila del settore giovanile giocherà stabilmente in prima squadra per diversi anni con l’esordio sia in Serie C2 che in Serie C1. Anni indimenticabili nel corso dei quali il Rende è stato un “modello” per tanti club che puntavano sul settore giovanile e sulla valorizzazione dei talenti locali.

Ecco come ce lo descriveva Vincenzo Ziviello, che insieme ad Attilio Granata lo aveva formato come calciatore“E’ stato uno dei migliori calciatori che abbiamo tesserato. Quando è arrivato da noi faceva il centravanti, ma poi com’è accaduto a più di uno, si è realizzato giocando in difesa. Bravissimo: un mastino che sapeva anche toccare il pallone. Poteva giocare indifferentemente in ogni zona del campo e rendeva al massimo. Dopo il Rende ha continuato a giocare ad alti livelli all’Adelaide Nicastro, ad Acri e a Castrovillari, ma avrebbe potuto fare molto di più”. 

IL CASTROVILLARI DI CALIGIURI, DELMORGINE E DEI RAGAZZI COSENTINI

Un’altra parte importante della carriera di Mario Tormento si è consumata al Castrovillari di Agostino Caligiuri, dove mister Teobaldo Delmorgine e tanti ragazzi cosentini hanno lasciato un segno indelebile per come ricaviamo dal racconto dello storico tifoso rossonero Gaetano Pugliese.

“… Era il 1989 quando il glorioso sodalizio rossonero veniva rilevato da un gruppo di imprenditori. Agostino Caligiuri ne diviene il Presidente. Al suo fianco come vice arrivano Angelo Giannoni Carlo Astorino. Da allora quello di Caligiuri sarà un binomio indelebile con i colori rossoneri e con tutta la città. “Don Agostino” diverrà il simbolo del calcio cittadino attraverso una politica manageriale e uno spirito sportivo che lo ha sempre contraddistinto. Non era molto amato dai cronisti, ma solo perché era di poche parole e non facilitava il compito dei giornalisti locali. Non amava troppo i riflettori ma dosava i suoi interventi sulla stampa con precisione e metodo. Sempre con toni tranquilli e con la consapevolezza che quel progetto continuava a dare i suoi frutti.

Prima la memorabile cavalcata che porta i Rossoneri di mister Teobaldo Delmorgine e dei vari Maurizio Guido, Sandro Cipparrone, Mimmo Cairo, Andrea Mallamace, Mario Tormento, Fabio De Simoni, Luigi Novello, Angelo Andreoli, Francesco Gioberti, Emilio Follone, Pino Suriano, i giovani Francesco Quintieri, Biagio Aino, Mimmo Cardillo, Fabio De Sanzo, Maurizio Greco ed i giovanissimi Francesco Mazza e Gianfranco Giannuzzi alla vittoria del Campionato di Promozione e dello spareggio, ancora con la Palmese, e l’approdo nell’allora campionato CND.

La disputa, sempre in quell’anno, della finale di Coppa Italia, persa malamente e con tanto di retroscena… Due piazzamenti d’onore nel massimo campionato dilettantistico con Franco Pavone e Piero Baroncini alla guida. Ma anche eccellenti stagioni con Paolo Braca ed Audino Arabia. Nessuna potrà dimenticare le trionfali vittorie di Caligiuri. Ma la conquista della C2, corona il sogno che i tifosi hanno cullato per settantatre anni, consegnando il “Presidentissimo” alla leggenda…”.